Esce l’ottavo album della formazione rock più famosa all’estero, i Lacuna Coil. Si chiama Delirium ed è un disco ispirato alla follia che si respira nei sanatori abbandonati. Un perfetto setting per l’immaginario che la band lombarda ha in tutto il mondo, un modo alternativo e diretto per parlare di una realtà cupa e misteriosa. Ne abbiamo discusso con le due voci della band, Cristina Scabbia e Andrea Ferro, che con Marco “Maki” Coti-Zelati (chitarra, basso,tastiere) e Ryan Blake Folden (batteria) si apprestano a partire per l’ennesimo tour internazionale.
Cosa vi ha spinto a realizzare un album che è un concept sulla follia?
«Abbiamo visitato, in forma privata, alcuni manicomi abbandonati nelle colline del Norditalia. L’atmosfera generale è piuttosto fredda e cupa, e all’interno si celano ancora centinaia di storie di follia e sofferenza che non sono ancora state raccontate. Delirium parla di malattie terribili, esperimenti pericolosi e trattamenti inefficaci che, proprio come nella vita quotidiana, dobbiamo affrontare esplorando l’ignoto. Il disco si chiude con una canzone, Ultima Ratio, che parla di fuga e non si sa se riesce o meno».
Come avete affrontato la stesura del disco?
«Ci siamo resi conto che non avevamo fatto mai da soli, se non proprio all’inizio. Quando hai un produttore di grido naturalmente ne esci influenzato. Volevamo in generale un suono più duro. Ci piaceva l’idea di fare qualcosa di inaspettato, un’inversione di rotta un po’ rischiosa. Non sentirete l’ennesimo nuovo disco dei Lacuna Coil ascoltando Delirium. Ora vanno generi più ripuliti, la rappresentazione reale di quello che volevamo descrivere e interpretare necessitava di onestà. C’è più faciltà nell’essere compresi».
Avete comunque collaborato alla produzione. Con chi?
«Marco “Maki” Coti-Zelati ha assunto il ruolo di produttore insieme a noi. Era nervosissimo, molto stressato. Aveva prodotto gruppi locali e non aveva mai prodotto un gruppo dove lui stesso suona. Dopo essere stato coinvolto nelle produzioni precedenti, ai suoi compagni. È stato forte per lui e ha sempre avuto il timone nella direzione giusta. Non ha mai reso intoccabile alcuni pezzi solo perché anche lui aveva contribuito a farli. Da una canzone ne sono nate due, per esempio e questo è stato il processo di costruzione del disco».
Chi suona oltre a voi?
«Mark Vollelunga dei Nothing More, che ha aggiunto un assolo a “Blood, Tears, Dust”, e di Myles Kennedy degli Alter Bridge e altre band, che ne ha creato uno per “Downfall”. Marco Barusso suona la chitarra oltre a essere un ottimo fonico. Lui ha già lavorato a dischi precedenti, come Dark Adrenaline e Karmacode».
Come ci si prepara a un lancio internazionale come il vostro?
«Lottando per rispettare le scadenze. A un certo punto noi avevamo una crociera da Miami alla Giamaica dove dovevamo suonare per 10 giorni. Il fonico aveva l’impegno di Sanremo. Abbiamo corso alla fine ma è stata una bella esperienza di gruppo. Ora non abbiamo un chitarrista in pianta stabile, è stato uno shock emotivo lasciare andare Maus, siamo stati assieme per tanti anni. Non avevamo in programma di ospitare tanti assoli e quindi questa è una novità».
Visivamente come lo rappresentate?
«Volevamo anche che fosse molto chiaro l’aspetto visivo dell’album, non solo musicale. Abbiamo fatto delle foto che avessero coerenza, per la prima volta abbiamo un booklet tutto fotografico che non rispecchia i cliché dell’argomento, non c’è sangue o cose simili. Abbiamo visto delle vecchie foto di malati mentali che sono forti perché mettono in evidenza gli sguardi nel vuoto, il dramma. E anche il video rispecchia il mood del disco. Dal vivo le scenografie e i costumi saranno in accordo, stiamo pensando di dedicare a questo disco un’intera sezione dello spettacolo perché funzionerà di più. Alcune canzoni parlano di depressione e io (Andrea Ferro) ne ho sofferto. L’unico modo per affrontare le tue paure è viverle. In un mondo così plastificato ci è venuto un disco così e lo abbiamo voluto consegnare al pubblico in maniera vera».
Un argomento delicato necessita di molta attenzione, non vi sembra?
«Sì infatti abbiamo messo cura nel non discostarci dalla realtà proprio perché abbiamo avuto le esperienze personali sull’argomento ed è un mondo, quello della follia, molto stigmatizzato anche perché non sono malattie conosciute. Le malattie mentali sono viste con distanze ma molte cose che facciamo nel quotidiano sono sempre più frutto della follia e della mania. Siamo connessi col mondo ma sempre più disconnessi tra noi, per esempio. Non volevamo fare una cosa superficiale, ma aderente alla realtà. Non preconfezionata perché faceva figo».
I Lacuna Coil suoneranno il 28 giugno al Rugby Sound Festival di Parabiago e il primo luglio a Piazzola Sul Brenta. Dopo un tour asiatico, torneranno in Italia per concerti a novembre.