La “Fondazione Il Canto di Virgilio”, sta da qualche tempo incidendo notevolmente anche nel settore specifico della musica antica.
Prova ne è il concerto di sabato 16 novembre, presso la Domus Ars di via Santa Chiara, nell’ambito della rassegna “Tutta un’altra musica”, diretta artisticamente da Gianni Mola, che ha visto protagonista l’Ensemble 33, formazione specializzata nella riproposta di musica partenopea dei secoli più antichi dei quali sia rimasta consistente traccia scritta, ossia il XVI e il XVII secolo.
L’Ensemble 33, formato da un terzetto vocale (Stefania Parisi, Sergio Majocchi, Antonio Parisi) e da un quartetto strumentale (Guido Pagliano alla viola da gamba e al flauto dolce, Raffaella Parrocchia al violino, Gabriele Rosco al liuto e alla chitarra barocca, Gabriele Pagliano al calascione),
ha eseguito una bella e intelligente scaletta costituita in buona parte da villanelle cinquecentesche per lo più anonime, alternate ad altri brani strumentali di Andrea Falconieri, che fu uno dei maggiori compositori locali vissuti a cavallo dei due secoli principali del lungo viceregno spagnolo.
Si è trattato, con questa “Suave melodia”, di un suggestivo viaggio nelle note antiche che un tempo risuonavano in questi stessi luoghi dell’antico e meraviglioso centro storico: viaggio arricchito da brevi ma esatte narrazioni letterarie a fare da cornice e da introduzione ai brani stessi (da Giovan Battista Basile, Giulio Cesare Cortese e Felippo Sgruttendio),
ed anche dall’innesto di altri pezzi appena più eterogenei rispetto al nucleo tematico del concerto, ovverossia all’inizio un brano strumentale di Antonio Valente, organista napoletano la cui biografia ha ancora contorni lacunosi, e alla fine la famosa Tarantella “Per la nascita del Verbo” (1670) di Cristoforo Caresana, veneziano di nascita, ma maestro di cappella napoletano nel periodo pre-barocco.
Particolarmente indovinata ci è parsa la selezione di villanelle tratte dalla raccolta più antica del genere che si conosca, ovverossia il “Primo libro di Canzoni villanesche alla napolitana”, stampato a Napoli da un tedesco, Johannes de Colonia, nel 1537:
impresa tipografica dall’origine piuttosto misteriosa (come misteriosa è la biografia del suo artefice tedesco), ma possibilmente legata al lungo clima di festeggiamenti per l’ingresso dell’imperatore Carlo V a Napoli, avvenuto due anni prima.
In tale raccolta, brani come “Madonna tu mi fai lo scurrucciato”, “O vecchia, tu che guardi”, “Tu sai che la cornacchia ha quest’usanza”, rilevano il calibratissimo dosaggio di dialetto e di italiano dei testi, mentre la convenzionale tematica amorosa si piega spesso e volentieri in uno senso realistico e caricaturale, con ampio ricorso ad allusioni e ad onomatopee.
E’ tuttavia l’intrinseca qualità musicale e precisamente melodica di queste canzoni a catturare l’attenzione degli ascoltatori, ora come allora, così come furono certamente queste deliziose e particolarissime “arie napoletane” ad attirare l’interesse dei compositori stranieri che parimenti si cimentarono nel genere della villanella:
in primis Adrian Willaert (1490-1562), fiammingo d’origine ma veneziano d’adozione e lì fondatore della famosa scuola veneziana, che molto contribuì al rilancio internazionale della villanella stessa, e del quale si è ascoltato il brano “O bene mio famm’uno favore”.
Climax espressivo del concerto, a nostro parere, è stato proprio “La suave melodia e sua corrente” di Andrea Falconieri, giustamente brano eponimo della serata ed anche pezzo ritenuto come un capolavoro espressivo, pur nella sua asciutta semplicità, di metà Seicento.
Sia l’esecuzione dei brani vocali che quella dei brani strumentali è stata corretta e senza sbavature di sorta.
Le villanelle sono state quasi sempre eseguite solisticamente, ed il pubblico ha avuto così modo di apprezzare le qualità caratteristiche dei singoli interpreti:
Majocchi, che ha una bella voce calda, esegue con piglio decisamente teatrale che per certi aspetti ricorda la lezione desimoniana;
Stefania Parisi ha invece un’impostazione più lirica, ma non inadeguata al repertorio; Antonio Parisi ha un’eccellente dizione ed un bel timbro vocale, nitido e sonoro, qualità che ce lo hanno fatto apparire particolarmente convincente.
Napoli, dunque, in questi giorni è ben altro che cibo dato in pasto a turisti frettolosi, quanto piuttosto un gran fiorire di musica, teatro ed eventi culturali, il che è bello e incoraggiante in tempi così difficili come quelli che viviamo.
Dietro ciò vi è naturalmente il lavoro serio e convinto di soggetti privati, enti ed associazioni che da anni operano meritoriamente nel nostro territorio come dimostra questo concerto dell’Ensemble 33.