Fino al 28 luglio, Napoli ha la fortuna immensa di poter ammirare, al Pan – Palazzo delle Arti di Napoli, ben 54 opere che ripercorrono la carriera del più grande fotografo di tutti i tempi: Henri Cartier-Bresson. L’esposizione, dal titolo The Mind’s Eye, comprende scatti che vanno dagli anni Trenta in poi.
Scrivere su di lui in queste poche righe sarebbe riduttivo. Basti pensare che ha lavorato e fotografato ovunque in tutto il globo terrestre, ha assistito a tutti i più grandi eventi della Storia e ne ha saputo immortalare la genuinità in scatti sempre sobri, eleganti e mai irrispettosi. Un fotogiornalismo (di cui è stato pioniere) che, oggi, potremmo definire pulito, senza voyeurismo becero al quale, purtroppo, siamo attualmente abituati. Nelle sue foto non c’è ombra di sciacallaggio, non c’è invadenza ma solo partecipazione o discrezione. In ogni caso, c’è Arte, arte totale senza se e senza ma.
Nel 1979, New York gli dedica una grande mostra proprio per celebrare il suo genio nel reportage anche se, ormai, già nel ’68 Bresson iniziava gradualmente a ridurre la sua attività fotografica (rimanendo, però, fedele ai ritratti almeno fino al 1980). Lui stesso dichiara: “In realtà la fotografia di per sé non mi interessa proprio; l’unica cosa che voglio è fissare una frazione di secondo”. Piano piano, quindi, ritorna alla pittura con la quale aveva cominciato grazie allo zio Louis studiando, all’epoca, con Jacque-Emile Blanche e André Lhote che lo avevano iniziato all’ambiente surrealista francese.
Tutto comincia, però, nel 1930, durante il suo viaggio in Costa d’Avorio, dove anche se non ancora preso dalla fotografia, comincia a scattare. Solamente nel 1931, al suo ritorno, nasce l’interesse in questa continua ricerca per immortalare la realtà che lo accompagnerà per sempre. Fu così che nel 1932 compra la sua Leica 35 mm con lente 50 mm. Scrive Pierre Assouline, giornalista francese, amico di Bresson e autore del volume Cartier-Bresson. L’oiel du siecle: “La Leica era il suo oggetto mitologico: non se ne separerà più, all’aria aperta come nell’intimità. Per strada, a casa, fra la gente, ovunque e in ogni momento, perché non si sa mai. Sono abitudini da cacciatore di taglie. Sempre pronto a sparare, sempre in agguato, appostato”.
Bresson non disdegna nulla e fotografa chiunque e per qualunque testata come Vogue, per la quale si reca in Sardegna e Harper’s Bazar. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, nel 1947, insieme ad altri grandi della fotografia (Robert Capa, David Seymour, George Rodger, William Vandivert), fonda la cooperativa Magnum Photos, tutt’ora l’agenzia più importante del mondo.
Insomma, una biografia immensa per un talento altrettanto grande che Napoli non deve assolutamente farsi sfuggire. Da vedere e rivedere per ammirare una carrellata rappresentativa di questo Novecento appena trascorso attraverso colui che è stato, appunto, definito l’occhio del secolo.