È il paladino delle nuove tecnologie e il personaggio musicale più seguito dai giovani della digital age. Ma Marco Mengoni, che oggi ha presentato il suo nuovo singolo Guerriero con un incontro all’Università Statale di Milano, ha idee chiare sul futuro della musica: «Tutto quello che c’è intorno possiamo darlo gratis, ma la musica va pagata perché è una forma di lavoro, come quando si paga il biglietto al cinema e al museo».
La novità è che con il nuovo singolo arriva anche una App per mezzi digitali col quale il cantante ha creato un modo per informare il proprio pubblico su tutto quello che succede, in modo da poter sintetizzare i post diversi da Facebook, Twitter e Instagram.
L’occasione del lancio di Guerriero arriva a due anni dall’ultimo pluripremiato disco #prontoacorrere e le premesse per riportare la musica di Mengoni al centro dell’attenzione del pop italiano ci sono tutte. Il nuovo pezzo, accompagnato da un video in cui il cantautore di Ronciglione è anche co-regista, è un’intensa prova autobiografica di crescita, molto moderna e molto intimista. La svolta di Mengoni è alle porte e a naso si può intravedere un salto simile a quello che capitò di fare a Tiziano Ferro qualche anno fa. Sarà che i due dividono lo stesso produttore (Michele Canova) ma la passione che trasuda da ogni verso di Guerriero è notevole e ben si adatta a un personaggio che a 26 anni è in totale controllo della sua carriera. «Sono uno che vive nella società e ha molto da dire perché si interessa di moltissime cose – ha detto Mengoni in aula magna, gremita e scatenata come non mai – per questo col nuovo disco vorrei affrontare anche temi che la società ritiene scomodi o semplicemente tabù. Ne sentirete delle belle».
Dall’incontro trapela anche la sincera ansia e sfida personale di Mengoni che sperimenta nel suo campo anche nuove forme di marketing: «Non so dove mi porterà questo progetto ma lo voglio portare avanti a modo mio. Ci saranno due dischi, uno dei quali uscirà a gennaio ma non posso dire tutto. Diciamo che è improntato al work in progress, e ci sarà la possibilità di avere varie playlist dello stesso artista, cioè avrete la possibilità di comprare un Mengoni urlato, uno parlato, uno più soul, magari uno pure jazz».
La sua casa discografica Sony gli ha dato questa libertà di lavorare “fluidamente” e forse siamo alle porte di un lancio discografico unico nel suo genere in Italia. Due dischi con tracce differenti, intervallati temporalmente da un tour (“per cui ho già disegnato il palco”) che sarà incorporato nel progetto.
«Sono talmente proiettato su questo nuovo capitolo che non mi ricordo nemmeno i pezzi del disco precedente – provoca Mengoni – ma la realtà è che sono un capricorno con la mania del perfezionismo e quando mi metto in studio penso solo ai pezzi nuovi. Poi deve arrivare anche il momento in cui uno dice basta e non si può rifare e ripensare sugli arrangiamenti».
Guerriero, un pezzo lento ma completamente elettronico, è figlio di questo approccio minuzioso: «Mi ricordo che da bambino volevo avere una guida vicino che mi dicesse quale fosse la strada da prendere più congeniale a me. Questo testo è un ponte tra quello che volevo da piccolo e quello che sono ora. Ho investito molto sul brano e spero piaccia».
Accolto da un’ovazione di centinaia di studenti, Marco Mengoni ha anche dimostrato di saper essere vicino al suo pubblico in tanti modi diversi: «Mi sembra di essere a un’interrogazione, mi sembra anche strano stare sul palco a parlare e non parte il battito del tempo del prossimo brano. Ma confrontarmi in questi contesti mi interessa, fin quando si tratta del mio lavoro penso di poter dare testimonianze interessanti su quello che accade nella lavorazione della musica. Mi piacerebbe far vedere lo studio, come si costruiscono le canzoni, come si attiva il processo creativo. Ma non invidio i professori, io al momento non voglio giudicare per non essere giudicato. E chissà se un giorno con la cattiveria degli anni non cambi…».