La Società per Attori presenta Nancy Brilli ne La Locandiera di Carlo Goldoni, regia di Giuseppe Marini, al Teatro Acacia (repliche fino a dom. 15 Dic.). La storia arcinota è quella di Mirandolina, disinvolta proprietaria di una locanda fiorentina, che fa perdere la testa a più di un avventore. L’unico che pare insensibile al suo fascino è il Cavaliere di Ripafratta, refrattario all’amore e alle donne. Ovviamente, sarà proprio costui ad attirare le attenzioni della ostessa, che ordirà una trama di sottile e finto corteggiamento per indurlo a cedere alle sue grazie, onde smascherarne l’ipocrisia e dimostrare la superiorità del genere femminile.
Proprio su quest’ultimo assunto pone l’accento la regia di Marini, che cura anche l’adattamento del testo settecentesco. Se l’universalità di questo capolavoro è indiscutibile, questa versione dell’opera appare tanto più attuale nell’evidenziare la guerra tra sessi, la seduzione come arma di potere e la totale assenza dell’amore in quanto sentimento, trascurando altri aspetti come, ad esempio, la lotta di classe. La Mirandolina della Brilli, brava come sempre, è donna senza scrupoli, fredda calcolatrice, carattere forte ma algido, fatica però ad incontrare una vera empatia del pubblico. Sicché anche il gioco di seduzione appare freddo e un po’ fine a se stesso. Anche il Ripafratta di Marini appare un po’ scolpito nel marmo, salvo poi rivelarsi più interessante nella parte centrale – quando comincia a cedere alle lusinghe della donna, ma è ancora tentato dalla propria misoginia -, per approdare ad un finale toccante. Bravi i due contendenti, il facoltoso ed urticante Conte d’Albafiorita di Maximilian Nisi e, soprattutto, il povero Marchese (decaduto) di Forlinpopoli di Fabio Bussotti, vero asso dello spettacolo. Completano il cast il giovane Andrea Paolotti, servo della Locanda che avrà la meglio su tutti, e l’esuberante Fabio Fusco che, nella visione di Marini, si cala en travesti nei panni di Ortensia, cortigiana (trans!) che dona un tocco di comicità in più allo spettacolo. Alessandro Chiti firma le belle scene bianche, illuminate da luci fredde come la protagonista; Nicoletta Ercole rivisita, con gusto e fantasia, i sontuosi costumi e parrucche settecenteschi, con elementi di moderna ironia (i due protagonisti ricordano, nelle loro schermaglie, una coppia s/m).
Uno spettacolo che, sebbene discutibile nella lettura, si lascia vedere, diverte e fa riflettere. Il che, poi, dovrebbe essere il fine ultimo del Teatro.
Da vedere.