Uno spettacolo contro l’identità che comincia con un cazzotto e finisce con un sorriso. Sono le storie ai margini che Marco Baliani e Maria Maglietta, autori e protagonisti di Identità, portano in scena sabato 28 e domenica 29 marzo 2015 al Teatro Nuovo di Napoli, nell’ambito della rassegna “Fuori Scena”.
Sul concetto ambiguo i due attori hanno creato una galleria di personaggi che si alternano sulla ribalta e spariscono sul fondo, in un contrapporsi di luci e ombre, mentre si dipana una matassa di marginalità e violenza dove scorre la vita quotidiana di mille individui anonimi.
Il filo conduttore del testo è offerto dalla storia di un uomo comune che si sta recando in un ufficio di polizia a denunciare lo smarrimento della carta d’identità. Identità religiosa, etnica, sessuale e così via, sono i tanti “luoghi” toccati da Marco Baliani e Maria Maglietta, uniti da un denominatore comune: quel che succede lungo la strada di una città, percorsa da un uomo che deve andare a denunciare lo smarrimento della carta d’identità.
Nel tragitto s’incrociano ed accavallano storie, racconti, esperienze e conflitti, occasioni per riflettere, appunto, sul tema dell’identità.
Nelle varie storie, emerge la complessità umana ed esistenziale. Da un’identità fasulla che, dietro il pretesto dell’autorità, prevarica le persone più deboli all’identità modificata, che trasforma l’uomo amato in un essere che si muove nel corpo violento di un altro.
Uno spettacolo sul significato della parola identità, che non si esaurisce con le generalità tipo nome, cognome e data di nascita, bensì intesa come personalità propria, ma anche dovuta all’interagire con gli altri.
“Chi sei tu?” Danno voce alle infinite sfaccettature di questa semplice domanda i monologhi che si susseguono in Identità. È l’interrogatorio violento di un poliziotto, l’insistente volontà di sapere di un bambino, il dubbio sottile che s’insinua a proposito di qualcuno che pensavamo di conoscere.
Le storie raccontate da Marco Baliani e Maria Maglietta, che si avvicendano senza apparente legame, scandite soltanto dall’accendersi e spegnersi delle luci, sono in realtà costellate di rimandi lessicali e di riprese interne, quasi formulari. L’immagine della carta d’identità torna a emergere di vicenda in vicenda: carte smarrite, calpestate, fotografie in cui d’improvviso non ci si riconosce più.
La questione dell’identità, bagaglio di esperienza che ci portiamo dietro prima ancora che DNA, etnia, nome, cessa allora di essere un semplice tema da trattare e diventa storia da condividere. E l’attore ritrova, così, la sua antica funzione di cantore.