«Gli occhi dei poveri riflettono, con la tristezza della sconfitta, un crescente furore» John Steinbeck
Dal 29 aprile è in visione nelle sale cinematografiche e dal 30 sulla piattaforma Disney +, il film Nomadland di Chloè Zhao che ha fatto incetta di Oscar: miglior film, migliore regia, migliore attrice protagonista Frances Mc Dormand.
Il film è tratto dal libro inchiesta omonimo della giornalista Jessica Bruder, pag.320. Ed . Clichi.
Ogni giorno in America, il Paese più ricco del mondo, ci sono persone che non riescono a pagare l’affitto di casa e fanno i salti mortali per assicurarsi un pasto decente. Molti decidono di abbandonare la loro casa e di mettersi in viaggio, come i pionieri dell’800, per trovare nuove possibilità di vita. Basta un semplice ricovero in ospedale per azzerare i risparmi di una vita e sono soprattutto le persone in età pensionabile che iniziano a migrare da un posto all’altro dell’America su mezzi di fortuna, mantenendosi con lavori precari. La crisi economica mondiale e la politica scellerata di Donald Trump hanno contribuito allo sviluppo di questo inquietante fenomeno che pone fine al sogno americano mostrandoci tutta la fragilità di un sistema capitalistico che penalizza in particolare le classi medie americane.
La protagonista del film è la sessantenne Fern che, dopo aver perso il marito e il lavoro durante la recessione, lascia la città industriale di Empire in Nevada, per attraversare gli Stati Uniti Occidentali con il suo furgone, un 28 piedi, facendo la conoscenza di altre persone che, come lei , sono state costrette a vivere una vita da nomadi, squarciando quel velo illusorio e falsamente mitizzato del sogno americano.
In uno dei passaggi più significativi del film, costruito per rivelare ancor più le caratteristiche umane della protagonista, Fern non si definisce una homeless (senza tetto) ma una housless (senza casa). La differenza è sottile e spietata perché è una persona che non trova casa in un’America con le sue metropoli falsamente opulente e una provincia poco accogliente, ripiegata su se stessa e serbatoio di vite umane da condurre al fronte.
Frances McDormand riesce con la sua fisicità a dare credito e valore a questa donna che, nonostante tutte le difficoltà, continua ad amare la vita, a sorprendersi, a scorgere una nuova realtà forse più umana e solidale. Per Fern non è importante la meta ma i luoghi da attraversare come lo sono le persone da incontrare.
La fotografia di Joshua James Richards ci restituisce la potenza dei grandi spazi e le musiche di Ludovico Einaudi compiono un’ulteriore magia.
Dai tempi di Furore non si vedeva sugli schermi un film così bello, poetico, forte, da vedere e da leggere. Premi meritatissimi.