Francesca Fariello – la nota rocker e cantautrice partenopea – con la pubblicazione dell’album “Zero” aggiunge un nuovo traguardo alla sua giovane carriera. Il disco uscito lo scorso 14 aprile (distribuito dalla Marotta & Cafiero) arriva a distanza di otto anni dal precedente “Sakura no nikki”. Sabato 30 aprile sarà al Teatro Il Primo di Napoli con il concerto acustico “Lo ZerO e il FiOre di CiliegiO”, evento che apre la prima edizione della rassegna musicale “Napoli Underground”. Francesca sarà accompagnata sul palco da Paolo Ferrara al piano e da Daniele Brenca al basso, violoncello e contrabbasso. Per l’occasione abbiamo intervistato la cantautrice che ha parlato dei suoi inizi, della sua musica e della sua rinascita.
Il 14 aprile è uscito “Zero”, il tuo secondo album dopo “Sakura no nikki” (2008). Parlaci di questo nuovo lavoro discografico.
«A differenza di “Sakura no nikki” che si ispirava ad una tecnica di scrittura della letteratura giapponese di epoca Heian, “Zero” si ispira ad una tecnica di scrittura creativa che prende ispirazione dal flusso di coscienza. Tutte le mie canzoni sono impregnate di vita. Per me la musica rappresenta una terapia e quindi scrivendo spesso vengono fuori delle cose che normalmente non si riescono ad avvertire nel quotidiano».
Nell’album “Zero” due partecipazioni internazionali del calibro di Charlie Morgan (Elton John, Tina Turner) e Poogie Bell (David Bowie, Erykah Badu, Marcus Miller). Come sono nate queste collaborazioni?
«Sono nate grazie ad internet. Ringrazio questo mondo multimediale che riesce a dare questa possibilità di accedere a persone che non sempre sono raggiungibili. Ho conosciuto Poogie Bell su MySpace e da quel momento abbiamo continuato la nostra amicizia. Qualche tempo fa ho avuto il coraggio di proporgli una collaborazione. Inizialmente ha voluto ascoltare i provini dei brani “Leaf” e “Car Crash”. Subito dopo l’ascolto ha dato la sua approvazione e conferma di collaborazione. È stato davvero carino e disponibile, segnalando anche la mia pagina per farmi seguire dai suoi collaboratori ed amici. È stata una bellissima esperienza e probabilmente senza internet una cosa del genere non sarebbe mai successa. Lo stesso è successo con Charlie Morgan. Ho deciso di contattarlo e di fargli ascoltare il brano “A&K”. Sono stata molto fortunata perché entrambi hanno risposto in maniera positiva».
Dall’uscita di “Sakura no nikki” sono passati diversi anni prima di realizzare un secondo album. Come mai tutto questo tempo?
«La musica indipendente è croce e delizia per un artista. È stato molto lungo il processo di realizzazione e produzione. Io vivo la musica in maniera molto personale e non sempre ho trovato delle collaborazioni ottimali che mettevano in luce un aspetto determinante che volevo tirare fuori dal disco, quindi mi sono spessa fermata ed ho sempre ricominciato da zero. E questa situazione è stata anche un po’ l’ispirazione del titolo».
Come è avvenuta la scelta dei testi?
«La scelta è in parte mutuata dalla tecnica di scrittura giapponese che avevo appreso in passato, ovvero riprendere i testi dai taccuini che scrivo quando mi capita di avere l’ispirazione».
Da cosa nasce la tua ispirazione alla cultura giapponese?
«Sono un’orientalista, ho una specializzazione in filologia, laureata in lingua cinese e ho studiato moltissimo la cultura orientale. Quando si studia la letteratura, un po’ come quando si studia la storia dell’arte, ci si trova ad osservare gli artisti, a studiarli e spesso si trovano delle affinità elettive con gli stessi. Studiando la letteratura giapponese mi è capitato di scrivere pensieri e di riprenderli nelle mie canzoni a distanza di tempo. Una tecnica di scrittura spontanea. Infatti grazie a questo studio è nato “Sakura no nikki” (il diario del fiore di ciliegio) dove il fiore di ciliegio nell’estetica giapponese rappresenta la vita e le sue contraddizioni come la bellezza e il mostruoso, l’effimero e il profondo. In fondo la musica e l’arte sono pregne di queste cose».
La copertina dell’album rappresenta il corpo di una donna all’interno di una placenta, ce ne vuoi parlare?
«La copertina è stata realizzata da Giuseppe Spinelli. La donna nella placenta sono io. Racconta un po’ di questa necessità di spogliarsi di quello che siamo quotidianamente, quindi questo zero, questa ricerca della coscienza ma allo stesso tempo della rinascita. La placenta rappresenta quello che è per me la musica. Non vivo l’essere musicista solo come un mestiere, ma prima di tutto come passione. La musica mi ha aiutato sempre a rinascere costantemente, mi accompagna in ogni momento della mia vita».
Come nasci artisticamente?
«Ho iniziato da piccolissima a muovere i primi passi nella danza, quindi il mondo dell’arte mi ha sempre interessato. Forse la musica è stata la vocazione che ho scoperto a 13 anni. Fin da piccola sono stata coinvolta in rappresentazioni di piccole compagnie teatrali, dove appunto cantavo, ballavo e recitavo, poi ad un certo punto ho scoperto che la musica era il mio canale comunicativo più forte, il posto dove mi sentivo più protetta. Dai 13 anni in poi ho cominciato a studiare canto, prima con l’impostazione lirica, poi con la logopedia, poi con il gospel e contemporaneamente scrivevo in privato. Diciamo che l’autrice e la musicista si sono evolute differentemente. Ho sempre scritto cose abbastanza rock e il percorso vocale mi ha aiutato ad esprimere quello che scrivevo. Quindi la scelta definitiva penso sia stata come se la vita mi avesse portato verso la musica».
C’è una canzone all’interno di “Zero” che parla della tua sfiducia nei confronti dei talent.
«La canzone si chiama “Target” e parla di una sorta di allontanamento da quelli che sono gli schemi attuali dello spettacolo. Ho cominciato in un periodo in cui la discografia aveva ancora un forte potere decisionale e si tendeva a uno sviluppo e ad una crescita dell’artista in maniera differente. Oggi è tutto cambiato. I talent sono a mio parere dei veri e propri spettacoli televisivi e chi partecipa con una produzione che spinge a livello mediatico, allora va avanti. Tutto questo, però, ha un’arma a doppio taglio, perché questa vetrina si potrebbe anche oscurare e danneggiare l’artista».
Sabato 30 aprile salirai sul palco del Teatro Il Primo di Napoli con lo spettacolo musicale di “Lo ZerO e il FiOre di CiliegiO” che apre la prima edizione della rassegna musicale “Napoli Underground”. Cosa proporrai per l’occasione?
«Anche questo evento appartiene al mio periodo di rinascita. Sabato ci sarà il debutto di questo nuovo organico che è costituito da Paolo Ferrara al piano e Daniele Brenca che si alternerà al basso, contrabbasso e violoncello. Questo concerto è stato impostato principalmente sullo spazio nel quale andremo ad esibirci. Stiamo parlando di un teatro, dove l’atmosfera è intima, quindi richiedeva un qualcosa di meno, come spesso succede per i miei live che sono di genere rock. Volevo rinascere con questo nuovo trio, con un repertorio delle mie canzoni riarrangiate in chiave acustica. Il titolo dell’evento Lo ZerO e il FiOre di CiliegiO è ispirato sia ai due miei album, ma allo stesso tempo è anche un po’ una contrapposizione di quella che a sua volta è la musica e la vita. Lo “zero” in quanto c’è lo svuotamento della coscienza – quindi il canale comunicativo dell’arte che mette in luce l’anima – mentre “il fiore di ciliegio” rappresenta la vita e le sue contraddizioni. Un incontro, scontro tra interiorità ed esteriorità, vita e musica.».
Cosa si aspetta Francesca Fariello dal futuro?
«Di riuscire a portare avanti quelli che sono i miei progetti musicali e raggiungere le persone con un canale comunicativo incentrato sulla musica dal vivo e i canali standard. Inoltre mi aspetto di continuare a studiare e tutto quello che mi occorre per arricchire me e i testi che scrivo».