Princess Mononoke, il film di animazione del 1997 diretto da Hayao Miyazaki, l’8 maggio di quest’anno è stato rieditato e presentato nelle sale con un nuovo doppiaggio e con il titolo di Principessa Mononoke. Il film è ambientato in Giappone nel periodo Muromachi ed è imperniato sulla lotta tra i guardiani sovrannaturali che proteggono la foresta e gli umani che vogliono distruggerla per accaparrarsi le risorse.
Miyazaki vinse l’Oscar nel 2003 per la Città Incantata e nel 2005 ebbe il Leone d’Oro alla Carriera alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Ambientalista fino al midollo, i suoi lavori dovrebbero essere proiettati nelle scuole e in tutti i luoghi educativi. Le sue opere sono immense, poetiche, inni all’amore, alla natura e alla vita nel senso più alto del termine. Tutte le sue storie hanno figure femminili toste, forti, dinamiche (lontanissime dagli stereotipi disneyani) e, non meno La Principessa Mononoke, sono basate sull’assunto che “l’essenza dello spirito dell’uomo sta nelle nuove esperienze” (Into the Wild).
La felicità potrebbe davvero essere incontrata dappertutto, ovunque sarà possibile compiere un’esperienza e tutto potrebbe avvenire se ci lasciassimo andare ai nostri sensi, se ci facessimo trasportare dal flusso della vita, dai fantasmi, dai folletti, dagli spiriti di una natura che è lì non certo per essere addomesticata, maltrattata o “civilizzata” per la comodità di una specie, quella umana, sempre più pigra, accidiosa e fallimentare. Parola d’ordine: rispetto. Tutti dovremmo essere liberi, a tutte le specie animali dovrebbe essere detto: “Va dove vuoi e vivi come vuoi”. Sarebbe bello vivere in un cartone animato di Miyazaki.