“Com’è” è il titolo del primo album di Gabriele Tranchida, il cantautore modenese, in arte Trankida. “Com’è”, disponibile nei digital store, è stato registrato all’Alby studio di Modena, prodotto artisticamente da Alex Bagnoli per Palart Records. Anticipato dall’omonimo singolo e da un video ufficiale, l’album è interamente autobiografico e contiene nove brani inediti pop che risentono di sonorità soul e funky. Trankida in “Com’è” esprime i sentimenti più profondi raccontando amori intensi, difficili, ideali e celebra l’amore esaltando la figura femminile in maniera poetica.
“Com’è” è il titolo del tuo primo album di inediti che raccoglie brani ispirati da esperienze personali. Quale periodo di vita hai scelto di raccontare?
«Questo album parla prevalentemente d’amore ed è interamente autobiografico. Racconta i miei ultimi cinque anni, dal 2012 fino ad oggi».
Il singolo “Com’è” che ha anticipato l’uscita discografica, canta l’attesa di una donna che sembra non ricambiare i sentimenti di lui. Il protagonista vuole illudersi o solo aspettare che nasca l’amore?
«Il protagonista si illude che possa nascere qualcosa e in quella condizione, in realtà, ci sta bene. Soffre tutto quello che c’è da soffrire, perché in quel momento è solo lei che vuole».
“Difficile mai” comunica il desiderio di riscattarsi, lasciando dietro il passato, per cercare una propria identità. È un messaggio di fiducia verso il domani per ognuno?
«Certamente. È il rifiuto di continuare a vivere le mediocrità della vita, munirsi di scudo e andare avanti».
Nel brano “Favole” si sente il desiderio di qualcosa che non sia terreno e risuona in modo evidente il richiamo verso un mondo interiore. Quali sensazioni hai provato?
«Pace, tranquillità, desiderio, purezza. Tutti noi abbiamo bisogno di vivere una favola. Facciamo i duri, siamo segnati dalle esperienze passate, così cambiamo nei confronti delle persone e della vita ma. Vorremmo comunque le favole. Io, voglio le favole».
Hai scoperto la tua passione per la musica all’età di 10 anni. Quali artisti ascoltavi da bambino? In seguito quali hanno segnato il tuo percorso e i tuoi studi?
«Ho sempre amato la musica americana. Da ragazzino adoravo cantare dietro ai Back Street Boys, il primo album che ho comprato è stato “Californication” dei Red Hot Chili Peppers. Anni dopo ho seguito definitivamente lo stile e la musica di Stevie Wonder. Invece, l’artista italiano che mi ha certamente segnato è stato Alex Baroni».
Hai iniziato la tua carriera con il piano bar, interpretando brani di Michael Jackson, George Benson, Stevie Wonder e Luther Vandross. Li riproporrai nei tuoi live?
«Beh, nel caso dovessi fare dei live e ce ne fosse la possibilità. Li riproporrei sicuramente e volentieri!».
Cosa ricordi del periodo in cui cantavi in un coro gospel? Cosa ha rappresentato a livello artistico?
«Erano tutti professionisti ed è stata una grande esperienza di crescita per me. Il gospel è una musica potente e dice cose ancora più potenti in modo speciale».
L’Emilia-Romagna è la terra nativa di grandi cantautori. Qualcuno in modo particolare ti ha trasmesso il sogno di farti strada nel mondo della musica?
«Non saprei. È nato tutto in modo naturale. Ho ascoltato artisti diversi tra loro, poca musica italiana e molta americana. L’influenza maggiore, credo sia nata principalmente da lì».