Due sono stati gli “elementi” che ieri, 30 novembre 2015, hanno dominato il Teatro Augusteo di Napoli: il silenzio del pubblico e la musica di Ludovico Einaudi.
Il pianista torinese ha presentato nella capitale partenopea un percorso delicato e riflessivo, gli spettatori hanno risposto ai brani con ondate di applausi.
Einaudi ha percorso chilometri attraverso la chimica sincronia di ascolto e sguardo, utilizzando il viaggio della materia che, per l’appunto, è alla base del suo “Elements”.
Quasi una ventina di brani si sono susseguiti in completa apnea musicale dall’inizio del concerto: oltre le note sul palco il quadro si è completato con la tavola periodica degli elementi, gli scritti del pittore Kandinsky, la geometria Euclidea e, ancora, fili d’erba, paesaggi remoti che sono alla base all’origine di tutto insieme con i miti della creazione.
Tutto è iniziato con l’acqua e all’acqua tutto è tornato durante un concerto che potrebbe essere definito “emotivamente molecolare”.
In principio era il suono: questo ciò che Einaudi ha cercato di ricordare ai suoi ascoltatori ieri sera. Un suono che non ha bisogno di tanti studi ma che tutti possono conoscere gradualmente. In sala tantissimi giovani, molti musicisti ma soprattutto spettatori curiosi che forse prima di Ludovico mai avrebbero pensato di assistere a un concerto di questo genere. La semplicità della musica di Einaudi è ciò che continua a fargli registrare sold out facendo storcere il naso ai puristi della musica, ma avvicinando a quest’ultima persone che si continuano a riscoprire grazie al suo pianoforte. Spettatori attenti quelli presenti al Teatro Augusteo: pochissimi cellulari a limitare lo sguardo di un pubblico che ha preferito assaporare “Elements” ad occhio nudo. Quest’ultimo è un dato da non sottovalutare.
Il pianista ha cercato con i suoi 88 tasti, abbracciati ad archi, percussioni, chitarre e suoni elettronici di evocare mappe mentali attraverso la musica. Perdere la bussola per ritrovare pensieri nascosti chissà in quale dimenticato cunicolo dell’anima. Tutto si è giocato su singoli frammenti, su discorsi che non si sa come siano iniziati e che non si sono fermati a fine concerto.
Molti pezzi invece ad evocare il presente facendo attenzione a non dimenticare origini e tutti nel passato. Sempre di spalle, per tutta la durata del concerto, il dialogo tra Einaudi, i suoi musicisti e il pubblico è avvenuto grazie a: “Night”, “Song for Gavin”, “Petricor”, “Twice”, “Four dimension”, “Elements”, “Ultimi fuochi”, “Berlin song”, “Numbers” e ancora “Nuvole Bianche”, “Logos” e la meravigliosa “Experience” insieme con capisaldi quali “Nightbook” e “Divenire”.
Origini del mondo rievocate grazie composizioni a cui in questo tour teatrale Ludovico Einaudi che attraverso le sue esecuzioni rivivono in forme dal sapore antico eppure completamente rinnovato.
Altri due elementi essenziali hanno attirato l’attenzione a fine concerto: l’appagamento musicale del pubblico e, contemporaneamente, la sua ingordigia. La standing ovation finale, infatti, evoca un tangibile desiderio di ricominciare tutta la serata daccapo.
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