31 agosto 2016 al Pan Palazzo delle Arti di Napoli all’interno della “Mostra Rock” i Molotov d’Irpinia presentano il loro terzo album dal titolo “Padrone e sotto”. Che sorpresa questi ragazzi: forti, irruenti, realisti e, sopra ogni cosa, bravi. Si esibiscono in un live talmente acustico che se non sei bravo si s ente: due chitarre e due voci per loro che sono sette e suonano tanti strumenti. Sia ben inteso sono stata una sorpresa per me perché loro sono conosciuti e tanto aprono, infatti, i live di personaggi del calibro dei 99 Posse e fanno centinaia di concerti.
In un pomeriggio d’estate, piovoso, noioso, il loro sound mi colpisce: “Amore nero”, il pezzo scelto come singolo prima dell’uscita dell’album, rianima e riscalda gli spettatori. Una canzone che ti cattura, un ritornello che ti entra in testa, un successo da 18000 visite su Youtube. Roba forte per un gruppo di ragazzi dall’aria sbarazzina e decisa ad un tempo. Dopo l’impressione iniziale mi soffermo sui testi: signori che liriche, tesi studiati dove l’amore , il vino, il disagio sociale trovato spazio. In particolare quelle tre righe finali di “Cella numero trentasette”: “reato commesso: essere nato” sono un pugno nello stomaco, che forza. I testi sono fondamentali in un album e i Molotov d’Irpinia lo sanno e si dedicano molto ad essi.
Le tradizioni, l’essere meridionale è un tema ricorrente, quasi un chiodo fisso: lo ripetono nel live, nel loro lavoro e trovano spazio anche per il loro dialetto.
Sono bravi questi ragazzi; se ne sono accorti tutti anche quelli di Fonoprint studios di Bologna che hanno mixato e masterizzato il disco. Lo pensano i tanti fan che lo seguono.
In quei brani così reali, così veri, si racconta di noi, si racconta “quello che le televisioni non dicono”.
Ma chi sono questi ragazzi?Lo abbiamo chiesto a loro, a Antonio Modano, Piero Buccella, Andrea Saldutti, Giovanni Famigli etti, Giuseppe Capobianco, Pietro Giusto e Franco Zarrella.
Come nascono i Molotov d’Irpinia?
«I Molotov d’Irpinia nascono tra i banchi del liceo, per gioco. Vivere in un paese di 800 abitanti, non lascia scelta una grande scelta: o impari la musica o impari a giocare a calcio. Noi abbiamo scelto la musica».
Quale è stata la vostra strategia d’azione per ottenere tanto successo sui social network?
«In realtà non abbiamo pianificato nessuna strategia social è solo successo. Sulla nostra pagina Facebook postiamo di tutto, dalle foto dei panorami, alle frasi delle canzoni. Otteniamo un notevole riscontro, perché chi ci segue si riconosce in quello che postiamo, o si lascia emozionare dai nostri stati. Cerchiamo di mettere un po’ di poesia in quello che facciamo. non abbiamo però una strategia precisa da seguire».
Ci raccontate la copertina del vostro album che è molto bella?
«L’album si intitola “Padrone e Sotto” che è il titolo di un noto gioco di carte alcolico. Ha una miriade di sfumature nelle sue regole di gioco ed in realtà la finalità del gioco stesso non è molto chiara: c’è chi lo gioca per ubriacarsi, chi per far ubriacare. Tra i giocatori si crea una sorta di tacito accordo che porta all’ esclusione di uno dei partecipanti dalla bevuta, favorendo il divertimento degli altri. La copertina ritrae noi 7 al tavolo, intenti a giocare e coalizzati nell’ esclusione di un ottavo giocatore, ritratto sul retro della copertina che è un burattino in giacca e cravatta manipolato da fili. Alla sua tristezza, si contrappone il nostro brio, e il nostro sguardo d’intesa».
Ascoltando i vostri album emerge una conoscenza profonda della musica ed un attenta e scrupolosa attenzione per i testi, come nasce un vostro brano?
«I nostri brani nascono dall’osservazione di ciò che ci circonda. Ogni album che scriviamo, è un diario dell’epoca storica che stiamo vivendo, degli eventi ai quali assistiamo, cerchiamo di riportare i dettagli che più ci colpiscono . Una volta scritto il testo e gli accordi del pezzo, iniziamo a lavorarci, provandolo; quando ci diverte, il pezzo è pronto per andare in studio dove può capitare che venga stravolto totalmente».
Siete attenti al sociale, penso a “Cella numero trentasette” o “Ami(t)anto”, ma nelle vostre liriche c’è l’amore, le donne, il vino quindi il mondo a tutto tondo v’ispira?
Si, non ci poniamo nessun limite circa le tematiche. Se qualche cosa ci colpisce, la trascriviamo in canzone vuoi che sia l’esperienza di un tour nelle case circondariali, vuoi che sia una storia d’amore finita male. In realtà però confezioniamo sempre un messaggio all’interno testo, testo che quindi non andrebbe preso alla lettera.
Quali sono gli equilibri tra di voi, vi raccontate un po’..
«Abbiamo iniziato a fare musica più di dieci anni fa anche se sono all’incirca tre anni che la passione si è trasformata in un impegno abbastanza serio. Siamo abituati a condividere tutto, siamo un gruppo, ci spostiamo nello stesso furgoncino, condividiamo gli stessi alberghi per dormire, a volte gli stessi letti. Siamo amici, cosa fondamentali, viviamo i mesi del tour sempre insieme. Avvertiamo poi a fine tour la necessità di rivivere brevemente ognuno i propri spazi, per poi ritrovarsi nuovamente, durante i mesi di prova e preparazione del nuovo tour».
Quali sono i vostri modelli?
«Il nostro principale modello è il divertirsi. Il modello “molotov d’Irpinia” è quello da seguire: un modello, un modo di fare anzi, che abbiamo sviluppato negli anni e che stiamo perfezionando concerto dopo concerto. Nutriamo una grandissima stima sicuramente, per di tutti gli artisti con i quali abbiamo collaborato negli anni, che sono parte integrante del nostro percorso».