È uno dei volti più amati di Un posto al Sole, la soap di successo in onda su Rai 3, Riccardo Polizzy Carbonelli, l’attore che da 20 anni veste i panni dell’imprenditore Roberto Ferri. Nel corso della sua carriera si è diviso magistralmente tra cinema, teatro e televisione. E dopo aver interpretato a teatro ruoli impegnativi nelle opere di Luigi Pirandello, William Shakespeare, Anton Cechov, Oscar Wilde, Riccardo Polizzy Carbonelli attende con trepidazione di ritornare su un palco.
Interpreta da 20 anni Roberto Ferri in Un Posto al Sole. Cosa rappresenta per la sua carriera vestire i panni di uno dei personaggi protagonisti della soap?
Fin da piccolo mi sono nutrito con i grandi sceneggiati televisivi e con il teatro in tv trasmessi dalla RAI (oltre che andare a teatro e amare il cinema). Gli sceneggiati erano popolati da grandi attori, quasi tutti di provenienza teatrale. Per me, quindi, fare l’attore in televisione significava acquisire quella “giusta” popolarità utile a portare più persone possibili a teatro. Perciò, lavorare come protagonista in una soap rappresenta, oltre che una grande opportunità, sicuramente un punto di arrivo da cui ripartire per fare sempre meglio, e anche l’occasione di potersi cimentare giornalmente con il proprio lavoro (cosa della quale mi sento fortunato), in più la possibilità, appunto, di essere visto ed arrivare a più persone, ogni sera, per cinque giorni a settimana. È grandioso!
Quali sono i pro e i contro nell’interpretare un personaggio per tanti anni?
I contro sono i naturali pregiudizi che, soprattutto i miei colleghi, nei primi cinque anni, hanno dovuto scardinare, cioè che l’attore di soap è meno preciso, approfondisce meno, è approssimativo, cioè in poche parole meno bravo! Tra l’altro si può correre il rischio di essere etichettati solo ed esclusivamente con “quel personaggio”, ma se si pensa che molti grandi attori, in serie straniere, abbiano subito lo stesso destino, ci si può tranquillamente stare! Tra i pro, invece, almeno per me, c’è la sfida che è sempre alta. L’insidia di potersi rilassare ed essere troppo disinvolti, tanto da poter sbagliare, è sempre alle porte. Questo rende ai miei occhi la soap, molto vicina al teatro nella ripetizione di alcune scene che si somigliano tra loro e che se ci si accorge di non averle centrate bene, c’è sempre un’altra scena per potersi correggere.
Quali saranno le evoluzioni del personaggio in futuro?
Lavorerò molto su due fronti: cantieri e chartering. Non mancheranno colpi di scena dovuti a questioni di salute relative a persone di famiglia; non mancheranno le adorabili schermaglie tra Roberto e Marina e si potranno ripetere insolite alleanze lavorative …piacevolissime!
Sulla scena ha mai suggerito agli autori un cambio di battuta?
Può accadere ed è accaduto! Soprattutto in questo periodo molto complesso in cui ognuno di noi è chiamato a fare uno sforzo in più proprio a causa delle misure anti Covid. Dobbiamo stare attenti a molte cose, soprattutto a rispettare i protocolli di sicurezza. In ogni caso siamo una squadra che lavora per raggiungere un obiettivo comune e qualunque dubbio, perplessità, variazione venga sollevata o proposta è rivolta alla coerenza della trama.
Come sono i rapporti tra gli altri attori del cast?
I rapporti tra noi sono molto sereni. C’è molta educazione e rispetto dell’altro. Laddove non c’è una grande simpatia prevale sempre il buon senso e l’obiettivo che ci accomuna.
Un Posto al Sole è l’unica soap italiana che va in onda da 25 anni. Secondo lei, qual è il segreto del successo di questa soap?
L’ho sempre detto e mi ripeto: Napoli! Ingrediente principale, scenografia naturale, città generosa così come i suoi abitanti. Il Format che, nel tempo, è variato, adattandosi al luogo ed ai personaggi, tanto da diventare un “Format” a sé che, a sua volta, è stato esportato. Lo spirito di gruppo che unisce tutti i reparti: quelli Rai, con i suoi dipendenti qualificati e appassionati e quelli della Fremantle, non da meno quanto a passione e dedizione. Queste sono le nostre impalcature: le persone!
Nel 1987 ha esordito al cinema nel film “La visione del sabba”, per la regia di Marco Bellocchio. Negli anni sono seguiti altri film. La rivedremo al cinema?
Un’esperienza indelebile, in tutti i sensi. Scritturato come attore alla mia prima esperienza, ero emozionatissimo. Sono sempre alla ricerca di copioni e coinvolgimenti lavorativi: tanto nel cinema quanto nel teatro.
Ha partecipato al docufilm “Lo scudo dell’altro”, la storia di 70 ragazzi ebrei salvati dai Salesiani. Cosa le ha lasciato quell’esperienza?
Immedesimarsi in un personaggio della milizia fascista a caccia di ebrei tenuti nascosti in un collegio dei Salesiani è stato interessante ed emozionante. Adoro indossare le divise. In quel caso mi venne in aiuto il grande repertorio di costumi della famosa sartoria Di Domenico di Napoli. Come al solito, in economia, siamo riusciti a vestire in modo credibile un personaggio del 1943. Recitare bene un personaggio negativo, significa rendere credibile la storia, il contesto, la recitazione degli altri attori ed il lavoro di tutti. Spero di esserci riuscito.
Nel corso della carriera teatrale quale dei personaggi interpretati le ha regalato maggiori gratificazioni?
Sono legato a molti personaggi che hanno fatto parte anche delle diverse stagioni della mia vita. “Petruccio” ne “La Bisbetica domata”, di William Shakespeare, è un personaggio che ha una grande vitalità ed energia, che ho interpretato in passato ma che mi piacerebbe ancora affrontare. Sono legato al personaggio di “Rico Verri” in “Questa sera si recita a soggetto” di Luigi Pirandello, perché è lo spettacolo nel quale mi fidanzai con la mia attuale moglie, Marina Lorenzi. “Astrov” nello “Zio Vania” di Anton Checov e molti altri. Diciamo che, in assoluto, il personaggio che mi piace di più è quello che posso interpretare lavorando insieme a mia moglie.
Quando la rivedremo di nuovo in palcoscenico?
Spero prestissimo! Stiamo verificando la fattibilità di alcuni progetti, fermo restando sempre che, purtroppo, ogni intenzione deve confrontarsi con la situazione “Covid”.