È uno dei protagonisti di The Net – Gioco di Squadra, l’attore Massimo Wertmüller, in cui interpreta Frate Mario. La serie tv diretta dai registi Volfango De Biasi e Lorenzo Sportiello, un progetto internazionale, co-produzione Cross Productions- Das Netz GmbH, va in onda su Rai 2 e racconta le sfide nel complesso mondo del calcio. Wertmüller che ha dimostrato nel corso della sua eccezionale carriera di essere un attore poliedrico e versatile, diviso tra teatro, cinema e televisione, tornerà sul palco del Teatro Sistina con Rugantino e al Teatro 7 con il monologo Il Pellegrino.
È uno degli attori del cast di The Net – Gioco di Squadra in cui interpreta un ruolo particolare quello di Frate Mario.
«È un personaggio a latere, lo abbiamo reso una figura dolce e spiritosa, portatore di sorrisi. E il regista Volfango De Biasi, un caro amico che mi diresse in uno degli episodi del film Esercizi di stile, si riconosce per il suo stile unico. Ed è un professionista che sa come far ridere».
Questa serie narra le sfide da affrontare e i sogni da inseguire nel mondo del calcio. Lascia un messaggio positivo ai telespettatori!
«Me lo auguro. Credo che questa serie abbia il tono della favola ed affronta con leggerezza un argomento difficile, come il calcio, che negli ultimi tempi è diventato altro. Il calcio è un gioco ed è bella l’idea che possa passare un messaggio di speranza e di positività».
Come ha vissuto questa nuova esperienza sul set di The Net insieme a giovani attori?
«Non me la pongo questa domanda. Questo è un mestiere in movimento, non c’è un punto di arrivo, ti metti sempre in discussione, devi sempre far ricordare di te. Non vedo, quindi, gli altri più giovani, mi sento in quel momento come in una famiglia. Sul set nascono delle amicizie bellissime. E personalmente ho sempre sentito tutti come degli amici che fanno parte di un club, che è il film in quel momento».
A teatro ha portato in scena A cuore aperto di Gianni Clementi. Quanto è stato coinvolgente portare sul palco questo spettacolo teatrale?
«Tanto, per una serie di motivi. Il primo motivo è Roma, perché il romano la ama al di là di tutto, anche se negli ultimi dieci anni si è rovinata molto. Il secondo motivo è Gianni Clementi, compagno di scuola al liceo, con il quale ho condiviso i miei inizi. Ricordo quando all’uscita di scuola andavamo in un garage a provare. L’altro motivo è il titolo, perché A cuore aperto, significa sinceramente, ma può anche significare un’operazione chirurgica difficile, quella che ho subito tre anni fa. Il quarto motivo è mia moglie che ha vissuto un momento difficile, quando ero in sala operatoria. Devo parte della mia guarigione a lei. A tal proposito, la mia gratitudine va anche, per avermi salvato la vita, al professore Francesco Musumeci che mi ha operato, e al cardiologo Luca Sgorbini che adesso mi segue. E devo ammettere che quando a sorpresa è arrivato il professore Musumeci a vedere lo spettacolo, è stato emozionante dedicarglielo».
Ricordando l’indimenticabile regista Lina Wertmüller, ad un anno dalla sua scomparsa, a Ravello in Villa Rufolo è stata allestita una mostra di fotografie e costumi di scena, inaugurata da uno spettacolo teatrale intitolato Lina’s Rhapsody. Ovvero: Avventure e Canzoni di Lina Wertmüller. È stato un evento prestigioso per omaggiarla.
«Sì, perché Lina lo merita. Lei resta per me un genio assoluto, che ha raccontato la voce dei diseredati, della povera gente, di quella più affaticata dalle cose della vita. E lo ha narrato a modo suo, in maniera meravigliosa. Se pensiamo a tutti i personaggi dei suoi film da Tunin che arriva a Roma per sparare al Duce, in Film d’amore e d’anarchia, passando per Pasqualino Settebellezze, arrivando a Gennarino Carunchio, in Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto, notiamo che c’è sempre dietro ai suoi film uno sguardo sociale. Lina è stata uno dei maestri del cinema. In questa epoca mancano, purtroppo, gli intellettuali di un tempo. I maestri lo erano non solo di cinema e di arte, ma anche di vita, perché erano modelli comportamentali. Andrebbe ricordato l’insegnamento di questi grandi».
Il 2023 si avvicina. Quali saranno i suoi prossimi impegni?
«Riprendiamo al Teatro Sistina con Rugantino, di Pietro Garinei, insieme a Michele La Ginestra e Serena Autieri, in cui vesto i panni di Mastro Titta. E poi al Teatro 7 diretto da Michele La Ginestra, riprendo uno dei miei cavalli di battaglia, Il Pellegrino di Pierpaolo Palladino, un monologo in cui interpreto 26 personaggi con cui parlo, nella Roma papalina di Pio VII. Credo che un attore non dovrebbe mai abbandonare gli spettacoli che lo hanno rappresentato al meglio».