«Dedico questo lavoro a mio zio Pino soprattutto perché è grazie a lui che ho intrapreso questa strada. L’amore per la musica mi è stato trasmesso da lui fin da bambina.» Loredana Daniele, nipote di Pino Daniele recentemente scomparso, figlia del fratello Carmine, ha presentato il suo album d’esordio, un progetto discografico in cui la giovane cantautrice ha cercato di raggruppare tutta la sua passione per la musica.
Il disco che prende il suo stesso nome (su etichetta Graf) è un lavoro composto da 9 brani pop, scritti e interpretati direttamente da lei, di cui due in napoletano. L’uscita del progetto prevista per il 12 gennaio è slittata di qualche settimana proprio per la scomparsa dello zio Pino Daniele.
È uscito il tuo album d’esordio, il cui titolo porta il tuo stesso nome. Ce ne vuoi parlare?
«Il disco è nato più di un anno fa con la collaborazione di Sasà Priore che è l’arrangiatore di tutti brani contenuti nell’album. È un progetto realizzato interamente da me, ho composto sia la musica, sia i testi. È un album che parla d’amore nel senso più ampio, che affronta tematiche importanti in forma molto leggera, che nell’insieme sono legate tra l’oro da un unico filo conduttore che è appunto l’amore.»
Le tematiche in questione sono quelle sociali come la violenza sulle donne, la depressione. Come mai questa scelta?
«Parliamo di un album d’autore, quindi sono tutte canzoni che parlano della realtà in cui viviamo. Non sono autobiografiche, però sono legate a fatti reali. In “Ti porto via con me” non parla della depressione in sé, diciamo che è un inno alla vita, dedicato ad una persona che si è trovata a vivere un momento di estrema difficoltà e grazie all’amore e al supporto delle persone che le sono state accanto è riuscita ad emergere da questa brutta situazione, ad affrontare il tutto con coraggio e determinazione. “Io sarò” è un pezzo che ho voluto dedicare alla donna. Anche questo brano si basa su una storia realmente accaduta e racconta di una donna che nel guardare indietro riesce a capire cosa vuole per il suo futuro.»
In questo lavoro su 9 brani due sono scritti e interpretati in dialetto…
«È stata una scelta spontanea. Scrivo napoletano da sempre, essendo napoletana. Amo moltissimo il mio dialetto e credo che una canzone d’amore, interpretata in napoletano, dia una resa diversa, trasmettendo tutta la sua passionalità, rispetto a qualsiasi altro dialetto italiano.»
Prima di arrivare a pubblicare il tuo primo album hai partecipato a diversi concorsi canori. Cosa ti ha spinto a non mollare e andare avanti per la tua strada?
«Sicuramente l’amore per la musica. Anche se ho pubblicato il mio primo lavoro discografico, sono ancora alle prime armi e mi aspetta comunque una lunga gavetta. In questo album, oltre all’esperienza finora acquisita, c’è anche tutta la mia inesperienza. Questo è un progetto che ho realizzato completamente da sola, quindi mi assumo tutte le responsabilità sia se dovesse andare bene e sia se dovesse andare male. Nel realizzarlo ho dovuto superare diverse difficoltà, essendo un disco autoprodotto, però, sono contenta del risultato ottenuto.»
Manca veramente poco all’inizio del Festiva di Sanremo. Come mai non hai pensato di presentare un tuo brano?
«Credo che Sanremo sia il sogno di molti cantanti, però, ho pensato che presentare una mia canzone al festival fosse del tutto prematuro. Voglio seguire un percorso e non fare il passo più lungo della gamba. È importante, prima di tutto, presentarmi al pubblico, far conoscere la mia musica. In futuro ci proverò sicuramente. Il Festival è uno dei miei obiettivi.»
Dedichi questo tuo lavoro a tuo zio Pino scomparso di recente. Lui aveva già ascoltato qualche brano?
«Aveva ascoltato la canzone “Campamme ppe ammore” e non l’intero album poiché mi reputo una persona molto riservata, quindi aspettavo l’uscita del disco per farglielo ascoltare per intero. Purtroppo non è stato possibile. Dedico questo lavoro a mio zio Pino soprattutto perché è grazie a lui che ho intrapreso questa strada. L’amore per la musica mi è stato trasmesso da lui fin da bambina.»
Cosa hai ereditato da tuo zio Pino?
«La mia testardaggine la devo a lui. Da mio zio come da mio padre ho ereditato questa caratteristica. Mi ha insegnato ad andare avanti da sola, a guadagnare i frutti del mio lavoro con le proprie mani. Proprio per questo ho deciso di realizzare questo progetto da sola, assumendomi tutte le responsabilità.»
È una responsabilità chiamarsi Daniele?
«Non è assolutamente semplice. È una grossa responsabilità. È dura e sarà dura perché comunque essere un “Daniele” ha un grande significato e bisogna portarlo avanti in maniera giusta e corretta ed io ho quasi paura di non essere all’altezza di poterlo fare. Mio zio Pino è inimitabile, è stato un grande e sarà per sempre un pilastro della musica italiana. Con questo tengo a precisare che non sono un erede. Lui non ha eredi perché è unico. Non lo si può imitare, è anche difficile cantare le sue canzoni. Anche se questo è un periodo molto importante nella mia vita, ho un vuoto dentro. Lui sarà per sempre il mo punto di riferimento.»