Era il 19 dicembre del 1737 il giorno in cui L’Olimpiade di Leonardo Leo debuttò come seconda opera in cartellone dall’apertura del Real Teatro di San Carlo. Un nuovo lirismo si affacciava allora sul panorama musicale: Leo, giovane compositore di San Vito dei Normanni, segnerà un cambiamento epocale nella scuola napoletana del ‘700 e costituirà un modello seguito dai più grandi musicisti europei.
Il 4 novembre, in occasione dei 280 anni del Teatro e per la chiusura delle “Celebrazioni dedicate a Carlo III di Borbone”, L’Olimpiade è tornata al pubblico per incantarlo ancora nella sua prima esecuzione in epoca moderna.
Pietro Metastasio, autore del libretto, costruisce la storia riprendendola da Erodoto; Clisthène, re di Sicione, è appena diventato padre di due gemelli, Aristea e Filinto, e riceve dall’oracolo una terribile profezia: il maschio sarà un parricida. Il re affida dunque Filinto ad Aminta, suo ministro, con la consegna di abbandonarlo ai flutti del vicino fiume Asopo; ma il ministro ha pietà del bambino, e lo affida ad un viaggiatore diretto a Creta, dove il Re ha da poco perduto il proprio erede in fasce. Il Re di Creta accoglie Filinto, lo ribattezza Licida, e lo alleva come figlio; questi, da adulto, si innamora di Argene, fanciulla nobile ma non di stirpe reale. Si reca in Grecia per trovare conforto al suo amore contrastato e lì vede Aristea, della quale si innamora, all’oscuro del fatto che si tratti in realtà di sua sorella. Argene si reca a Creta, offerta in sposa dai suoi genitori all’atleta Megacle che, già malato di un amore impossibile per Aristea, aveva stretto rapporti di amicizia con Licida che lo aveva salvato da un attacco dei briganti. Argene, per sfuggire ad un matrimonio indesiderato, si traveste e vive sotto le mentite spoglie della pastorella Licori. La scena si sposta ad Olimpia. Clisthène viene nominato arbitro delle Olimpiadi per cui, durante la giornata dei giochi, esercita funzione di re: dispone che al vincitore venga data in premio la mano di sua figlia Aristea e Licida, non essendo un atleta ma deciso a vincere, affida a Megacle il compito di iscriversi alle gare con il suo nome ed ottenere la bella in sposa per lui. Megacle acconsente, all’oscuro del premio, e vince la gara. La trama viene scoperta. Licida, in un accesso d’ira, tenta di uccidere re Clisthène; arrestato, il medaglione che porta al collo fa scoprire che egli è in realtà il figlio perduto Filinto. Filinto/Licida è reo di aver attentato alla vita del re, il quale, pur preso dalla gioia di aver ritrovato il figlio che credeva di aver fatto uccidere, non può prescindere dalle leggi; il giovane deve morire. Megacle interviene a salvare la situazione, facendo notare che il giorno delle Olimpiadi è giunto al termine e così anche la temporanea sovranità di Clisthène su Olimpia; la decisione sul destino del giovane spetta al popolo, che salva Filinto/Licida. Le coppie si riuniscono; Megacle con la sua bella Aristea, e Licida con Argene, mentre il re abbraccia con commozione il figlio ritrovato.
Questa libera drammatizzazione e messa in scena de L’Olimpiade, curata da Filippo Zigante, porta lo spettatore in un luogo senza tempo, in cui la voce dei personaggi costruisce e cambia il loro destino. Nella splendida cornice del Teatro San Carlo, le voci delle arie sono lo strumento musicale più impressionante: l’intensa Gaia Petrone costruisce il canto di un Megacle e straordinario; Cinzia Forte fa tremare i polsi con la sua disperata Aristea; David Ferri Durà è un potente Clisthène, padre e re; Manuela Custer trasforma il dilemma di Argene nella più delicata delle melodie; Michela Antenucci e Raffaella Milanesi danno splendidamente voce alle figure di Aminta ed Alcandro. Con loro, gli attori: Ruben Rigillo è un solenne Clisthène, Angela Bertamino è una dolce Aristea, Serena Mazzei è un’intensa Argene, Francesco Scolaro un forte Licida, Emanuele D’Errico un energico Megacle, e Roberto Pappalardo e Davide D’Antonio diventano Aminta ed Alcandro. Contenitore della storia, la musica di Leo veicolata dall’incredibile talento dell’Orchestra e del maestro Marco Faelli.
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