Animas è il lavoro discografico di Beppe Dettori e Raoul Moretti
Animas è il nuovo disco del duo composto dal cantautore e chitarrista sardo Beppe Dettori, storica voce dei Tazenda e dall’arpista e compositore italo elvetico Raoul Moretti. Si tratta di un viaggio musicale tra folk, etno-rock, canzone d’autore, progressive ed elettronica. Animas nasce dalla commistione tra generi musicali, lingue, culture e tradizioni. Il disco si compone di undici brani, in italiano, in sardo, inserti in inglese, latino e dialetto laghèe. Alla sua realizzazione hanno partecipato numerosi ospiti: Paolo Fresu, Franco Mussida, Davide Van de Sfroos, Gavino Murgia, Cordas e Cannas, Max Brigante, FantaFolk, Lorenzo Pierobon, Stefano Agostinelli, Daniela Pes, Tenores e Cuncordu di Orosei, Massimo Cossu, Massimino Canu, Andrea Pinna, Giovannino Porcheddu, Federico Canu, Flavio Ibba e Tenores di Bitti Remunnu ‘e Locu.
Animas, il nuovo album, conferma il vostro sodalizio artistico e la vostra amicizia. Quanto è stato gratificante dal punto di vista artistico e musicale realizzare questo disco?
Dettori: «Siamo grati, tantissimo! È stato un lavoro tanto piacevole quanto duro e impegnativo. Nei precedenti lavori, S’incantu ‘e sas corda e In Canto Rituale omaggio a Maria Carta abbiamo optato per registrare live come fosse un concerto, una istantanea, un’immagine con gli errori e la magia del caso. Nel primo abbiamo avuto come ospite un vecchio compagno di viaggio Manuel Rossi alla fisarmonica, Animas è il primo vero album da studio con molti musicisti».
Moretti: «Enormemente gratificante. Un altro passo nel nostro percorso musicale insieme. Amicizia e sodalizio artistico sono cresciuti insieme, imparando a conoscerci sul palco ed al di fuori nei nostri percorsi di vita. Mancava la tappa di creare insieme un disco di brani originali, ne è nato in maniera naturale un continuo dialogo nella scrittura, uno stimolo reciproco nella ricerca delle tematiche e nelle riflessioni per una produzione completamente a quattro mani, in ogni aspetto dai testi, alle musiche, agli arrangiamenti, alla scelta delle collaborazioni e via dicendo».
Animas è un viaggio musicale tra folk, etno-rock, canzone d’autore, progressive ed elettronica, a cui hanno partecipato musicisti straordinari. Cosa ha significato questo scambio artistico?
Dettori: «Un arricchimento artistico e culturale. Un impegno verso noi stessi e verso coloro che ci hanno fatto l’onore di essere nostri ospiti in modo così alto e importante. Un viaggio di emozioni e immaginazione, di bellezza e di stupore. Ma anche di grande fatica nel preparare e scegliere quale brano adatto e per chi. Risultato per noi estremamente gratificante, come avere piantato i semi e vedere la forza dei germogli diventare frutto».
Moretti: «È stato entusiasmante pensare a quali amici artisti incontrati in questi anni potevano dare un contributo in un determinato brano e ricevere una naturale e generosa collaborazione che si incastonava come una gemma preziosa nel lavoro. Un suggello della stima reciproca con tutti loro che ci lega».
Il singolo estratto dal disco, Sardus Pater, in limba, la lingua sarda, rappresenta un’invocazione al perdono, all’amicizia e all’amore, che trae ispirazione da Sardus Pater, antica divinità Shardana. In quale momento creativo è stato concepito il brano?
Dettori: «Un’idea che avevo già nel freezer da tempo che ha trovato, nello scongelamento e nella “messa a punto” di Raoul, una giusta dimensione e linea a cavallo fra canzone d’autore e canzone popolare. I Fantafolk cioè Vanni Masala e Andrea Pisu, si sono immersi in modo perfetto nelle trame del brano dando un significato ancora più ancestrale al brano. I due Canu, Federico e Massimino, che non sono fratelli ma lo sono spiritualmente, hanno dato la pulsione ritmica giusta. Sardus Pater in realtà per gli studiosi e archeologi, rimane comunque un mistero. Chi dice che appartenesse ai Cartaginesi, chi agli antichi Romani, chi invece, al popolo degli Shardana. Popolo di guerrieri e naviganti dell’antica civiltà nuragica, di cui nessuno ne parla…sshhhh sotto voce, abbassiamo i toni… se dovessero comprovare alcune scoperte storico-scientifiche, dovrebbero cambiare i libri di storia e le antologie…e non si può … pensa che disastro, se i fenici fossero stati soltanto dei sardi mercenari (Shardana) che ritornando a casa vennero scambiati per …Feaci…Fenici…cioè brutti e cattivi. Perciò il grido Sardus Pater nos perdonet … ci stà!».
Moretti: «È nato durante questo ultimo periodo che tutti noi abbiamo vissuto, nel momento in cui è iniziata a nascere la speranza, la voglia di rinnovamento e di lanciare un messaggio positivo».
Continuum (serpens qui caudam devorat) è un brano intenso, partorito nel primo lockdown, impreziosito dal Kyrie Eleison in canto gregoriano. Cosa rappresenta per voi questo brano?
Dettori: «Un’idea musicale di Raoul che mi inviò nel momento di lockdown più oscuro. Provai a scrivere qualcosa pensando a una linea melodica che si incastrasse tra i ribattuti dell’arpa elettrica. Avevo un testo, delle riflessioni sul mondo, la vita, l’oscurità e il dissidio…forse una canzone, o un germoglio. Provai a tradurre quelle parole in Inglese e mi sembrava dessero un flow giusto, un po’ alla David Sylvian, al brano. L’apertura centrale è arrivata mentre ci siamo messi con Raoul a dare un centro allo svolgimento del pezzo. Ci siamo immaginati la sacralità di un coro gregoriano che tentasse di schiarire e diradare le tenebre della prima parte. Un canto di speranza e malinconia».
Moretti: «Nasce su un’idea musicale che faceva parte del lavoro che stava nascendo da solista per arpa elettrica (e che vedrà l’uscita entro fine anno, penso) e dalla richiesta a Beppe di un testo in inglese sulla sensazione di smarrimento che stavamo vivendo. In seguito quando abbiamo deciso invece di procedere con un album insieme, l’idea è confluita nel progetto e si è sviluppata con la parte in latino, che risponde in maniera positiva. Si è aggiunto il bellissimo fraseggio della chitarra di Massimo Cossu ed a introdurre e chiudere il Kyrie cantato dai Concordu e tenores de Orosei, fantastica realtà sarda con un repertorio amplissimo dal tradizionale al sacro allo sperimentale. Se vuoi è un brano a livello artistico che condensa la nostra identità ed il nostro sound, con commistioni di generi e lingue. A livello di contenuti ci sentiamo anche noi Anime consapevoli dell’esistenza instabile in un tempo senza tempo dove ogni istante può regalare un prezioso… presente».
Animas, il brano che dà il titolo al disco, si contraddistingue per la melodia leggera e le sonorità mediterranee che si intrecciano a quelle latino-americane. Animas in limba vuol dire anime buone.
Dettori: «Animas tradotto, anime, al plurale. Anime buone, Animas vonas. Una nostra caratteristica è il piacere nel mescolare le tradizioni dando sempre quel risultato che non ti aspetti. Il testo porta ad una visione umana di cambiamento e speranza, che è un po’ contenuta in tutti i testi del progetto in modi e gradazioni ogni volta differenti. Una svolta immaginare l’umanità in pace e in armonia come quando si era bambini senza le stratificazioni e maschere che il sistema e il logorio della vita moderna ci ha imposto di indossare. Forse il trucco e avere il lusso di potersi fermare e riflettere su quello che siamo e abbiamo e cosa vogliamo fare per proseguire la nostra esistenza che un giorno, misteriosamente, finirà».
Moretti: «Un leitmotiv dell’album è la speranza, sotto varie forme. questo brano è come un viaggio emozionale che conduce a ritrovare consapevolezza nei sogni dei bambini, nelle aspettative di cambiamento e risveglio globale alla bellezza. Troviamo Daniela Pes, che apre e chiude il brano con la sua vocalità così profonda e leggera nello stesso istante. Voce che conduce verso altre voci che riempiono il coro, formato da Federico Canu, Giovannino Porcheddu e Beppe. Le chitarre di Beppe e Massimo Cossu che si miscelano con l’arpa che utilizza tecniche diverse e le percussioni di Federico Canu».
Ommini d’eba racconta la stima tra due artisti uniti dalla passione per la musica e l’interesse per la tutela delle tradizioni popolari e delle lingue minoritarie. È un brano rappresentativo!
Dettori: «È un suggerimento di Raoul. In una telefonata ci arriva la conferma che Davide accetta di collaborare al progetto nel brano che precedentemente fu scritto immaginando proprio il suo intervento. L’idea di due Uomini di Acqua diversi ma simili. Di confine, di margini e sacrifici, dove tutto arriva con un certo ritardo nei pro e nei contro. Acqua dolce e Acqua salata. Stintino e Mezzegra, non agli antipodi ma con una distanza considerevole. Due lingue piccole, minori, come lo stintinese e il laghee. L’incontro di due storie di sopravvivenza e tragedia e la voglia e necessità di provare a sperare e farcela. Due storie di fatica e commozione che hanno fatto, dalle diversità, una nazione. Storie di unità e rispetto della tradizione che ballano insieme tra medioevo e canzone d’autore. Grazie non solo a Davide per il contributo autorale e interpretativo, ma anche a Flavio Ibba e Andrea Pinna che hanno dato la spinta ritmica e armonica al brano».
Moretti: «Oltre che ritrovare insieme Beppe e Davide Van de Sfroos, che già avevano collaborato e così attenti agli aspetti che menzionavi, portare Davide nuovamente ad incontrare la Sardegna, realtà che conosce bene, è rappresentativo perché raccontiamo questa essenza degli uomini d’acqua, uno di acqua dolce ed uno di acqua salata. Io, mi sono ritrovato in mezzo, nato e cresciuto sul lago di Como, ora da anni vivo a Cagliari, sento dentro me scorrere entrambe le acque ed avevo chiesto a Beppe di trovare la chiave per raccontare questo aspetto. E devo dire che Beppe e Davide ognuno dal suo punto di vista l’hanno fatto con grande poesia, pescando dal passato storie di sopravvivenza di mare e di lago. È nata così questa ballad dallo stile celtico, con l’aggiunta di Andrea Pinna al violino e Flavio Ibba al basso».
Come saranno le serate live della prossima estate?
Dettori: «Bellissime! Perché c’è tanta voglia di suonare e dimenticare questo brutto momento storico che ci tiene bloccati da due anni. Deve finire, infine questo modo scellerato di classismo e indifferenza nei confronti di alcune categorie di lavoratori piuttosto che altre, magari privilegiate. Un po’ più di umana equità…sarebbe un grosso passo avanti per il cambiamento che noi cantiamo nel nostro progetto».
Moretti: «Ci auguriamo di ripartire, all’inizio magari dall’isola. Il palco è la nostra dimensione migliore, ci mancano quelle vibrazioni, l’incontro con il pubblico da vicino, da guardarci negli occhi. Ripartiamo dalle piccole piazze, dai siti archeologici, da piccoli eventi culturali. Grandi eventi e circuitazione più ampia ed internazionale sappiamo che dobbiamo ancora pazientare».