Il teatro per lei è la vita, lo conosce, lo ama e lo pratica nel suo teatro, il Sannazaro. Parliamo di Lara Sansone, splendida interprete e regista di “Annella Portacapuana” che tra pochi giorni debutta al teatro di via Chiaia. Dopo il successo ottenuto nel 2014 quando aprì la stagione, torna il celebre spettacolo con l’adattamento del testo di Leopoldo Mastelloni e la sua regia. Signora Sansone questo spettacolo ha un valore particolare per lei, ce ne parla?
«Ho interpretato il ruolo di Annella nella edizione che festeggiava i primi vent’anni del teatro Sannazaro, con mia nonna Luisa Conte e la regia di Giuseppe di Martino, ero poco più di una bambina ma recitavo da molti anni. Successivamente ho avuto il privilegio di interpretare questo ruolo in altre due edizioni, in una delle quali mi sono occupata anche della regia, con il grande Leopoldo Mastelloni nel ruolo di Porzia. Quest’anno ancora una vota alzeremo il sipario su questa commedia antica, che tratta temi attualissimi come il rapporto madre figlia, il ruolo della donna nella società ed il desiderio di rimanere giovani per sempre, magari attraverso l’amore di un ragazzo molto più giovane».
In scena un grande attore, amato tantissimo dal pubblico che gli tributa applausi a scena aperta, come è lavorare con Leopoldo Mastelloni?
«Leopoldo Mastelloni è indubbiamente un attore straordinario, che ha avuto frequentazioni artistiche altissime, con il quale ho il piacere di lavorare da molti anni. Oltre a nutrire per lui un’ammirazione immensa, credo che lui in qualche modo rappresenti parte della mia famiglia. Attraverso i suoi insegnamenti, la sua cura maniacale per l’allestimento degli spettacoli, del testo, delle luci e dei costumi, ho imparato a non accontentarmi mai, a provare a migliorare sempre. Senza dubbio un grande maestro».
In questo spettacolo sarà in scena anche sua sorella Ingrid, che emozioni suscita il dividere il palco con lei?
«Ecco un altro esempio di compagnia teatrale come si intendeva una volta: il carrozzone, il gruppo, la famiglia. Con mia sorella condivido il palcoscenico da sempre, e tutte le volte che i testi ed i ruoli ce lo permettono, conoscendoci perfettamente, arriviamo ad avere un grandissimo affiatamento già dalle prime repliche».
Che regia ha preparato per lo spettacolo?
«La mia regia sarà come sempre classica e fedele, con qualche idea originale rispetto alla messa in scena che da qualche anno caratterizza i nostri spettacoli. Botti in sala al posto delle poltrone e la mitica taverna di Porzia ed Annella, citata nel testo, svelata agli spettatori».
Lei crede molto nel senso della compagnia, come accadeva ai tempi di sua nonna, e cerca di “utilizzare” gli stessi attori, chi ci sarà in scena questa volta?
«Molti dei compagni di scena erano nella storica compagnia di mia nonna e penso a Ciro Capano, Mario Aterrano, Matteo Salsano mentre altri come Corrado Ardone e Massimo Peluso sono ormai fedelissimi compagni di scena, con i quali ho il privilegio di condividere almeno dieci anni di spettacoli come il “Cafè Chantant”, che ci regala sempre grandissime soddisfazioni. L’affiatamento e la sensazione di essere complici di un gioco teatrale unico, per una compagnia di tradizione, che è anche la culla di invenzioni e giochi teatrali sempre nuovi, in un meccanismo antico che ci riporta alla commedia dell’arte».
Quanto è importante il teatro per i più piccoli e qual è la proposta per le scuole del suo teatro?
«É di fondamentale importanza avvicinare i più piccoli al teatro, attraverso progetti di qualità. Io credo in progetti mirati a soddisfare le esigenze di un pubblico giovane e giovanissimo, ma anche alla proposta di spettacoli di cartellone nell’ambito delle rassegne dedicate agli studenti. Il teatro non ha età. Spesso negli spettacoli dedicati alle scolaresche si esibiscono attori giovani e non sempre esperti, il che va benissimo, ma vuoi mettere il fascino di vedere un artista di comprovato curriculum ed esperienza?».
Come sceglie i suoi attori, si fanno provini al teatro Sannazaro?
«Al Sannazaro facciamo provini perché è giusto dare l’opportunità a nuovi talenti di emergere, penso ai tanti giovani che abbiamo impiegato in spettacoli come “festa di Montevergine”, i quali si approcciavano al teatro in modo inconsapevole, essendo più inclini ad un percorso cabarettistico televisivo che è quasi sempre il modello più facile, che poi attraverso la conoscenza, si sono appassionati al repertorio classico».
La nostra è un’epoca fortemente caratterizzata dai social ma il teatro si sposa con la nuova tecnologia?
«Il teatro si deve per forza sposare con la tecnologia. É un passaggio inevitabile al quale ci assoggettiamo quotidianamente tutti. Non fosse altro che per la comunicazione. Oggi le sensazioni, gli umori ed i commenti sono istantanei attraverso i social, un modo per confrontarsi e crescere».
Roberta D’agostino