Stamane, via streaming, direttamente da Sanremo, Lo Stato Sociale ha fortemente voluto una conferenza stampa per sottolineare le condizioni di grave disagio in cui versano tutti i lavoratori dello spettacolo che da più di un anno sono fermi a causa della pandemia da COVID-19.
Ieri sera sul palco dell’Ariston hanno proposto come cover il brano Non è per sempre degli Afterhours in presenza di Francesco Pannofino, Manuela Fanelli e i Signori Barbato e Morris rispettivamente gestori di alcuni live club a Livorno e di sale cinematografiche a Bologna.
Anche noi di Mydreams abbiamo seguito la conferenza stampa. Numerose le domande rivolte a Lo Stato Sociale.
Con la vostra cover avete dato un contributo significativo nel segnalare la forte crisi in cui versano i lavoratori dello spettacolo. Perché secondo voi gli altri artisti non hanno osato una performance come la vostra?
SS: «Dovresti rivolgerla a loro questa domanda. Noi come gruppo abbiamo 20 anni di amicizia e quasi 10 di carriera e per noi il palcoscenico è un luogo dove portare e raccontare la realtà che ci circonda. Non abbiamo fatto altro che puntare la nostra attenzione su un problema che riguarda tante persone».
Morris: «Io gestisco tre sale cinematografiche nella provincia di Bologna e sono lusingato di aver rappresentato sul palco di Sanremo la categoria degli esercenti del cinema indipendente».
Barbato: «Io gestisco a Livorno alcuni live club. Chiamato dai ragazzi dello Stato Sociale ho accettato l’invito e li ringrazio. Desidero che l’opinione pubblica comprenda i nostri problemi e chiediamo visibilità e dignità».
Quali altri gesti di protesta porterete avanti?
Morris: «Sarebbe bello che altri artisti sposassero la nostra causa. L’esibizione dello Stato Sociale è andata in onda all’una di notte e forse non ha avuto grande visibilità. Il cinema già versava in condizioni critiche già prima della pandemia a causa delle piattaforme digitali. Ci vorrebbero delle iniziative che per il momento non vedo anche da parte del governo».
Barbato: «Sena gli operatori dello spettacolo non andrebbero in onda i telegiornali, gli spettacoli di intrattenimento e persino i messaggi del Papa. Si dovrebbe spegnere tutto per un giornolo stato sociale intero così la gente capirebbe meglio il problema».
Quali proposte concrete vi sentite di lanciare per un ritorno alla normalità?
Barbato: «Ci sarebbero da fare tante cose. Discutere innanzitutto della capienza delle strutture ricettive. L’Italia ha delle leggi molto restrittive rispetto a Paesi come la Svezia o l’Olanda. Abbiamo chiuso tutto,vietato tutto. Siamo subito passati all’euro ma vorremmo prendere anche le cose ganze dell’Europa! (Applausi dei presenti N.d.r.) Certo la vetrina di Sanremo è stata ottima per veicolare il nostro messaggio ed è già qualcosa».
Fanelli: «Sono stata felice di partecipare a Sanremo con i ragazzi. Ho cercato di dare voce a chi non ha potuto farlo, ho parlato per quelli poco conosciuti anche se devo dire che in quest’anno ho lavorato e per questo mi sono sentita un po’ in colpa rispetto a loro».
Pannofino: «Anch’io desidero ringraziare i ragazzi. Credo che abbiamo mandato un messaggio forte ,chiaro, importante ma anche un alito di speranza per tutti coloro che da oltre un anno non lavorano».
Parliamo ora un po’ della vostra partecipazione a Sanremo. È stato abbandonato il lodocentrismo?
SS: «Il brano lo canta chi è più adatto».
Come è nato il brano Combat pop? Come è stato il ritorno a Sanremo?
SS: «Quando scriviamo una canzone partiamo quasi sempre dal titolo. Abbiamo cercato di mettere insieme uno spirito di critica sociale e l’essere pop ovvero popolari cioè arrivare a più persone possibili. Cerchiamo sempre di non prenderci troppo sul serio e quindi vogliamo che il pezzo sia in un certo qual modo divertente arricchendolo poi con una performance. Per quanto riguarda la seconda domanda proviamo a navigare a vista, divertendoci. Questa volta abbiamo anche fatto delle magie con il nostro amico Luca Lombardo».
Come mai il vostro album è diviso in 5 EP?
SS: «Abbiamo preferito questa volta lavorare non in verticale ma in orizzontale».
Quali sono le buone maniere a cui dire di no adesso?
SS: «Il problema risiede nella monocultura e nella mediocrità. Non c’è un solo modo per amare, un solo modo per cantare, un solo modo per fare ogni cosa. I moralismi, le cose che fintamente non possiamo dire ci fanno stare nella mediocrità. Pensiamo comunque che la gentilezza sia fondamentale. Non possiamo spiegare cosa sono le buone maniere perché anche questo potrebbe essere una prevaricazione».
Siete cambiati musicalmente parlando?
SS: «Siamo maturati e forse anche invecchiati, come tutti. Siamo meno impauriti e sicuramente la nostra crescita non è passata dalla sola musica. Il messaggio è forte perché dobbiamo superare contraddizioni e rispondere alle solite domande tipo: cosa vuoi, dove vai, chi sei. Possiamo dire che il successo è diventato il sesto componente della band ed è lui che stravolge gli equilibri e bisogna saperlo gestire».
Le vostre sono esibizioni mai scontate, chi è il regista?
Lodo: «Io mi occupo della messa in scena. Facciamo prima a chi la spara più grossa e poi facciamo un lavoro di ricerca. Questa volta siamo stati anche aiutati da Luca Lombardo. Siamo 5 persone che interagiscono bene tra loro».
Il 28 gennaio Lo Stato Sociale ha pubblicato l’EP Bebo, seguito da Checco, Carota, Lodo e Albi per un totale di 5 EP, uno per ogni membro del gruppo a scadenza settimanale. Gli EP vengono raccolti in un album intitolato Attentato alla musica italiana in uscita il 5 marzo prossimo.
Disponibile su Youtube anche il videoclip di Combat Pop, un’esplosione di immagini vivide e in technicolor in pieno stile Lo Stato Sociale, per la regia di Marco Santi.