A sei anni di distanza dall’album d’esordio “Fotografie”, Francesco Garito fa il suo ritorno sulle scene con un nuovo lavoro discografico dal titolo “L’Attesa”, un Ep prodotto completamente in analogico, in distribuzione con Plug e Play. Il giovane musicista calabrese, classe ’74, toscano d’adozione, inizia la sua carriera nel 1999. Nel 2004 diventa direttore esecutivo del festival itinerante “Musica, vino & Molise” ed allo stesso tempo partecipa come manager di produzione al disco d’esordio dei romani Pura Utopia. Nel 2005 si trasferisce in Toscana. Qui nasce la Banda Flaming e di lì a poco un “excursus” di partecipazioni e collaborazioni varie, fino alla pubblicazione del suo primo disco “Fotografie”, uscito nel 2011 con la produzione artistica di Gianfilippo Boni e l’importante collaborazione di Bruno Mariani. Oggi in modo intimista ritorna con L’Attesa, un lavoro discografico rappresentato dalla collaborazione con Stiv Cantarelli. Otto tracce dove in ciascuna, riconosciamo il sottofondo della passione ed il culto dell’istante, avvolti in un anima contemplativa. “Ho visto nascere il tuo canto tra risa e spruzzi di tempo”. Una delicata profondità musicale ascoltiamo in Arcadia, il brano iniziale dell’album. Un naturale accordo di chitarre apre l’ascolto del brano traccia, L’attesa. Un tono deciso e di naturale impatto in cui echeggia la maturità dell’artista. Farenheit 451 è un viaggio sull’attualità transazionale. Lenta e cadenzata, il pezzo si ispira al celebre romanzo di Ray Bradbury e dal successivo film di Francois Truffaut. “Anime sospese sopra il caos, questo attendere di linee senza peso, siamo complici innocenti”. Una testo di denuncia al sistema, di osservazione dell’individualismo esasperato che divora le nostre vite, dove la comunicazione apparentemente avanzata, ci rende ogni giorno prigionieri di un immaginario che non esiste. I Giorni dell’abbandono è un brano cantato in duo con Massimiliano Larocca. Un invito all’ottimismo, al riconoscimento delle emozioni, all’attenzione che bisogna dare all’intimità della vita. La direzione verso il miracolo, la spinta a girare le spalle all’idea dell’abbandono. Carica soft/rock in Evisione, pezzo simbolo in cui si riflette l’intreccio tra visione ed evasione. Un inno alla libertà, un grido di ribellione dalla dilagante pochezza della società in cui viviamo. Segue A’Naca, una ballata popolare, cantata in dialetto tipicamente calabrese. Un brano sognante in cui si riconosce tra le note un bimbo che gioisce e ride di fronte alla dispersione del mondo. Una visione sognante, di un mondo nuovo, libero. Ispirazione autobiografica in Il Panorama di Betlemme. “L’uomo ferito alla schiena sulla strada si trascina”. Chiara trasposizione di una persona tanto cara a Francesco Garito, il padre, che chiede di essere accolto dalla beatitudine dopo essere stato colpito dal malessere fisico. Chiude l’Extended Play, Giorni d’autunno. Anche qui sentiamo tra il ritmo e le parole, un’incitazione di grande bellezza. Una preghiera di resurrezione, un’invocazione alla speranza.
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