La carriera artistica di Massimo Priviero è iniziata nel 1988 grazie all’album “San Valentino” di cui tutti ricordano la titletrack che, in pochissimo tempo, diventò una delle canzoni più trasmesse in radio. Da quel primo lavoro sono trascorsi 25 anni in cui il cantautore, definito “La risposta italiana a Springsteen”, non ha mai smesso di stupirsi e stupire. Adesso, per festeggiare il suo primo quarto di secolo, Priviero ci regala quello che lui stesso definisce “Il suo lavoro più intimistico”, un percorso di 12 tracce per raccontare il viaggio che lo ha fatto volare fino a qui grazie alle sue “Ali di libertà”.
Com’è festeggiare 25 anni di carriera?
«È faticoso e meraviglioso allo stesso tempo. Immancabilmente ti ritrovi a pensare a tutto quello che hai fatto in questi 25 anni e quindi hai una duplice sensazione: da un lato ci sono i pensieri, gli affanni e le cose accumulate nel corso del tempo e dall’altro l’orgoglio e la felicità per aver fatto tutto questo!»
E da tutti questi pensieri e da queste duplici sensazioni … ecco che ha preso forma il tuo nuovo album!
«Si, in realtà credo sia l’album più autobiografico della mia carriera. Non me ne sono accorto subito, ma solo alla fine quando in studio abbiamo messo insieme tutte le canzoni. C’è un filo rosso che lega tutte le tracce, ho vissuto “Ali di libertà” con un’emotività molto forte e spero che tutte le sensazioni che ho provato io siano condivisibili, soprattutto per chi mi segue da sempre. D’altronde grazie alla musica parlo da sempre di scambi emotivi …»
In “Ali di libertà” hai quindi raccontato la tua storia …
«Ho ricostruito la storia di un uomo che oggi ha 50 anni e che si ritrova soprattutto in certi pezzi della sua vita. Magari canto anche con malinconia, ma nel racconto non mi abbandono mai al ricordo, diciamo che ho messo in risalto uno struggimento che però ti fa apprezzare, pur guardando al passato, la vita presente.
I sentimenti, secondo me, devono essere vissuti e raccontati fino in fondo. La musica non deve mostrare la superficie delle cose, ma scavare a fondo anche a rischio di ripescare cose che cercavamo di dimenticare.»
Cambieresti qualcosa di questi tuoi 25 anni?
«Guarda, non sono di quelli che dicono che rifarebbero tutto allo stesso modo, perché secondo me nessuna persona dotata di un briciolo d’intelligenza lo direbbe. Ho sempre cercato di essere un uomo libero e questo è quello che conta. Sicuramente avrò fatto cose giuste e altre sbagliate, ma io faccio musica senza seguire mode e compromessi. Non è un concetto semplice, ma dubito che inseguendo la moda del momento ci si arricchisca, io non credo che un certo successo sia un valore per la mia vita.»
Quindi qual è il tuo valore principale?
«Amo comunicare in maniera molto forte alla gente che mi segue. Durante la mia carriera ho fatto dei dischi che hanno scalato le classifiche e altri che han scalato il sottoscala, ma non mi importa. Le mie canzoni non sono mai stati slogan da ripetere o momenti di sfiga da condividere, sono entrati a far parte della vita vera delle persone e questo è ciò che più mi arricchisce.»
Nell’era di i Tunes hai fatto un’edizione limitata in vinile del tuo ultimo lavoro: come mai questa scelta?
«Beh, credo che fortunatamente da un lato un certo tipo di collezionismo sia ancora ben vivo e poi il mio pubblico si presta a questo tipo di cose. Inoltre, credo che il vinile sia un oggetto bellissimo, quindi ho subito accettato la proposta a fare quest’edizione limitata.»
Hai da poco fatto sold out al Blue Note di Milano, com’è fare un concerto in uno dei tempi della musica?
«È stata un’esperienza incredibile. La gente era entusiasta e ho avvertito un’onda emotiva molto forte. Il Blue Note è particolare, in quando lì si fa soprattutto jazz, per cui è stata una bella sfida. Ho trascorso un’indimenticabile serata, ma adesso non vedo l’ora di andare avanti con tutte le altre date del tour!»