«L’eloquenza in Sicilia è dei morti. Oppure di chi si reputa immortale. Ma in ogni caso stravince il segreto»
Forse non tutti sanno che il noto attore e regista Luigi Lo Cascio, premiato pochi giorni fa per la seconda volta con il David di Donatello come migliore attore non protagonista per il film Il traditore del regista Marco Bellocchio, è anche un valente scrittore. La sua prima prova narrativa dal titolo Ogni ricordo un fiore, pubblicato nel 2018 dalla casa Editrice Feltrinelli per la collana Narratori, ha ricevuto consensi di pubblico e critica.
Il protagonista della storia è Paride Bruno che durante un viaggio in treno da Palermo a Roma, di ritorno dal funerale del padre di un suo amico, decide di rileggere i suoi duecentoventi tentativi di romanzo, tutti interrotti al primo punto fermo. Egli stesso si definisce così: «Avrei voluto tanto poter dire: mi chiamo Paride Bruno e faccio lo scrittore. Ma fatti e risultati non hanno mai deposto a mio favore». E ancora: «Sono un tipico esempio di come agisca in maniera diffusa lo spirito incerto e schizoide dei tempi, per cui, mentre sto appena vivendo un’esperienza, mi sento accerchiato da tutte le cose che in quello stesso istante sto perdendo. E migro. Trasmigro».
Paride Bruno ha cercato invano di sviluppare almeno uno dei numerosi incipit ma nessuno di questi lo ha pienamente soddisfatto e convinto tanto dal realizzare un’opera letteraria compiuta. Alcuni di questi inizi sono brevissimi, quasi degli epigrammi o degli aforismi, altri, sebbene più complessi, sono ugualmente abortiti sul nascere forse perché mancanti di sviluppi e di conclusioni plausibili. Eppure, ciascuna di queste tessere di un mosaico incompiuto, così frastagliate e variegate offrono al lettore spunti per riflettere su temi universali quali la morte e la vita, il rapporto genitori-figli, il senso religioso e metafisico dell’esistenza, il trascorrere inesorabile del tempo. Esse inoltre finiscono per delineare con maggiore precisione la figura del protagonista nel quale ognuno di noi può identificarsi perché la vita è sempre qualcosa di incompiuto: uno “svolazzo di pagine sparse”.
Paride Bruno non viaggia da solo sul treno (anche qui il viaggio come metafora della vita stessa). Incontra un ragazzino dallo sguardo intelligente beffeggiato dalla madre per il troppo attaccamento allo studio, una ragazza spaventata che ha bisogno di compagnia, una coppia di coniugi siciliani fastidiosissima che litiga anche con lui mentre completa uno schema di parole crociate. E tutto intorno il mare dai colori cangianti, bello e profondo dello Stretto che evoca mostri marini e miti antichi, il paesaggio che muta ad ogni sguardo dal finestrino, la lentezza e lo stridore di ferraglia del treno, su binari lunghi e paralleli.
Il linguaggio alto e musicale, l’eco delle numerose letture fatte dall’autore che sottendono alla stesura del libro (Calvino-Gadda-Bufalino-Sciascia), la frammentarietà stessa degli incipit non fanno di Ogni ricordo un fiore un testo di facile lettura. Tuttavia l’autore riesce a sollecitare la riflessione e l’immaginazione del lettore nel ri-costruire il mondo interiore del protagonista e lo fa con rara perizia, cosa non facile da trovare negli autori contemporanei. Inoltre viene fuori tutta la sicilianità di Lo Cascio nel piegarsi al destino, nel guardare con certo pessimismo le vicende umane, l’essere schivo e di poche parole.
Si comprende da subito che Luigi Lo Cascio è uno scrittore colto e raffinato nella scelta dei vocaboli, nelle letture approfondite e meditate, nella ricerca di uno stile personale.
Per invogliarvi alla lettura, trascriviamo qualche pagina
“La vita è sempre più giovane e perciò più forte del dolore perché è il dolore che l’ha messa al mondo” (pag.9)
“Un anno dopo tornò in sé senza trovarsi” (pag.23)
“Non c’è tempo in questa notte di far spazio a tanto pianto” (pag.62)
“La vita è breve ma per fortuna, in qualche caso, obesa” (pag. 202)
Luigi Lo Cascio nasce a Palermo nel 1967. Diplomatosi all’Accademia di Arte Drammatica Silvio D’Amico nel 1992, comincia subito un’eccellente carriera teatrale sotto la guida di un regista d’eccezione Luca Ronconi vincendo il premio UBU come migliore attore protagonista ne Il silenzio dei comunisti. Nel 2000 vince il suo primo David di Donatello per il ruolo di Peppino Impastato nel film cult Cento passi di Marco Tullio Giordana e la Coppa Volpi alla 58esima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia per Luce dei miei occhi di Giuseppe Piccioni. Nel 2012 esordisce come regista del film La città ideale riservandosi il ruolo del protagonista, Michele Grassadonia, un uomo che crede nell’impegno civico e nella solidarietà sociale. Il suo secondo David di Donatello lo ha dedicato a tutti i lavoratori dello spettacolo che in questo momento sono fermi a causa della pandemia da coronavirus.