«Il Cantastorie sembrava essere perfettamente consapevole che una buona storia non ha né confini geografici né biologici, ma arriva alle orecchie di tutti quelli che la sanno ascoltare».
«Qualsiasi cosa facciamo o diventiamo, siamo tutti personaggi intrappolati nella stessa trama. Non vi si può scampare, se non arrivando all’ultima pagina; allora ciascuno avrà il finale che si merita».
La giovanissima Francesca Castaldo ha pubblicato per la Book Sprint Edizioni il suo primo romanzo dal titolo L’ultima pagina. Il libro, un giallo di ben 472 pagine, si snoda in tre parti: le storie, le voci, le parole.
All’inizio di ciascun capitolo, fatta eccezione per la terza parte, il lettore trova scritti, con caratteri tipografici diversi, i pensieri e le riflessioni del protagonista del libro: un uomo dal cappotto marrone. Egli va alla ricerca di storie a cui manca un finale perfetto perché vissute da individui fragili nel loro anonimato. E l’esistenza stessa di quest’uomo misterioso si confonde con numerosi casi di suicidio, avvenuti in diverse città europee. Un dettaglio che non sfugge ai due co-protagonisti del libro, i giovani Stefano e Sofia, è quello che tutti i suicidi portano in tasca l’ultima pagina strappata da un celebre romanzo, ogni volta diverso.
Cèlia ha nelle tasche l’ultima pagina di Ivan Il’ic di Leone Tolstoj, Jimena quella de Il conte di Montecristo di Alessandro Dumas, Flavian Dalca quella di Moby Dick di Herman Melville, Andrew Lloid Lolita di Vladimir Nabokov, Theodor Kaczmareck Il giro del mondo in 80 giorni di Giulio Verne, Maximilian Keller Il grande Gatsby di Scott Fitzgerald, Samuele Alberti del Frankenstein di Mary Shelley, Doireann Reilly Delitto e castigo di Fedor Dostoevski, Gemma di Madame Bovary di Gustave Flaubert. E lo stesso uomo dal cappotto marrone assume le identità di alcuni personaggi letterari quali Leopold Bloom dell’Ulisse di James Joyce o quello di Abarham Van Helsing del Dracula di Bram Stoker o quello ancora di Mattia Pascal di Luigi Pirandello e di Harry Holler de Il lupo nella steppa di Hermann Hesse.
Il citare a proposito questi autori dimostra la profonda conoscenza della letteratura da parte della giovane scrittrice che possiede già uno stile suo pregevole nell’imbastire trama, descrizione psicologica dei personaggi e dei luoghi i cui si svolgono le vicende. Inoltre l’autrice ha fatto ricerche chimiche e farmacologiche in quanto i presunti suicidi si sono avvelenati con il tallio i cui sali sono solubili ed insapori e provocano una morte quasi indolore dopo alcuni giorni dall’assunzione. Infatti il tallio, insieme all’arsenico, è chiamato veleno dell’avvelenatore o polvere dell’eredità e può essere contrastato dal Blu di Prussia, un colorante per tessuti.
Il giallo è ben costruito ed articolato e si legge tutto d’un fiato per svelare l’identità dell’uomo dal cappotto marrone e non solo perché il libro è ben scritto attraverso una scelta accurata dei termini e un’attenzione costante ai particolari senza scadere nella pignoleria ma fornendo in ogni capitolo un tassello per comprendere al meglio le situazioni e gli stati d’animo dei molti personaggi che vi compaiono.
Il lettore intraprende volentieri con Stefano e Sofia il viaggio che li porta in diverse città europee per scoprire l’identità dell’uomo dal cappotto marrone. Il finale, per niente prevedibile o scontato, sorprende come in tutti i gialli che si rispettino per il fascino degli enigmi, le trame intrecciate, i colpi di scena e la suspense.
Francesca Castaldo ci parla del processo creativo della scrittura a pag. 257-258. «Le parole sono difficili da trattenere, una volta che iniziano a venir fuori; si incanalano una dopo l’altra, lettera per lettera, fino a che non viene a formarsi l’ossatura primigenia di un un’idea, di un pensiero, che graffia le pareti della cavità toracica chiedendo disperatamente di uscire e divenire materia consistente. Non c’è nulla che abbia più densità di un muro di parole, pesanti come mattoni da accatastare per costruire l’immagine di ciò che non esiste, se non come potenzialità. Finchè poi non diviene parola scritta». E noi lettori siamo ben consapevoli di questo processo creativo che ha determinato pagine belle e di piacevole lettura per la loro fluidità.
Noi di Mydreams abbiamo pensato di intervistare Francesca Castaldo per conoscerla meglio e saperne di più sul libro.
Quando e come hai sentito prepotente l’esigenza di dedicarti, oltre agli studi in giurisprudenza, alla scrittura?
«Durante il lockdown, quando non avevo la possibilità di distrarmi dallo studio uscendo di casa. Ho provato quindi a impegnare le ore che mi rimanevano libere con un’attività che mi permettesse di trasportami altrove con l’immaginazione».
Quali autori italiani o stranieri hanno segnato le tappe del tuo interesse verso la letteratura?
«Tra gli autori classici apprezzo molto i romanzi di Virginia Woolf e il modo di dipingere i personaggi tipico di Victor Hugo, ma tra i contemporanei amo molto la letteratura sudamericana, come Allende o Garcia Marquez, di cui apprezzo molto gli elementi di realismo magico e le saghe familiari».
Potresti segnalare ai tuoi lettori, che ti auguriamo numerosissimi, almeno tre libri che reputi importanti per la tua formazione letteraria? E perché?
«La casa degli spiriti, L’ombra del vento, La Storia».
Il romanzo “L’ultima pagina” segna il tuo esordio. Ce ne puoi raccontare brevemente la genesi?
«Ho sempre trovato piacere nel raccontare storie, ma prima di poterne scrivere una mia volevo aspettare di trovare l’idea giusta. Alla lunga, mi sono stancata di aspettare e sono andata a cercarla da sola, usando come ispirazione una passeggiata per le strade della mia città. Proprio osservando i passanti e la gente intorno a me, ho creato l’immagine di un personaggio che va in giro alla ricerca di storie, ascoltando i racconti degli sconosciuti che si trovano sulla sua strada. Da questo concetto poi ho sviluppato il resto del romanzo, che comunque mantiene sempre come centro focale l’idea delle storie che si celano dietro ogni passante».
Sei partita nella scrittura da un personaggio o da una situazione ?
«Come ho descritto prima, l’origine della trama è stata la situazione personale in cui mi sono avventurata, ossia rendermi conto che la mia ricerca di una storia poteva essere il riflesso dell’operato dell’uomo col cappotto marrone, che non a caso apre il romanzo così come ogni capitolo delle prime due parti».
Quale parte del libro, capitolo o personaggio ha necessitato di un’attenzione maggiore?
«La fine della seconda parte, poiché ho dovuto trovare un modo per allacciare le esperienze dei due personaggi principali con le vicende dell’uomo col cappotto marrone, calcando sull’impatto che quest’ultimo ha avuto, direttamente o indirettamente, sulle loro vite».
Ciascun capitolo si apre con dei pensieri dell’uomo misterioso dal cappotto marrone. Quale funzione letteraria esplica questo personaggio che, probabilmente è il protagonista del romanzo?
«La funzione delle sezioni in cui viene descritto l’operato dell’uomo col cappotto marrone hanno lo scopo sia di illustrare al lettore il suo modus operandi, le motivazioni che si celano dietro le sue scelte, ma anche quello di aiutare a comprendere quale è il nucleo del racconto, osservando tutti i personaggi attraverso gli occhi dell’uomo col cappotto marrone così da vederli come li vede lui: ossia come protagonisti dei romanzi che ne rispecchiano la vita».
Cosa pensi che affascinerà maggiormente i tuoi lettori?
«Forse l’esplorazione del concetto per cui la vita di ciascuno può essere ritrovata nelle pagine di un racconto scritto da altri, che sarebbe un po’ come dire che la vita di tutti in fondo può essere arte, non importa quanto ne possa apparire banale all’esterno. L’idea insomma che siamo tutti personaggi di una storia, non importa se comparse o protagonisti».
Sicuramente hai la stoffa di una scrittrice navigata nonostante la giovane età. Se avessi la possibilità di riscrivere L’ultima pagina, cambieresti qualcosa ? Sei pienamente soddisfatta di ciò che hai scritto?
«Penso che darei più spazio all’interiorità dei personaggi, concentrandomi su una caratterizzazione più complessa che possa dar loro maggior originalità».
Sai che in Italia, purtroppo, si legge poco. Come andrebbe incentivato, secondo te, il piacere della lettura soprattutto da parte della famiglia e della scuola?
«Sicuramente incentivare la lettura attraverso mezzi più moderni che la rendano accessibile a tutti, come gli ebook o gli audiolibri. Nell’ambito scolastico sarebbe importante anche introdurre dei titoli che siano più vicini alla realtà dei ragazzi e che trattino di temi di loro interesse, quando invece molto spesso vengono scelti romanzi unicamente in forza dell’importanza rivestita dall’autore. Credo che la strategia migliore per avvicinare i ragazzi alla lettura sia far passare in secondo piano gli scopi educativi e dare maggior spazio a letture di piacere che possano davvero far nascere la passione per la lettura».
Come pensi di promuovere L’ultima pagina? Prevedi incontri con i lettori?
«Se me ne sarà data la possibilità, mi dedicherò a delle presentazioni del libro svolte in libreria».
Quali sono i tuoi progetti futuri? Cosa bolle in pentola?
«Mi farebbe di sicuro piacere provare a scrivere una nuova storia, così da poter testare la rinnovata consapevolezza delle mie abilità e dei miei limiti e mettere alla prova le abilità che sento di aver guadagnato con questa prima prova di scrittura».