Nel 2005 Toni Servillo debuttava alla Sala Assoli, nei Quartieri Spagnoli di Napoli, con un nuovo allestimento de “Le false confidenze” di Marivaux e al Teatro di San Carlo nella regia del “Fidelio” di Beethoven. Per una strana alchimia, il suo lavoro poneva in immediata e diretta relazione due luoghi diametralmente opposti, sebbene entrambi di fondamentale importanza per la cultura napoletana e non solo.
Dieci anni dopo, sabato 14 novembre 2015, alle ore 20.30, Toni Servillo torna alla Sala Assoli di Napoli, nella circostanza del suo 30ennale, per salutare il pubblico ed introdurlo alla visione del film de “Le false confidenze”, lo stesso che sarà trasmesso in tv in prima serata, a distanza di pochi minuti, su Rai 5 alle 21.15.
Con l’attore e regista, ci sarà gran parte del cast che accoglieva, nelle sue diverse edizioni, straordinari protagonisti del miglior teatro italiano come Anna Bonaiuto, Gigio Morra, Andrea Renzi, Betti Pedrazzi, Francesco Silvestri, Monica Nappo, Salvatore Cantalupo, Francesco Paglino, Mario Scarpetta, Nello Mascia, Annamaria Ackermann, Tony Laudadio ed Enrico Ianniello.
“L’amore – così Toni Servillo in una nota di regia – ostacolato dall’interesse, dagli intrighi, soffocato dal denaro: è questo l’argomento più che mai attuale di questa bellissima commedia. Ma l’attualità evidentemente non è il solo motivo che mi ha spinto ad affrontarla, è la modernità del suo linguaggio ad avermi affascinato in modo irresistibile. Tutto è detto in maniera semplice, chiara, diretta, ma a questa limpidità corrispondono spesso zone oscure, torbide, ambigue, che creano intoppo alla vicenda una atmosfera fatta di attese e di trepidazione. Proprio quando i personaggi sembrano affidarsi con più disinvoltura alle parole, emerge ciò che non dicono o tentano di nascondere; alludono continuamente, e questo fa si che i silenzi, le interruzioni, le pause diventino più espressive di qualsiasi discorso. Alla commedia di parole se ne affianca una fatta di comportamenti, reazioni, volti, sguardi. L’adattamento del testo allora si è svolto proprio in questa direzione: porzioni di dialogo o brevi scene, li ho interpretati come fossero didascalie che mi aiutassero ad orientarmi nelle pieghe più silenziose del testo. Naturalmente la verifica di tutto ciò sta nel lavoro con gli attori; e del resto Marivaux lo sapeva bene quando affidava i suoi testi ai comici italiani di stanza a Parigi: a loro chiedeva di risollecitarli partendo proprio dalle improvvisazioni in palcoscenico. Come sempre è li che si gioca la partita”.
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