LUKA ZOTTI, polistrumentista e cantautore pubblica il suo secondo disco da solista, “Forgotten Dream”.
Ci sono artisti che difficilmente sono inquadrabili in uno stile preciso o accostabili ad altri, certe volte per questione di sonorità, altre per una questione di fondo, ovvero il perché ci si approccia alla musica. Tanti se non tutti dicono di esprimersi attraverso le note, nell’artista che stiamo per presentarvi la musica è una delle forme d’arte che Luka Zotti sceglie per esprimersi insieme alla pittura e alla sperimentazione su innesti singolari su strumenti musicali. Dalle sonorità molto inglesi vecchia scuola e dall’anima profonda Luka Zotti è una bella scoperta da fare, con le orecchie ma non solo, oggi con lui, proviamo ad esplorare un po’ del suo mondo
Partiamo dal nuovo disco Forgotten Dream, puoi descriverlo a parole per chi ancora non ti conosce?
«Forgotten Dream è un album in cui è presente un concept, un filo conduttore che è quello della guarigione, intesa a 360 gradi, può essere la guarigione dell’anima, del corpo del cuore o della terra intesa proprio come pianeta che ci ospita. Tutti i brani partono con un momento di buio e si sviluppano fino ad arrivare ad un momento di luce, di guarigione di comprensione del motivo per cui ci sono successe determinate cose nella vita. Il percorso è proprio questo, la guarigione.»
Nel brano che da il titolo al lavoro io personalmente ci ho sentito un po’ di Beatles un po’ di Jeff Buckley, ma quali sono le tue origini musicali e qual è la musica che compreresti oggi?
«Sicuramente Buckley e i Beatles li ho ascoltati molto, ma anche Neil Youg, Pink floyd, comunque tanta musica e in questo disco mi sono portato tutte queste influenze musicali.»
Come mai canti in inglese e non in italiano?
«Mi è sempre venuto più naturale cantare in inglese, in passato ho scritto e pubblicato anche brani in italiano ma mi sono sempre sentito più a mio agio con l’inglese , mi sento più me stesso, so che è strano sia da spiegare che da capire. Io credo comunque che non ci debbano essere confini nella musica e nell’arte, vale qualsiasi cosa uno si sente di fare e la fa senza forzature, a me viene di cantare in inglese pur avendo sempre ascoltato musica italiana da piccolo, poi quando ho ascoltato la prima canzone in inglese e come se avessi riconosciuto qualcosa in cui sentirmi me stesso.»
Sei anche un pittore, scultore e inventore di strumenti musicali, credi che ogni mezzo espressivo abbia, diciamo così, un suo preciso ambito, una gamma emotiva che in qualche modo trova espressione più giusta in un certo tipo di linguaggio artistico e se si quali credi sia quello precipuo della musica?
«Sicuramente musica, arte, pittura scultura sono tutte figlie della stessa madre che è l’ispirazione. Poi ognuna tocca sensi diversi in noi, la musica con l’udito e anche le vibrazioni del corpo, così come la pittura colpisce la vista e così continuando; sono tutte forme d’arte che in qualche modo ci danno cose diverse, diciamo che mi avvicino a quella che in quel momento mi fa stare bene, uso l’arte come medicina per l’anima e quindi per il corpo.»
Vista la tua polivalenza artistica ti sfido a trovare un colore alla tua musica e spiegarmi anche il perché?
«Ho fatto uno studio cromatico alla musica, ho creato una tastiera colorata, abbinando ad ogni nota un colore. Credo sia impossibili dare un unico colore alla musica perché copre talmente tante frequenze che un solo colore sarebbe riduttivo. C’è un video sul mio canale youtube in cui si vede mentre realizzo questa tastiera. Sono partito dai colori base rosso, blu e giallo e da questi colori moltiplicandoli sono arrivato le 12 note e ho dipinto l’ottava centrale del pianoforte. Per capirci ho assegnato al do il colore blu, al mi il colore giallo, per cui il re che è fra do e mi è verde. E’ un po difficile da spiegare andrebbe vista ma è una cosa che colpisce molto sopratutto i bambini che vengono nel mio laboratorio. E’ interessante perché ci si può approcciare alla musica anche partendo da un colore, diciamo che è un approccio diverso alla musica. Ci sono stati studi in passato su musica e colori, credo ci sia un libro molto interessante in merito che si intitola “Dalla teoria del colore”.»
Sei inventore di uno strumento musicale che mette insieme chitarra, tastiera ed effettistica, come nasce questa idea?
«Principalmente sono un chitarrista cantante però la curiosità mi ha portato a mettermi a suonare molti strumenti, tastiera, percussioni, l’armonica e quindi durante i miei concerti anche quando sono solo c’è sempre una piccola orchestra perché mi porto sempre tanti strumenti. Un giorno stavo tenendo un concerto ed ero con la chitarra in braccio e tastiera e multieffetto sui cavalletti ed era tutto molto scomodo per questione di distanza e cavi che passavano ovunque, durante il concerto ho avuto la visione di come fondere tutto insieme.»
Prossimi appuntamenti live?
«Il calendario si sta riempiendo, venerdì 19 suoneremo su un battello sul lago di Come a Tremezzo; il 28 settembre suoneremo al meeting delle etichette indipendenti a Faenza, per ottobre stiamo preparando altre cose, posso dirvi che apriremo i concerti di una band inglese, ma non posso anticiparvi altro. Comunque il mio sito LukaZotti è sempre aggiornato.»