Il Teatro Stabile di Napoli ha dato inizio alla stagione della danza con la prima nazionale di “Carmen(s)” del coreografo francese José Montalvo, in scena al Teatro Politeama.
Sul palcoscenico, danzatrici di flamenco e danza classica e ballerini di breakdance riescono a sposare perfettamente la diversità dei generi tanto amata dal coreografo che, in un’atmosfera colorata, viva e seducente rappresenta in maniera fedele, ma in ogni caso attuale e universale, la storia dell’eroina. Così, sono gli stessi danzatori a raccontarne la storia, in spagnolo e francese simultaneamente e sostenuti, oltre che dalle immortali musiche di Bizet, anche dalle percussioni e dai sorprendenti suoni degli strumenti gitani. Carmen, la donna e tutte le donne insieme, canta, danza, litiga, mostra le sue passioni, non ha peli sulla lingua, è libera e ama la sua libertà, la difende fino alla morte. La libertà delle Carmen(s) è libertà sessuale, come nella scena iniziale in cui la donna sceglie il proprio uomo all’interno di un gruppo di uomini che si “espongono” come se fossero su un catalogo, o ancora è libertà di essere se stessi, come provano le parole degli artisti i quali rivendicano le proprie origini attraverso piccoli ma significativi racconti di vita, o ancora – perché no – la libertà di difendersi con qualunque mezzo, che sia la voce o che sia la violenza, come nel caso della scena in cui le danzatrici simulano e “doppiano” il litigio fra le sigaraie, proiettato alle loro spalle.
Nello spettacolo coesistono, in maniera arguta e vivace, gli elementi che più interessano il coreografo dall’inizio della sua attività negli anni ’80, quali la scenografia moderna con l’utilizzo di computer grafica, la commistione di generi – che riguardino la musica o la danza – e lo sguardo verso le tematiche più attuali, come l’immigrazione e il multiculturalismo. L’eroina di Bizet è ciò che ha fornito a Montalvo il punto di partenza e allo stesso tempo di unione di tutti questi elementi: simbolo universale di libertà e di ribellione, Carmen viene celebrata attraverso i corpi e le voci dei danzatori in scena, immensi interpreti non solo della figura della sigaraia andalusa, ma anche di se stessi e del proprio pensiero, grazie allo spazio espressivo che il coreografo ha voluto fornirgli con le proiezioni video sullo sfondo. Importante elemento di innovazione è, ancora una volta per Montalvo, il richiamo da parte degli artisti in scena della partecipazione del pubblico, che interviene attivamente più volte nel corso della pièce, sempre in maniera coinvolgente ed ironica.
José Montalvo si riconferma uno dei coreografi più interessanti degli ultimi venti anni, aiutato da una sperimentazione viva e attuale, che tiene costantemente conto dell’evoluzione dei gusti del pubblico, delle innovazioni tecniche e scenografiche, e della danza stessa. Parte del merito va conferito, senza dubbi, ai danzatori e agli artisti di cui si circonda, capaci di riassumere con tutti se stessi i concetti e le rappresentazioni del coreografo.