Daniele Dentale è un artigiano napoletano che nella via San Sebastiano, famosa per la vendita degli strumenti musicali, crea e vende monili ispirati a Napoli, ai suoi monumenti, perfino ai suoi materiali. Lo abbiamo incontrato ed abbiamo scoperto un po’ della sua arte.
Come è nata la tua avventura?
Sono figlio d’arte, mio padre Vittorio è stato uno degli storici artigiani del Borgo Orefici, era bravissimo, era l’unico del laboratorio Virgilio che aveva l’incarico di lavorare il Platino che è un metallo complicatissimo. Io, da bambino ero solito trascorrere i pomeriggi in sua compagnia ed ho avuto da sempre interesse per quel mestiere. All’età di 12 anni già realizzavo anellini o ciondoli da regalare alle mie cugine, già sapevo creare incastri, anellini e saldare i metalli.
Il boom economico degli anni ’80 ha messo in ombra l’artigianato; le richieste erano per oggetti già finiti e che replicavano le mode del momento. Per questo motivo, pur tenendo sempre vivo il laboratorio, abbiamo dato più spazio alla vendita di “oreficeria a peso” da cui arrivava la maggiore domanda. Dopo il 2000, complice l’aumento del costo dell’oro che lo ha reso quasi non acquistabile e complice anche un cambiamento della moda, l’oreficeria è diventata obsoleta ed invendibile.
Contemporaneamente l’apertura del Tarì ha svuotato lo storico Borgo Orefici di tutta quell’energia pulsante che era scatenata dall’insieme dei tanti operatori del settore. Oramai sparpagliati, pian piano, come era già avvenuto per Piazza Mercato con il CIS di Nola, anche il Borgo Orefici è diventato un quartiere semideserto.
É stato allora che ho deciso di ripartire dalle origini. Ho scelto nel 2014 via San Sebastiano, 27 per aprire la mia bottega artigiana.
Nei tuoi gioielli si vede che, sia come materiali che come forma, Napoli la ispira, di fondo ovviamente c’è uno studio anche del ricco patrimonio storico artistico della nostra città, è così?
Nelle mie realizzazioni cerco sempre di inserire un pezzo di Napoli. Come esempio posso citare l’ultimo anello che ai più potrebbe sembrare un lavoro di traforo ma che invece, tramite disegni e fotografie mostrate sulla pagina del negozio, è la rappresentazione di un fregio presente nella scala di accesso a Palazzo Reale. A Napoli c’è l’imbarazzo della scelta, tantissimi sono gli spunti che la città offre per realizzare oggetti identitari.
Quanto tempo ci vuole per realizzare un monile come quello dei tuoi?
Per la realizzazione di un oggetto, se si parte dal modello in cera, ci vogliono più o meno 10 giorni di lavoro. Se il modello è già disponibile 4/5 giorni, ossia il tempo di assemblare i componenti.
Cosa significa oggi essere un artigiano a Napoli?
Significa far parte dei tanti bravissimi artigiani presenti in città. In ogni settore abbiamo delle eccellenze, adesso sta a noi fare in modo di tramandare le nostre esperienze che sono le nostre radici. Io stesso, ho una figlia adolescente che mostra interesse per il mio mestiere. Ha una buona manualità ed ha espresso il desiderio di imparare e continuare poi l’attività. Nonostante la globalizzazione, i grandi colossi dell’E-commerce e le tante difficoltà, resto dell’idea che l’artigiano del terzo millennio ce la può fare.
Quali sono i suoi oggetti più richiesti?
Tanti sono stati e lo sono ancora, i giovanissimi che vogliono indossare il Vesuvietto piuttosto che il S. Gennaro oppure la Partenope. Questo mi riempie di gioia perché i giovani sono il motore di tutto. Dalle famiglie dovrebbe partire l’educazione verso il bello del nostro patrimonio artistico.
Come bisogna fare a difendersi dai prodotti di importazione?
Molte aziende hanno dislocato all’estero le loro sedi per motivi fiscali e legati al basso costo della manodopera. Ad ogni modo, resto dell’idea, supportata anche dalla mia clientela, che un oggetto realizzato in un piccolo laboratorio e che nasce pian piano come un vestito su misura, non potrà mai competere con un prodotto realizzato su scala industriale. Questo la gente lo ha capito, sono sempre di più quelli che oramai puntano sulla qualità, sulla unicità e sulla difesa del territorio.
Ad ogni modo, almeno per il mio settore, resto dell’idea che la rete sia il mezzo per farsi conoscere ma che per l’acquisto finale sia preferibile, se possibile, non rinunciare ad avere il contatto diretto con l’oggetto ed il venditore. Nessuna fotografia, nemmeno la migliore può sostituirsi dal toccare, indossare ed osservare dal vivo l’oggetto scelto. Quando questo non può avvenire, cerco di avere una corrispondenza molto dettagliata con il cliente in modo che possa ricevere a mezzo spedizione l’oggetto minuziosamente descritto.
Insomma, bisogna strizzare l’occhio al futuro restando con i piedi ben piantati nel passato.