Prenderà il via questa sera, sabato 19 gennaio, dal Teatro Tasso di Sorrento, il nuovo Tour di Maldestro per presentare il suo nuovo disco di inediti “Mia madre odia tutti gli uomini”, uscito lo scorso 9 novembre per Arealive / distr. Warner Music. Sul palco ad affiancare Maldestro (voce, chitarra e piano) troviamo Paolo del Vecchio (chitarre e plettri), Niccolò Fornabaio (batteria e percussioni), Luigi Pelosi (contrabbasso), Sara Sgueglia (cori, synth e percussioni) e Fabio Renzullo (fiati). Il tour proseguirà domani sera al Teatro Sannazaro di Napoli, l’1 febbraio all’Auditorium Parco della Musica di Roma, il 2 al Centro Culturale Candiani di Mestre (VE), il 7 alla Sala Vanni di Firenze, l’8 febbraio all’Oratorio Filippo Neri di Bologna, il 23 alla Casa delle Arti di Conversano (BA), il 28 al Modo Club di Salerno, l’1 marzo ai Magazzini Fermi di Aversa e il 6 al Teatro Sperimentale di Pesaro.
Partirà da Sorrento il tuo nuovo tour per presentare il nuovo album “Mia Madre odia tutti gli uomini”. Ce ne parli?
«Musicalmente sarà più o meno come il disco, ma ho scelto di fare cose diverse perché non mi piace l’idea che le persone debbano venire dal vivo ad ascoltare quello che si sente dall’album. Le canzoni saranno alternate da alcuni racconti che parlano della mia vita, proprio per stare in tema con il lavoro discografico».
In scaletta solo i brani presenti in “Mia madre odia tutti gli uomini” o anche quelle dei precedenti lavori?
«Ci saranno anche i brani del primo e secondo disco, con un nuovo vestito, dando però una priorità a quelli presenti nell’ultimo».
Quanto è importante per te la dimensione live?
«È tutto. La realizzazione del disco in studio serve proprio per arrivare alla dimensione live, che per me è fondamentale. Il fine di ogni musicista, di un cantautore è proprio proporre i propri lavori dal vivo e di condividere quelle due ore con il pubblico, come se si stesse a casa, nel proprio salotto in intimità. Cantare dal vivo credo sia l’emozione più bella, al di là dei dischi venduti, delle ore di prove in studio, quello è il momento che ti ripaga di tutto il lavoro».
Hai collaborato con diversi artisti del panorama nazionale. Ci sarà qualche ospite in uno dei tuoi concerti?
«A Sorrento e Napoli avrò come ospite Dario Sansone. Insieme abbiamo deciso di proporre la cover di Ivano Fossati dal titolo “Mio fratello che guardi il mondo”».
Parlando del tuo ultimo lavoro discografico, ti sei messo a nudo raccontando te stesso, la tua vita, le tue paure. È stato un modo per esorcizzare anche le sofferenze e il dolore?
«Più che esorcizzarlo è stato prenderlo per mano. Non credo molto nell’anestetizzare il dolore, perché fa parte della vita, che a mio parere va vissuta fino in fondo. Solo comprendendo e cooperando con il dolore, puoi comprendere che esiste la felicità. In questi ultimi due anni di percorso, non solo artistico, soprattutto umano, ho coltivato in me l’idea di fermare una parte della mia vita da qualche parte, ed ho scelto questo disco. È un lavoro che parte proprio dal dolore per poi arrivare alla felicità, a quei piccoli momenti che costruiscono serenità intorno a te».
“Mia madre odia tutti gli uomini” è un lavoro autobiografico, che si differenzia dai precedenti album, in cui hai raccontato la realtà guardando da un’altra prospettiva. Sarà lo stesso anche per i prossimi lavori?
«Sicuramente mi verrà voglia di raccontare in maniera diversa. Precisamente non so dare ancora una risposta. Probabile anche che tra qualche giorno decida di fare il ballerino (ride n.d.r.). Io sono sempre curioso, quindi mi piacerebbe mettere il naso in nuovi mondi, capirli, scomporli e cercare di raccontarli in maniera diversa. Sono sempre in partenza e mai in arrivo. Mi piace sentirmi un emergente per tutta la vita, spero di poterlo fare e di potermi sentire sempre così».
La produzione artistica dell’album è stata affidata a Taketo Gohara. Com’è nata questa collaborazione?
«Taketo è stato fondamentale. Già qualche anno fa ho avuto l’intenzione di lavorare con lui, proprio in occasione della mia partecipazione al festival, ma alla fine era stato già scelto un produttore, quindi non è stato possibile. Quando è nata l’idea di realizzare il terzo disco, sono andato da lui a proporgli di collaborare. Così, dopo aver valutato il materiale che gli ho sottoposto, ha dato il via a questa collaborazione. È stato un lavoro bellissimo. Taketo incarna il ruolo del produttore in tutte le sue sfaccettature. Riesce a comprendere chi ha di fronte, a tirargli fuori l’anima. È stato divertente, un’esperienza bellissima. Mi ha insegnato tanto, ci siamo dati tanto, spero che questa collaborazione continui».
Hai iniziato a studiare pianoforte a 9 anni, ma prima di avvicinarti completamente alla musica, hai studiato recitazione, regia e drammaturgia, scrivendo oltre quindici opere e vincendo anche alcuni premi. Cosa ricordi di quel periodo? Ti manca? In futuro tornerai a lavorare di nuovo per il teatro?
«In questo nuovo tour racconto che l’unica cosa che mi ha tolto la musica è proprio il teatro. Da quando ho cominciato a girare l’Italia in questi ultimi cinque anni, non ho avuto più tempo di dedicarmi al teatro. Mi manca molto perché lo amo profondamente. Se dovessi scegliere un posto dove morire, sceglierei un teatro. Spero di ritornarci solo con la prosa, perché credo che il teatro sia un’arte completa, un modo di raccontare diverso dalla musica, che mi ha sempre affascinato, mi ha sempre dato grandi emozioni. Con questo nuovo tour ho cercato di unire le due cose, ovvero il teatro canzone, però il mio obiettivo e quello di tornare al teatro puro».
Hai continuato a scrivere nel tempo libero?
«Ho scritto diverse cose, raccogliendo un bel po’ di materiale. Ho solo bisogno di tempo. Dal mio punto di vista, mettere su uno spettacolo teatrale prende via molto più tempo rispetto ad uno spettacolo musicale».
In questi giorni si parla molto del Festival di Sanremo, una kermesse che nel 2017 ti ha visto classificarti secondo nella categoria Nuove Proposte. Cosa ricordi a due anni di distanza? Cosa ne pensi della scelta artistica di questa nuova edizione?
«Per me è un ricordo bellissimo, perché ho vissuto Sanremo proprio come un gioco. Mi sono divertito tanto perché ho vissuto il tutto senza panico. Il Festival di Sanremo è bello perché ti permette di farti conoscere a più persone, ma solo in una settimana, la costruzione deve avvenire dopo. Io ho scelto di fare una costruzione lenta, di continuare il mio percorso fatto di gavetta. Comunque sia è stata una bella esperienza. Per quanto riguarda la scelta artistica di quest’anno, credo che sia stato coraggioso portare sul palco personaggi che propongono generi diversi. Forse il festival sta cambiano ed è giusto che sia così».