Ho assistito allo spettacolo “Mater Camorra e i suoi figli” al Teatro Instabile di Napoli messo in scena dall’Accademia Vesuviana di Gianni Sallustro ben quattro giorni fa. Ho avuto bisogno di più di quattro giorni per scrivere una recensione sulla suddetta rappresentazione.
Il fatto è che spiegarvi quanto si avverta l’intensità del lavoro di tutti gli attori sulla pièce brechtiana “Madre Courage e i suoi figli”, di cui lo spettacolo è la trasposizione in napoletano, non basta.
Ciò che l’Accademia Vesuviana porta in scena, infatti, non è semplicemente un prodotto teatrale di altissima qualità, bensì la dimostrazione concreta di cosa significhi coraggio e reponsabilità.
Lo spettacolo inizia e ogni singolo spettatore si ritrova in una “selva oscura” accerchiato da camaleonti che si mimetizzano grazie a una pelle composta da denaro sporco, pitbull dal pelo di banconote false e cavalli, lupi, scimmie e altri animali impellicciati e impiumati con soldi riciclati.
Ci si ritrova catapultati in una giungla, faccia a faccia con animali allo stato brado a cui cerchiamo di sfuggire, perché in ognuno di essi, in fondo, ritroviamo un po’ di noi. E forse, per la prima volta, capiamo perché Vittorio Arrigoni terminava ogni suo articolo scrivendo “Restiamo Umani”.
“Mater Camorra” indaga sul significato profondo d’umanità e ogni singolo personaggio riesce con il suo essere e il suo fare ad entrare in quelle zone dell’anima che molto spesso cerchiamo di evitare.
Inizia tutto con Anna ‘a Squarciona, una donna che preferisce condurre un’esistenza al limite tra legalità e illegalità. Una mamma che educa i suoi tre figli Rafaele, Tonino e Catarina alla sopravvivenza e non alla vita.
Un personaggio per cui è impossibile provare simpatia, ma che, allo stesso tempo, entra nelle nostre zone d’ombra. Non riusciamo a ripararci dalle verità che ci racconta. Anna ha il Coraggio di raccontarci la sua storia e noi non possiamo far altro che ascoltarla a cuore aperto.
Nessuna definizione palese, nessuna spiegazione nemmeno per il carro che è sulla scena: un carro simbolo di radici rinnegate e futuro distrutto.
La storia prende forma ed oltre alla selva ecco che si resta imprigionati nelle vite e nelle decisioni di ogni singolo personaggio: ognuno con uno suo verso e un suo dialetto con cui denudarsi al pubblico che a sua volta viene denudato. Coro greco e grida napoletane: una miriade di lingue che s’ingarbugliano, fondono e confondono.
Eppure non è questa la voce che il pubblico veramente vuole sentire. Tutti si aspettano da un momento all’altro un urlo da parte della piccola Catarina (Veronica Montanino), l’unica figlia femmina di Madre Coraggio. L’unico personaggio buono della storia. L’unica muta: una “Palloma” innocente che è stata zittita alla nascita e, in seguito, dalla vita. Catarina, però, sa come farsi sentire e il suo dolore e la sua situazione innescano nello spettatore emozioni che, per l’appunto, non sono tramutabili in parole.
L’emotività dell’incredibile attrice, figlia della vittima innocente Gaetano Montanino, creano indubbiamente una situazione particolare. Il personaggio di Catarina riesce a raccontarsi facendo respirare ciò che è al pubblico e anche a tutti i protagonisti che cercano quasi di evitare il suo silenzio. Stare zitti, come dice la stessa Madre Coraggio, è l’unica soluzione. Ma Catarina parla, aderisce alle cose pur senza poterle definire. Catarina ci appartiene: è la dimostrazione concreta che anche un cuore spezzato può continuare a battere e a lottare per salvare altri cuori.
Tutti i personaggi dello spettacolo con le loro caratteristiche e peculiarità riescono ad essere allo stesso tempo domande e risposte. Tanti i punti interrogativi, tante le riflessioni con cui il pubblico torna a casa.
Sulla scena non si racconta la storia di un singolo uomo, ma la storia dell’umanità. Nessun elenco di vittime innocenti, ma intensa riflessione sul loro numero che continua ad aumentare, profonda attenzione ai loro volti e alle loro storie.
Quando lo spettacolo è finito, mi ha fatto male il cuore. Come tutti, avevo provato a nascondere una parte della mia anima, ma è stato inutile. Mi sono ustionata, ho sentito fitte ad ogni singolo sparo. Il dolore però non mi ha fatto paura. Non riesco ad aggiungere altro.
“Mater Camorra e i suoi figli” replicherà al TIN di Napoli ancora oggi 10 e domani 11 maggio 2014. Riappropriatevi della bellezza dell’umanità: non perdetevi questo piccolo gioiello.