Rimasto, tristemente e senza ragione, privo di qualunque tipo di premio all’ultimo Festival di Cannes, il nuovo film di Matteo Garrone – Il Racconto dei Racconti – si ispira liberamente alla raccolta di 50 fiabe in lingua napoletana scritte da Giambattista Basile “Lo cunto de li cunti“. L’opera fu pubblicata dopo la morte dell’autore, tra il 1634 e 1636 e s’intitola, appunto, Lo cunto de li cunti ovvero lo trattamento de peccerille, anche conosciuta come Pentamerone (cinque giornate). Questa antologia è considerata, per il suo genere, la più antica d’Europa anticipando di gran lunga quella dei fratelli Grimm ed il loro stile dark e medievale.
Benedetto Croce diceva: «L’Italia possiede nel Cunto de li Cunti o Pentamerone del Basile il più antico, il più ricco e il più artistico fra tutti i libri di fiabe popolari; com’è giudizio concorde dei critici stranieri conoscitori di questa materia, e, per primo, di Iacopo Grimm, colui che, insieme col fratello Guglielmo, donò alla Germania la raccolta dei Kinder und Hausmärchen. Eppure l’Italia è come se non possedesse quel libro, perché, scritto in un antico e non facile dialetto, è noto solo di titolo, e quasi nessuno più lo legge».
Il libro, in effetti, è ancora poco conosciuto ma non per Garrone e i suoi sceneggiatori che ne hanno fatto una scrematura scegliendo tre fiabe e legandole tra loro da un filo che ne arricchisce trama e contenuti. Ognuna di queste storie ha una figura femminile, di diversa età, che si affanna in mille peripezie per crescere e diventare adulta (la ragazzina sognatrice in cerca dell’amore con un padre egoista e scellerato nel racconto de La Pulce), per avere un figlio a tutti i costi (la madre gelosa che passa sopra a tutto e a tutti pur di avere un figlio e tenerlo legato a lei in La Regina) e per ritrovare la gioventù (una coppia di ingenue vecchiette il cui racconto, al limite dell’horror, anticipa la moderna ossessione per la chirurgia estetica “mostruosa” – Le due vecchie). Lo stile è realistico permettendo allo spettatore di identificarsi e seguire da protagonista lo svilupparsi delle vicende.
Il cast è stupendo e internazionale con nomi di grande impatto come: Salma Hayek, Vincent Cassel, Toby Jones, Shirley Henderson, Hayley Carmichael, Bebe Cave, Stacy Martin, Christian Lees, Jonah Lees, Guillaume Delaunay e John C. Reilly. Forse i meno convincenti risultano proprio gli unici due italiani Alba Rohrwacher (forse più adatta ad altri ruoli) e Massimo Ceccherini.
Il film è indubbiamente e oggettivamente bello con i costumi stupendi di Massimo Cantini Parrini e location, appunto ‘da favola’, con scene girate tra Napoli, Toscana, Lazio, Puglia, Sicilia e Abruzzo.
Sembra davvero assurdo che né Garrone né gli altri due favoriti (Moretti e Sorrentino) abbiano stravinto l’impossibile in questa 68a edizione del Festival di Cannes che, a questo punto, cancellerò definitivamente dalla mia memoria. Dal 67 passerò direttamente al 69.
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