È la musica rock il megafono delle Mosche per comunicare e raccontare il “marcio” della nostra società. Senza ali (Sunflower Records) è l’album d’esordio della rock band romana, disponibile su tutte le piattaforme streaming e in digital download. Il disco è stato anticipato dai singoli “Mi assento”, “Talent” con la partecipazione dell’ex concorrente di X Factor, Nevruz, e ancora un altro estratto “Mille occhi“.
Senza ali, prodotto e registrato da Maurizio Lollobrigida tra The lab (Acilia) e Officine Zero (Roma) contiene dieci tracce di rock puro. «Questo disco è una dichiarazione di attaccamento alla realtà, di riconoscimento dei propri limiti e di scoperta del proprio potenziale di esseri umani – racconta la band – “Senza ali” è guardare al passato, al presente e al futuro con la massima attenzione e consapevolezza di sé. È ricerca della felicità. È la voglia di guardarsi dentro e confrontarlo con ciò che gli altri vedono dentro sé stessi». Le Mosche (Alessandro Melis, Carlo Cruciani e Luca Zamberti) assumono il ruolo di invisibili osservatori della realtà ed attraverso il loro ronzio fanno luce sul “letame” attorno al quale volano e di cui sempre si sono per necessità nutrite.
È uscito il vostro album “Senza ali”. Nella composizione dei brani percorrete diversi generi musicali, ma sempre con la base rock e pop. Quali sono i vostri miti, quelli che vi hanno formato artisticamente? Le Mosche quale musica ascoltano?
«Non c’è idolatria nel nostro ascoltare musica. Apprezziamo sicuramente la tecnica e la bravura quando la incontriamo e probabilmente, da musicisti (narcisi per definizione), un po’ di sfoggio ne abbiamo voluto fare anche nei nostri brani. In generale quindi potremmo dire che una bella carrellata di “fusionettari” tipo Cobham, “Tribal Tech” di S Henderson e Jaco, fa sicuramente parte del nostro background, le armonie complesse del jazz non sono disdegnate,il funky dei RHCP d’annata è di casa, ma allo stesso tempo anche il grunge degli anni ’90 il metal e il rock degli anni ’70 e i sintetizzatori degli anni 80 ci piacciono da morire. Abbiamo un cuore dal capello cotonato. Non chiudiamo però le orecchie a ciò che passa la radio e ciò che piace alla gente. C’è un motivo per cui Marco Mengoni e Tiziano Ferro, Calcutta e Thegiornalisti vendono, per cui “7 Nation Army” dei White Stripse è diventato un coro da Stadio e c’è un motivo per cui a distanza di decenni chi prende la chitarra in mano per la prima volta prova ad accennare il riff di “Smoke on the Water”… per quanto i rockettari duri e puri disdegnino certe cose, il successo della “melodia” di per sé è innegabile in tutti i generi. Se non si è melodici ma solo cervellotici quello che fai non solo non piace, ma non ha senso»
Senza ali è anticipato da tre singoli, tra cui “Mille occhi”. Nel testo ringraziate quel qualcuno che stimate e con cui avete instaurato un legame speciale. A chi è dedicato?
«A un amico».
Il vostro primo singolo “Mi assento” comunica quel bisogno di assentarsi con la mente e con il cuore dalla realtà, per poter respirare. Come osservatori della società odierna cosa, in modo particolare, cosa vi fa desiderare di assentarvi?
«Molte cose, potremmo fare un elenco infinito. La realtà di suo è stancante. Il pensiero di procacciarsi il denaro necessario per vivere dignitosamente facendo magari quello che ci piace o di passare più tempo possibile e nel migliore dei modi con le persone che amiamo. Sono pochi e sempre gli stessi gli obbiettivi e i desideri che noi umani abbiamo eppure sembrano sempre così irraggiungibili. Questa corsa continua è soffocante. Alle volte serve fermarsi».
In due brani fate sentire chiaramente il vostro ronzio: “Il tempo se ne frega” e “La rapina”. Nel primo Le Mosche invitano a godersi l’attimo, poiché solo vivendo il presente si trova la vera felicità. Nel secondo si grida quella voglia ritrovare l’anima rapinata, di guardarsi dentro e fare i conti con la propria coscienza. Sono due un messaggi positivi che lanciate soprattutto ai giovani?
«Noi parliamo e basta. La musica è un megafono con cui si può dire quello che si vuole accompagnandolo con colori e suoni e completando le parole di un livello emozionale superiore che altrimenti non avrebbero da sole. Inoltre non sono messaggi identificabili con “positività” assoluta. Ciò che è meglio per uno di noi potrebbe non essere desiderabile minimamente da un’altra persona. C’è chi sta bene a vivere di ricordi, o chi sta bene a pensare a uscire di casa la mattina, scambiare 2 parole sugli accadimenti del giorno coi colleghi, tornare a casa e vivere routinarie sere in famiglia. Il nostro è un messaggio che invita semplicemente a farsi qualche domanda. A cercare un po’ di novità ogni giorno. A non rendere la nostra esistenza tutta uguale, come quella di un insetto. Indipendentemente dall’età. Certo, prima si inizia a pensare e meglio è».
https://youtu.be/n0uUMz8guJI
Il vostro viaggio interiore si è trasformato in musica e testi che fanno riflettere ed alienare da tutto il marcio che ci circonda. Quali sono i brani più apprezzati dai vostri fan?
«I riscontri che stiamo avendo da chi ci scrive dopo aver ascoltato il disco sono soprattutto a favore di “il tempo se ne frega”, “mille occhi” e “padre” per i maschietti e “mi assento” e “vedi Sara!” per le femminucce. “Mi hai..” sta più nel mezzo come indice di gradimento. La regola (se una regola c’è), vorrebbe che certe atmosfere tirate o il riff di chitarra o synth trascinante, colpiscano emotivamente più gli uomini, mentre i testi in generale siano più di gradimento del gentil sesso. Con noi questo non si sta verificando… evidentemente le nostre canzoni colpiscono un po’ anche il lato femminile degli uni e quello maschile delle altre».