La storia del pianista napoletano Bruno Bavota è un sogno che continua a realizzarsi nota dopo nota e, soprattutto, è la prova tangibile che la realtà supera di gran lunga l’immaginazione e qualsiasi tipo di pronostico che un giovane ragazzo del sud aveva fatto sul sulla sua vita. Dopo sei anni di dura gavetta e di un lungo giro di concerti intorno al mondo Bavota, da buon napoletano, torna per festeggiare il Natale a casa. La città di Napoli all’inizio del suo percorso pianistico non aveva creduto in lui, per Bruno però resta il posto in cui tornare alla fine di ogni viaggio e traguardo raggiunto. Ad accoglierlo per il concerto di questa sera, 26 dicembre 2015, sarà il pianoforte che si trova all’interno della Basilica di San Severo alla Sanità.
Com’è nata l’idea di fare un concerto a Napoli dopo aver viaggiato e suonato in mezzo mondo?
«È stata una vera e propria esigenza: volevo finalmente fare una grande festa nella mia città e per la mia città dopo essere stato in più continenti. Son contentissimo di fare questo concerto in un posto pregno di storia come questa basilica e soprattutto di suonare durante le feste natalizie.»
Ti aspettavi questo tipo di risposta da Napoli?
«Sinceramente? No. È sempre difficile portare gente ai concerti, non pensavo quindi di registrare il sold-out in sole due settimane. Invece ecco che per Natale molta gente che lavora fuori è tornata e vuole ascoltarmi. Non vedo l’ora di suonare in quanto ho molti brani del nuovo album che voglio presentare a Napoli in anteprima.»
Hanno iniziato ad apprezzarti a Napoli dopo i tuoi successi internazionali, una storia che non è nuova in questa città che ne ha partorito di artisti famosi in tutto il mondo…
«È una città in cui si torna sempre però la nostra, almeno io sono felice di tornare a Napoli alla fine di ogni viaggio: nulla sarà mai paragonabile all’abbraccio caldo della mia terra d’origine. Facendo musica strumentale sono sempre stato ambizioso e ho fin da subito cercato di arrivare a quante più persone possibili, allo stesso tempo sono sempre voluto tornare dal luogo in cui sono partito.»
Hai raggiunto risultati meravigliosi: cosa pensi ti abbia caratterizzato e fatto notare da pubblico e stampa in così poco tempo?
«Come ben sa chi mi segue dall’inizio della mia carriera, non ho alle spalle nessun tipo di studio, eppure mi è stato detto una volta che “Chopin probabilmente vedeva la luna come la vedo io”. Cerco da sempre di donare attraverso la musica le mie emozioni a chi mi ascolta, il mio obiettivo è trovare una dimensione sincera alla mia musica.»
Sei anni fa ti sei laureato con un ottimo voto e la sera stessa sei andato a suonare…
«Ho completato anche il ciclo di studi magistrali, ma poi non mi è interessato nemmeno andare a ritirare la pergamena. Ho trovato il mio fuoco nell’anima grazie alla musica e questo mi rende un uomo fortunato: la musica mi ha salvato la vita a 24 anni, c’è gente che muore senza che si accenda quel fuoco.»
Hai trovato il fuoco ma penso anche tanto scetticismo, almeno nel primo periodo della tua carriera artistica, sbaglio?
«No, ma è stata anche una reazione normale. I primi a dubitare delle mie scelte sono stati genitori e familiari, gli stessi però che per primi si son ricreduti. È bellissimo adesso sapere che ho donato speranza a parenti e amici. In molti mi fermano semplicemente per dirmi che ‘sono un sogno’. Questa sera ci saranno tantissime persone ad ascoltarmi che han capito che questa scelta di vita mi ha reso veramente felice.»
La tua musica ha raggiunto veramente metà e più dei continenti: in alcuni ci sei fisicamente stato, in altri ti ascoltano già da tempo. Sei riuscito a restare a Napoli facendoti notare in tutto il mondo…
«Sono stato notato e aiutato però: in Italia fin da subito ho ricevuto il consenso e supporto di Ondarock ad esempio e in America sono stato appoggiato da Richard Allen di A Closer Listen che da “La Casa sulla Luna” mi ha sempre recensito gli album. La risposta sincera a un’unica richiesta che ho sempre fatto a critica e pubblico: l’ascolto.»
Alla fine di ogni concerto, insieme ai tuoi album si trova sempre un enorme cartellone con su scritto “Abbracci Gratuiti”. Cosa vuol dire?
«È una frase che racchiude un po’ tutta la mia visione della musica e soprattutto dei live: io cerco sempre di creare un contatto diretto col pubblico, il mio manager mi ha anche rimproverato di parlare troppo durante i concerti e forse su questo un po’ devo migliorare. Vivo però ogni live come un viaggio con chi ha deciso di ascoltarmi: voglio stare insieme a chi è venuto a sentire cosa ho da dire e ascoltare ciò che hanno loro da raccontarmi. Il live per me è uno scambio alla pari.»
Due delle esperienze che più porti nel cuore?
«Innanzitutto il Giappone che non mi aspettavo di raggiungere ma dove sono arrivato sia grazie a un’etichetta che ha voluto fare un numero di copie limitate del mio album “The Secret of the Sea” e poi accolto per un tour, poi porto nel cuore l‘esperienza a Mosca dove ci sono state persone che si sono fatte sei ore di macchina da San Pietroburgo per ascoltarmi e farmi godere di un concerto in assoluto ascolto e silenzio.»
Cosa pensi della scena musicale napoletana?
«Sono convinto che al momento ci sia un grande fermento. Tantissime persone organizzano eventi cercando di non farsi le scarpe, di artisti validi ce ne sono molti. Personalmente sono estremamente felice che un gruppo come i Blindur stia trovando una dimensione nazionale e non solo: meritano tutto ciò che gli sta accadendo.»
In America potresti arrivarci anche fisicamente forse un giorno ad altri ascoltatori come Richard Allen di cui parlavamo prima, ma adesso quali sono i programmi?
«Ho molte date a fine gennaio all’estero, poi mi aspetta un concerto a Kiev con più di 300 persone, se proprio devo spaziare tra i continenti ho notato su fb di avere anche dei fan in Africa: è veramente più facile alle volte essere notati da persone così lontane. Dopo la data di stasera in Basilica però, tornerò a Pozzuoli questa volta, precisamente al Vaju il prossimo 6 febbraio 2016, anche lì vi aspetterò con live, album e ovviamente abbracci gratuiti!