Il maestro Peter Brook ha presentato al pubblico napoletano, in prima mondiale, lo spettacolo «Lo spopolatore» di Samuel Beckett interpretato da Miriam Goldschmidt. L’arrivo di Brook a Napoli è sempre accompagnato da grandi aspettative: il più grande maestro del teatro contemporaneo, le sue lezioni, le sue rivoluzioni nel teatro. Anche questa volta, intorno al lavoro beckettiano, si sono raccolti addetti ai lavori, curiosi, ma il maestro ha deluso le tante aspettative.
Il testo rappresenta senza dubbio uno dei vertici della produzione in prosa di Samuel Beckett. Vi si trovano molte caratteristiche comuni ad altre sue opere narrative.
Il luogo immaginato da Beckett è un cilindro di 50 metri di circonferenza e di 16 metri di altezza internamente rivestito di un materiale simile a gomma dura. Lungo la metà superiore della parete circolare si aprono approssimativamente venti nicchie in cui cercano di rifugiarsi i circa duecento esseri che popolano il luogo. Alcune nicchie sono collegate tra loro da gallerie. Gli esseri sono di entrambi i sessi e di tutte le età. Gli unici oggetti che hanno a disposizione sono delle vecchie scale a pioli che gli esseri usano per cercare di raggiungere le nicchie. Spesso staccano i pioli dalle scale e li usano per colpirsi.
Il testo originario di Beckett era in tedesco, Brook durante le prove ha deciso di presentarlo in francese.
Fin qui il testo di Beckett; Brook per la sua messa in scena ha lavorato anche per trenta giorni a Napoli nella forma di teatro residenza come avviene spesso per il Napoli Teatro Festival Italia. Pur, comprendendo la sua visione del teatro: dare pochi segni e lasciare tutto il resto alla immaginazione perché il teatro è suggestione, quello a cui abbiamo assistito è una attrice (conosciuta per la sua capacità e bravura) su un palco che legge un copione di Beckett. La Goldschmidt sembrava incapace di tenere il filo della lettura sul copione, forse un problema legato alla lingua francese, ma la cosa più deludente è stata la quasi totale assenza di idee registiche. Ora, noi siamo abituati ad opere di Brook ben diverse da queste e, francamente, non basta dire che qualsiasi risposta nel pubblico o reazione susciti lo spettacolo nello spettatore va bene. In questo caso più che uno risposta lo spettacolo fa nascere una domanda: perché un grande maestro deve portare a Napoli un lavoro così mediocre quando tanti talenti napoletani aspettano solo che qualcuno gli dia una possibilità per esprimersi?
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