La Passione di Cristo in scena nella chiesa dei Girolamini con Rigillo, Servillo, Iavarone, sallustro
Esistono spettacoli che definire maestosi è poco. Mi riferisco a La Passione di Cristo, andato in scena nella chiesa dei Girolamini, oratorio drammatico per soli, coro, orchestra, attori, teatro di pupi e banda in un prologo e dodici quadri di Alessandro De Simone, che ha diretto anche l’orchestra, da un testo desunto dal Mortorio di Filippo Orioles musiche di C. Gesualdo, J. Zelenka, L. Leo e L. Vinci.
In scena per la parte musicale: Chiara Polese, soprano, Francesca Di Sauro, mezzosoparno, Stefano Sorrentino, tenore, Filippo Morace, basso, orchestra La nuova Polifonia, con il Coro Ensemble Vocale di Napoli diretto da Antonio Spagnolo con la Banda Gran Concerto Bandistico Città di Fisciano Diretta da Paolino Addesso.
La location, una delle perle di Napoli restaurata da poco e restituita alla città, accoglie lo spettacolo alla perfezione. La ricchezza dei suoi interni si fonde magicamente con le voci celestiali del coro e con le musiche che segnano il lavoro in maniera significativa.
Padre Bonaventura Morone agli inizi del Seicento e Filippo Orioles poi, hanno scritto il Mortorio, in cui rivisitavano la tradizione dei Misteri e dei Drammi Sacri popolari, pur mantenendo inalterate scene profane o truculente. La Passione di Cristo di De Simone coniuga diversi piani linguistici.
Al Mortorio, i cui testi sono affidati alla bravura di Mariano Rigillo, Franco Iavarone, sontuoso Giuda, Peppe Servillo, Elettra De Simone e, soprattutto, Gianni Sallustro che è stato capace di conferire forza e suggestione notevole alle sue parti, si contrappone il teatro popolare dei pupi.
Non basterebbero mille parole per rendere la bravura della compagnia di Lucio Corelli che è stato capace di dare un soffio vitale ai suoi pupi ed ha permesso a tanti giovani presenti in chiesa di assistere ad un teatro che nel tempo si sta perdendo sempre più. Restano negli occhi le mosse dei pupi, inquadrati in una spettacolare scenografia creata da Fabio Marroncelli.
Alla parola si contrappone la parte musicale che restituisce la parte lirica ed emotiva della rappresentazione.
Il riferimento – sottolinea lo stesso De Simone nelle sue note – è a tutta una tradizione che dai Responsoria di Gesualdo da Venosa arriva agli oratori barocchi, di cui la Maria Dolorata di Leonardo Vinci – qui proposto in prima esecuzione moderna – costituisce uno dei vertici dell’intera produzione sacra del Settecento.
Un oratorio in cui riaffiorano le suggestioni di un intero immaginario musicale e sonoro legato alle celebrazioni della Settimana Santa del Sud Italia.
I momenti musicali sono di una forza travolgente, il coro è un capolavoro di precisione, la chiesa si riempie di un alone in cui l’Orchestra sembra capace di fare magie. Il fiato sospeso in più momenti, sembra quasi di assistere ad un momento mistico.
Il pubblico resta incantato, travolto da una potenza inusuale: perfetta la ricerca musicale che permette la conoscenza del più importante e coinvolgente rituale del calendario liturgico, il coro celestiale, gli attori traghettatori sublimi, i pupari con i loro pupi artisti inarrivabili. Immenso il lavoro del maestro Alessandro De Simone.
La Passione di Cristo rientra nel programma di Napoli città della musica una iniziativa fortemente voluta dal sindaco Manfredi.