Il 10 settembre 2013 Marco Ligabue, dopo anni di intensa attività con i Rio, ha pubblicato il suo primo album da solista: “Mare Dentro”. Quando l’ho incontrato l’altra sera pensavo di sedermi insieme a lui e Jonathan Gasparini a fare una delle “solite interviste”. Ma le onde del mare di Marco travolgono anche quando lui non suona. Ed ecco che la nostra chiacchierata è avvenuta nel famoso Museo di Pulcinella di Acerra, mentre ci siamo scambiati storie: io ho cercato di raccontargli tutto ciò che mi ricordavo sulla famosa maschera napoletana mentre lui ha condiviso con me il viaggio che lo ha portato a mettersi in gioco come cantautore.
Quando hai deciso di intraprendere la tua carriera da solista?
«Ad essere sincero, fino a un anno e mezzo fa questo tipo di discorso non mi interessava. Inoltre già Luciano canta da solo, per cui io preferivo restare solo autore e chitarrista. Poi però, nel giro di pochi mesi son nate dentro di me una serie di canzoni che andavano a formare un racconto esclusivamente mio. Ecco che a quel punto ho avuto voglia di raccontarmi: era una storia che solo io potevo cantare, nessun altro…»
Hai scoperto come esternare il tuo “Mare Dentro” insomma …
«Esatto! E ho anche scoperto il mare fuori stagione: la mia compagna abita in Sardegna per cui ho iniziato a vivere il mare quotidianamente, dall’estate all’inverno. Ascoltare solo il rumore delle onde ti aiuta a staccarti completamente dal mondo: da quel momento è stato facile raccontarmi e raccontare…»
E con questo primo cd hai deciso di raccontare “La Differenza” anche nella Lingua Italiana dei Segni: come ti è venuta questa idea?
«Mi avevano segnalato il brano “My Valentine” di McCartney con Jonny Deep e Natalie Portman. Dopo averlo visto mi è venuta da fare una riflessione, ovvero che i sordi non possono godere di una certa emotività e di un certo tipo di racconti.
Così mi è venuta voglia di imitare quel tipo di lavoro. Ho fatto la traduzione insieme a un docente universitario e poi mi sono fatto aiutare da Alvin e Chiara Ferragni nel progetto del video. E’ stata un’esperienza meravigliosa, talmente bella che io poi adesso a tutti i concerti faccio fare in L.I.S. un piccolo pezzo della canzone.»
Uno dei brani più belli del cd è sicuramente “La più grande orchestra”, cosa ci hai voluto raccontare con questa canzone?
«Mi fa piacere tu mi abbia domandato di questo brano, in quanto è una delle canzoni a cui tengo di più. Beh, io ho cercato di raccontare quanto sia bello condividere delle cose. La più grande orchestra non è quella composta dai musicisti più bravi, ma è quella dove i musicisti si trovano meglio a suonare insieme. Stesso discorso si può fare per una squadra di calcio: la migliore non è quella composta dai giocatori più bravi, ma da quelli che hanno voglia di collaborare insieme. Così come per una coppia: la più bella non è quella composta da due fotomodelli, solo quelli che si amano realmente riescono ad essere meravigliosi insieme. Ho reso l’idea?»
Questa è per ora la tua ultima data al sud: in cinque giorni hai fatto sei tappe nella Terra dei Fuochi… come hai vissuto questa settimana?
«Mi avevano chiamato ad Avellino, Montemiletto, Nola, Trani e Catanzaro oltre che qui ad Acerra. Sono contento di essere qui, soprattutto in questo momento in cui anche i media iniziano a prestare più attenzione alla “Terra dei fuochi”. Ammetto che all’inizio questa problematica la sentivo di striscio attraverso i telegiornali. Poi però tramite facebook tantissimi ragazzi hanno iniziato a segnalarmela e a coinvolgermi. Così appena ne ho avuto l’opportunità sono venuto di persona.»
Prima mentre visitavamo il museo hai scattato foto che subito hai condiviso sulla tua pagina facebook: da quando hai iniziato a utilizzare così tempestivamente i social?
«E’ avvenuto tutto in maniera molto casuale: io sono sempre stato un tipo molto riservato, però ho visto che era bello raccontarsi e condividere delle cose.
Il mondo gira sempre al contrario, come ho scritto anche nel cd citando un antico detto indiano: “Fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce”. E difatti oggigiorno solo le cose negative e provocatorie fanno notizia. Non mi sto rifugiando dietro le banalità, bensì cerco di ricordare a tutti che esiste anche un bicchiere mezzo pieno. Se lamentarsi servisse a qualcosa mi unirei al coro, ma siccome non risolve i problemi allora io voglio parlare delle cose belle. Voglio cantare del mare, dei sorrisi, della foresta che cresce… di Pulcinella!»
Ti aspettavi tutto questo successo da questo primo lavoro senza i Rio?
«Non mi aspettavo niente, avevo solo voglia di raccontarmi, poi mi prendo quel che viene. Pensa che a Catanzaro l’altro giorno c’erano in tutto 300 persone, per qualcuno saranno poche, per me eravamo in tantissimi. Non credo che le cose vadano in base alla quantità, ma alla qualità. Per me conta di più suonare davanti a poche persone che mi aspettano a braccia aperte e a cui posso raccontare tutto quello che sento nel profondo del cuore.»
Adesso finalmente tornate a casa dopo questo tour de force … ma quali sono i prossimi programmi?
«Fino alla fine di febbraio andiamo avanti facendo date in acustico e in elettrico, poi si inizia a pensare al secondo disco …. Ci sono altre storie pronte da raccontare! Però adesso, prima di rimettermi in viaggio e fare qualsiasi cosa, me la fate mangiare questa famosa pizza?»