Kairòs Edizioni ha presentato alla Feltrinelli di Napoli, il terzo volume della collana teatro della Serie Oro ideata e diretta da Anita Curci, ‘Lacarmèn’ di Enzo Moscato, con la prefazione di Mario Martone. Sono intervenuti insieme all’autore Mario Martone e Cristina Donadio.
Testi drammaturgi che raccolgono storie e ambientazioni in una dimensione del tutto atemporale: passato, presente e futuro si fondono per dare la percezione al lettore di guardare al passato in una chiave in qualche modo contemporanea.
Si tratta di letture di origine francese calate nella dimensione napoletana. Assumendo connotati e linguaggi della cultura partenopea, fino ad identificarsi con essa, “Lacarmèn” ne svela la fragilità e le contraddizioni.
Una scrittura forte e d’impatto quella di Moscato, in grado di attivare l’immaginazione del lettore e porsi con esso in un dialogo trasparente e diretto. La sua abilità, come lui stesso racconta, è quella di rielaborare testi classici in chiave più moderna, e perché no, più grottesca, rimanendo il più possibilmente fedele all’opera originale. Quello in cui si è impegnato Moscato non è stato un compito semplice. Aver ricontestualizzato un’opera ottocentesca per farne un capolavoro leggibile nel presente, lasciando intatti i filamenti che ne costituiscono il nucleo più profondo, fa di “Lacarmènl” un lavoro fuori dal comune.
«È un testo abbondante che è stato sintetizzato in quello che è lo spazio limitato ma più diretto del teatro. Chi ha partecipato all’opera messa sul palco due anni fa ricorderà uno spettacolo diverso da quello che è la complessità del testo, quello che noi abbiamo fatto è cercato di sintetizzare nel miglior modo possibile un testo ricco e abbondante. Un testo favoloso messo sul palco, ma anche bello da leggere e rileggere, testi stupendi, il lavoro che ho svolto con Enzo è un lavoro fatto con un compagno di strada, un fratello con cui ho condiviso complicità e libertà d’espressione». Ha dichiarato Mario Martone, che di questo testo è stato l’ispiratore-committente, e dal quale ha tratto uno spettacolo al Teatro Bellini nel 2015.
«Non so perché scrivendo Lacarmèn sia venuta fuori una storia torbida e fluttuante – afferma Enzo Moscato – Eh sì, proprio fluttuante, tra verità e menzogna, stereotipi e guizzi di autenticità, passato remoto e passato prossimo, presente e senz’altro poco rassicurante futuro».
Moscato dunque ci porta in culture antiche utilizzando la potenza del suo linguaggio fortemente evocativo e l’espressività del teatro. Parte proprio dal racconto originale di Prosper Mèrimèe, ed essendo fedele ad esso racconta di una Napoli del 1980 stanca del dopoguerra e del terremoto. Qui incontra Carmen, figura ricca di rimandi simbolici, e impegnandosi in una sintesi linguistica che riduce la complessità a favore della trasparenza e dell’incisività, attiva una costruzione di senso che rende l’intera opera una miniera di significati e significanti. Tutto ciò si concretizza nella spontaneità con la quale è riuscito a farsi portatore delle voci più intime e recondite di una cultura plurisecolare e ricca di tradizioni.
All’evento di ieri ha parlato di crisi dell’editoria, continuando: «Quando muoiono i libri muore la città – continua Moscato – l’importante è celebrare perciò questa giornata. Sono onorato di essere napoletano, per me Napoli è una metafora del mondo. L’dea è quella di riscrivere il classico il più fedelmente possibile all’originale ma con una piccola dose di tradimento per quanto riguarda la lingua che è poi il traghettatore dei sensi. Cambia l’uomo l’artista, la tendenza è quella di guardare indietro ma con lo sguardo del presente. Tradimento e fedeltà, facce di una sola realtà. Tenersi in equilibro tra questi due poli per essere fedeli alla realtà. Da qui nasce l’originalità».