Le premesse per il successo c’erano tutte: da qualche giorno su facebook era comparso un mini spot e delle foto che raffiguravano tre “donne” inquadrate in una grafica accattivante che pubblicizzavano lo spettacolo “La terza comunione”. Oggi la comunicazione di uno spettacolo è importante e questa incuriosiva molto. Si perché le tre “donne” in questione sono gli attori Ciro Pellegrino, Carlo Caracciolo e Luigi Credentino impegnati nelle repliche dello spettacolo “La terza comunione”, scritto e diretto da Mario Gelardi, in scena al Nuovo Teatro Sanità.
Una storia sopra le righe, paradosssale, che racconta l’impossibilità di una bambina di ricevere la prima comunione, la sua difficoltà ad ingoiare l’ostia, il corpo sacro di Cristo viene rigettato dal corpo altrettanto sacro di un bambino. Questo il fulcro del lavoro che s’interseca e si fonde con il pensiero delle tre particolari donne. Si tratta di quei personaggi che trascorrono la loro vita in chiesa a dire il rosario, rappresentazione di un mondo che resta saldo solo nella nostra memoria o nei paesi del profondo Sud. Quel tipo di persone religiose e pettegole allo stesso tempo che utilizzano ogni minimo dettaglio del mondo che le circonda per scatenarsi in pettegolezzi e cattiverie.
Il testo è funzionale in tutte le sue parti e la regia di Gelardi è ottima. I tre attori uniscono preghiere a pettegolezzi quotidiani arricchendo il tutto con una mimica molto curata utile a rendere le parole ancora più incisiva.
Gelardi nelle sue note di regia dice: “Il testo è insieme monologo e dialogo. La preghieraqui si fa ancora di più rito, ma rito teatrale”. Ed è proprio questa l’impressione che riceve il pubblico; assiste ad un rito interpretato da tre donne unite in un’unica voce, che al biosgno si divide in due, tre o quattro infinite voci.
La scelta dei tre attori è prefetta: ognuno di loro riesce a cartterizzare il suo personaggio e a renderlo convincente e comico.
Applausi e risate per tutti a fine replica.