Marco D’Amore, conosciuto da molti grazie al suo personaggio Ciro Di Marzio in Gomorra – La serie, è nato e cresciuto in un ambiente fato di cinema e teatro. Suo nonno, infatti, non solo ha lavorato nella compagnia di Nino Taranto, ma ha interpretato anche dei ruoli in alcuni lavori cinematografici di Francesco Rosi e Nanni Loy.
Marco D’Amore fa il suo esordio a teatro nel 2000 in uno spettacolo della compagnia Teatri Uniti di Toni Servillo. Inizia un percorso teatrale che lo porta nel 2005, insieme a Francesco Ghiaccio, a fondare a Caserta la compagnia di produzione teatrale e cinematografica La Piccola Società, con la quale ha prodotto, diretto e interpretato sia spettacoli teatrali che cortometraggi e che in questo periodo sta lavorando al film Un posto sicuro, sullo scandalo Eternit, la fabbrica per la lavorazione dell’amianto.
Il debutto sul grande schermo arriva nel 2010 con il film Una vita tranquilla di Claudio Cupellini. Ma il vero successo arriva nel 2014 con la messa in onda su Sky di Gomorra La Serie, tratta dal bestseller di Roberto Saviano, venduta in più di sessanta Paesi, terza trasposizione dell’opera dopo il film Gomorra di Matteo Garrone e lo spettacolo teatrale.
In questo periodo è al cinema nel cast dei film Perez., con Luca Zingaretti diretto da Edoardo De Angelis.
Abbiamo incontrato Marco D’Amore nella Cappella di San Severo in occasione della presentazione del libro di Valerio Grutt “Però qualcosa chiama – poema del Cristo velato”.
In questo periodo è nella sale Perez., film di Edoardo De Angelis, dove ti vediamo in veste di protagonista al fianco di Luca Zingaretti…
«Questo è un progetto che per me ha a che fare molto sulla sfera emotiva perché Edoardo De Angelis ed io ci conosciamo da quando siamo ragazzini, ero uno dei protagonisti del suo primo corto Okappa e Kappao, un’avventura rocambolesca. Per un po’ di anni ci siamo separati, nel senso che lui ha seguito la sua carriera da regista, mentre io sono andato a studiare fuori. Ci siamo ritrovati sul set di questo film che all’inizio non volevo fare perché temevo di dover descrivere una biografia troppo analoga a quella del personaggio Ciro Di Marzio che interpreto in Gomorra. E invece Eduardo mi ha raccontato di un personaggio innamorato che a un bivio della vita tra la strada delle pistole e quella dei sentimenti sceglieva la più difficile, cioè quella dell’amore che mi ha acceso una lampadina d’interesse. Credo che il film sia onesto, un’opera seconda molto piccola capace di metter in luce sia un cast meraviglioso che un autore importante nel panorama cinematografico italiano, perché ritengo che Edoardo, come pochi, riesca a descrivere e a tratteggiare così bene certe umanità depresse capaci di riscattarsi.»
Com’è stato lavorare con Luca Zingaretti?
«Mi sono sperticato in complimenti rispetto a Luca, però, non c’è bisogno che io ne tessa le lodi come artista perché ha un curriculum che parla da sé. Dico che con quei pochi grandi con cui ho lavorato, anche Zingaretti ha la capacità di non mettere mai in evidenza quello che è, altrimenti ci sarebbe un distacco continuo sul set. Lui è talmente umile, generoso e disponibile con i colleghi, che quasi ti dimentichi che stai lavorando con Luca Zingaretti. Poi, allo stop, riapri gli occhi, te lo rivedi davanti e provi quel minimo di soggezione. Un grande artista che riesca a conciliare una grande umanità alla professione.»
Il tuo curriculum da artista vanta diversi lavori sia nel cinema che nel teatro, ma il tuo grande successo arriva con la serie Gomorra…
«Ad essere sincero, vivo con grande timidezza questo entusiasmo. Mi interessa che la gente riconosca e apprezzi il lavoro, per quello sono grato e felice. Mi spaventa invece quell’attenzione pruriginosa verso il caso a cui si devono fare fotografie, bisogna far ripetere battute. Su questo mi ritraggo un po’, ma non per snobismo, semplicemente per timidezza. Il lavoro lo restituisco in scena o sul set, fuori sono completamente altro e mi piacerebbe che la gente riuscisse a scindere l’attore dal personaggio.»
Sulla prossima serie cosa puoi dire?
«Nulla. Gli autori quando scrivono non dicono nulla a noi attori. Sicuramente a dicembre saranno pronte le sceneggiature. Quello che immagino da spettatore e conoscendo il racconto di Saviano, se siamo arrivati al 2006, adesso andremo oltre, sarà un racconto più ampio che andrà fuori dai confini del nostro paese.»
All’estero come siete stati accolti?
«Ho avuto la fortuna di accompagnare il film in alcune uscite all’estero e mi sorprende piacevolmente notare quanto tutta questa mole di polemiche soprattutto si fanno a “casa nostra”, fuori si dissolvano e il prodotto viene assorbito come un’eccellenza italiana, ma soprattutto e un’eccellenza campana, questo perché mi piace sempre ricordare che Gomorra è fatto da oltre 200 attori campani, a dimostrazione che siamo una fucina di talenti unici anche se mai gratificati.»
Quando è cominci tra ala serie per strada sono stati affissi alcuni manifesti con scritto: “Gomorra su Sky per l’interesse di pochi…altra merda sul popolo napoletano…e la politica se ne frega. Vergognatevi tutti.” Come hai reagito a questa polemica?
«Li ho trovati esposti una mattina al centro direzionale mentre lavoravo e vista che la mia personale esperienza è fatta di lavoro, io mi sono fatto una foto e al titolo vergognatevi, ho risposto con la mia faccia poiché non ho nulla di cui vergognarmi.»
Sei nato in un ambiente in cui si respirava area di cinema ma anche di teatro. Tuo nonno, infatti, ha lavorato sia nella compagnia di Nino Taranto, ma anche in alcuni film di Francesco Rosi e Nanni Loy. Questo ha sicuramente segnato il tuo cammino artistico…
«Se qualcuno mi chiedesse qual è casa mia io risponderei il palcoscenico. Ho studiato per quello e un po’ di tempo fa ero anche abbastanza snob verso la tv e il cinema. Consideravo il teatro fosse l’unico luogo per fare l’attore. Poi le vicende mi hanno portato altrove. Però, ci sono dei progetti in cantiere, uno anche molto bello che abbiamo sperimentato un mese fa al Maschio Angioino con Raiz e Fausto Mesolella, un progetto di teatro musicale legato al loro ultimo disco che si chiama DragoRed, speriamo che vedrà presto la luce.»
Hai già scritto qualcosa per il teatro?
«Ho già scritto tre spettacoli per il teatro con La Piccola Società, compagnia che ho fondato insieme ad un autore piemontese, Francesco Ghiaccio, nel 2005. Adesso stiamo scrivendo il nostro primo film, un lungometraggio che gireremo a novembre a Casale Monferrato. Il titolo del film è “Un posto sicuro” e parla dello scandalo Eternit, la fabbrica per la lavorazione dell’amianto. Ma in cantiere ci sono anche altri progetti legati al teatro, ma per il momento credi sia ancora troppo presto parlarne.»