Quando l’emozione trova le parole, diventa sublime. Ed è proprio il caso di dirlo, se pensiamo all’ incontro di presentazione dell’ultimo libro di Chiara Gamberale, L’isola dell’abbandono. Un momento di sintesi e di interscambio, tenutosi presso la Feltrinelli di Via Santa Caterina a Chiaia (Napoli). Protagoniste del tempo trascorso in compagnia dell’amata scrittrice, le emozioni. Chiara Gamberale ha incontrato un pubblico eccitato, esprimendo visibilmente una felice commozione. Ad accompagnarla, la giovane e talentuosa Valentina Farinaccio. Un dialogo tra le due scrittrici, incisivo e dall’appassionante coinvolgimento. L’isola dell’abbandono è un romanzo di completezza, in cui la scrittrice fa spazio ad una descrizione, per cui l’abbandono può essere una ricompensa. «Un romanzo sull’abbandono, che è dedicato a chi resta, perché restare è faticoso». È così che Chiara Gamberale, imprime l’humus del suo, L’Isola dell’abbandono. Una caratterialità complessa, in cui il lettore incontra un uomo che nasce, uno che muore. Un amore, un abbandono. Una malattia mentale. «Ho bisogno di una sfida, quando parto con la scrittura di un romanzo». Così prosegue la scrittrice, che con il suo ultimo lavoro editoriale, sorprende le nostre emozioni. Un saliscendi di fiato sospeso, respiri romantici, il desiderio di rincorrere l’ultima pagina. In un asse parallelo, la speranza che non ne terminiamo la lettura. Perché L’isola dell’abbandono è come un caro amico, un amore, un affetto speciale, da cui non riusciamo a separarci. La paura dell’abbandono, ma che invece la scrittrice vuole orientare, verso il percorso più faticoso, per farci raggiungere inesplorate mete. Soprattutto per farci assaporare il gusto del cambiamento. «Soffre tutto quello che cambia, anche per farsi migliore». Con una ripresa pasoliniana, la Gamberale ci fa battere il cuore, immergendoci in un io profondo che diventa noi. L’isola dell’abbandono difatti, è un libro che sviscera una specie di rito di passaggio, proprio quello dall’io al noi. La scrittrice lo fa con la descrizione della nascita di un bambino, che sconvolgerà la pianificazione della vita della protagonista. Un punto di partenza ed insieme di arrivo, per cui saranno cavalcate onde impennanti. L’intreccio vissuto nel rapporto faticoso, che la protagonista vive con un uomo rinchiuso in un labirinto. Un narcisista che vuole gestirla. Poi finalmente l’incontro con un uomo nuovo, poetico, con il quale potrà scoprire la semplicità. Motivo ispiratore dell’Isola dell’abbandono, il mito di Teseo ed Arianna. Da qui la scelta del titolo, e la descrizione dell’esternazione proverbiale, piantare in asso. Per ricordare il principio dell’isola greca Naxos, dove Arianna fu abbandonata da Teseo. Il contenuto dell’abbandono viene srotolato dalla scrittrice, così come il mito del filo, in chiave geniale. La sorpresa con la seconda versione del mito, quella di Ovidio, per cui Arianna, elaborerà l’abbandono nell’incontro con Dioniso. Chiara Gamberale ci regala una lettura sulle nostre trasformazioni. «Un po’ come quando la vita ci dice che tocca a noi». Ed è per questo che dobbiamo restare nel nostro dolore, quando veniamo abbandonati. C’è bisogno che esso venga consumato. Perché restare vuol dire, restare nella propria pelle. E se lo sapessimo, allora non avremmo bisogno di sentirlo il dolore, così come l’amore. «Se sapessimo di che cosa abbiamo bisogno, non avremmo bisogno dell’amore».
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