Arriva oggi nelle sale cinematografiche “La pazza gioia”, film diretto da Paolo Virzì, con Micaela Ramazzotti, Valeria Bruni Tedeschi, Anna Galiena, Valentina Carnelutti, Bob Messini, Tommaso Ragno.
Beatrice Morandini Valdirana è una chiacchierona istrionica, sedicente contessa e a suo dire in intimità coi potenti della Terra. Donatella Morelli è una giovane donna tatuata, fragile e silenziosa, che custodisce un doloroso segreto. Sono tutte e due ospiti di una comunità terapeutica per donne con disturbi mentali, entrambi classificate come socialmente pericolose. Il film racconta la loro imprevedibile amicizia, che porterà ad una fuga strampalata e toccante, alla ricerca di un po’ di felicità in quel manicomio a cielo aperto che è il mondo dei sani.
La follia è qui intesa come un punto di partenza, per raggiungere mete inaspettate, verso orizzonti paralleli. Cosa può significare la vita, se ci limitiamo al semplice nascere, crescere, lavorare, farsi una famiglia e morire per seguire gli schemi che ci sono stati imposti dalla società. Ha ancora senso oggi il pensiero di una vita “normale” che non ci fa respirare, che non ci da spazio, che non ci fa tentare, o almeno sperare di raggiungere i propri obbiettivi? Sarebbe bello se ognuno di noi, almeno una volta nella vita, si lasciasse andare. C’è una poesia di Charles Buwkoski molto bella e significativa:
“Se hai intenzione di tentare, fallo fino in fondo. Altrimenti, non cominciare mai. Se hai intenzione di tentare, fallo fino in fondo. Ciò potrebbe significare perdere fidanzate, mogli, parenti, impieghi e forse la tua mente. Fallo fino in fondo. Potrebbe significare non mangiare per 3 o 4 giorni.
Potrebbe significare gelare su una panchina del parco. Potrebbe significare prigione, Potrebbe significare derisione, scherno, isolamento. L’isolamento è il regalo”.
L’ isolamento che è la base per la ripartenza. Non c’è limite di età, di tempo. Basta mettere un punto sul proprio passato e ripartire e ciò, sarà folle, ma ci porterà verso territori inesplorati e verso una nuova vita. Grazie a Paolo Virzì per questo splendido regalo.
Dice Paolo Virzì: «L’idea di Beatrice, interpretata da Valeria Bruni Tedeschi, mi è venuta da una scena del mio film “Il capitale umano”. La scena in cui Gifuni le dice di raggiungere gli amici, l’ho modificata al momento chiedendo a Valeria di scappare verso un burrone in lontananza. Per l’occasione avevo già preparato una controfigura, data la difficoltà della scena ma Valeria pur rischiando la vita, ha voluto girare di persona e quella per me è stata la prima parte della follia di Beatrice. Questo è il frutto di una esplorazione sulla sanità, sulle istituzioni e sul disagio mentale. È un argomento che fa paura, stigmatizzare come malate e pericolose persone che invece ne soffrono. Basta che stiano lontane, magari a fare musicoterapia, botanica, ma lontane e recluse. Questa cosa dovrebbe invece riguardare tutti noi. Ci ha fatto molto bene avere sul set, oltre gli attori, anche dei veri pazienti con i quali il nostro cast si è confuso in un modo totale e liberatorio, con una mancanza di ipocrisia. Io dico che bisogna aver paura di chi ha paura della pazzia. Molto importante inoltre per me, aver utilizzato ancora una volta il tema della donna. Mi interessa la donna che ha problemi, non la figura virtuosa. Vengo da un universo fatto di cinema, di libri in cui le donne erano protagoniste assolute, dove c’è una materia narrativa, soprattutto se sono donne sbagliate. Ho amato Micaela e Valeria sul set, si sono incarnate in questi due personaggi, sembrava una coppia comica. Spero di non aver esaurito la mia ispirazione verso le donne».