Sabato 5 ottobre si è concluso al Pan il Premio Celeste. Sono stati decretati i vincitori di questa X edizione nelle quattro categorie: Pittura e Grafica; Fotografia e Grafica Digitale; Installazione, Scultura e Performance; Video e Animazione.
Le quaranta opere finaliste resteranno in mostra fino al 13 ottobre ad ingresso gratuito. Esclusa la sezione video da dimenticare; occorre, di corsa, rendere noto che c’è stata una Storia dell’Arte e che, in questa, c’è Nam June Paik e, a parte vari quadri che non si potrebbero appendere neanche nello sgabuzzino per quanto vergognosamente obsolete, occore segnalare 5 artisti, alcuni dei quali, però, non hanno vinto nulla. Elisa Maccioni con un interessante lavoro 1930-2013 realizzato utilizzando un intero album fotografico ritrovato in un mercatino. Ad ogni foto è appeso un filo, candido collegamento tra passato e presente. Fonte d’ispirazione: Camera Chiara, lo splendido libro di Roland Barthes che si interroga sul senso di un’immagine senza più memoria. Ping Li che con Nuove Sostanze sembra quasi un Rothko tridimensionale. Pietro Manzo e il suo quadro Full Space. Dei luoghi che visitiamo, cosa rimane nella nostra memoria? Secondo posto in Pittura e Grafica. Sebastian Contreras che con Senza Titolo n.51 ha raccolto 136 ricevute bancarie con i versi del diciasettesimo canto dell’Inferno di Dante che si svolge nel terzo girone del settimo cerchio dove ha dimora Gerione, simbolo della frode e dove sono puniti i violenti contro Dio, gli usurai, cioè tutti coloro che non traggono il loro guadagno né dal sudore né dall’ingegno, ma dal denaro stesso (tutti i banchieri, secondo la definizione medievale di usura). Critica al sistema bancario nella società moderna. Fra tutti, però quello che potrebbe colpire di più è sicuramente l’opera Wunderkammer della Memoria di Adriana Iaconcig. Bellissimo lavoro scenografico costituito da sei scatole di 20×30 cm composte da due lastre di policarbonato movibili in cui si racconta la memoria. Pareti di una casa che non c’è più, consegnata ad un’altra storia e ad altre vite. Una stratificazione storica, l’effimero ricordo che diventa tangibile attraverso le pareti delle scatole.
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