Intervistare Gianni Sallustro prima dell’inizio di “Razzullo e Sarchiapone sott’ ‘o tendone” (rivisitazione circense della tradizionale “Cantata dei pastori” di Andrea Perrucci), spettacolo ideato e diretto da Michele Del Grosso è stata una lezione d’umiltà. Il direttore dell’Accademia Vesuviana del Teatro ed io abbiamo avuto una chiacchierata informale durante la quale Gianni come solo un grande insegnante sa fare mi ha “segnato dentro” togliendosi le maschere in cui sono abituato a vederlo spettacolo dopo spettacolo e permettendomi di cogliere un po’ del suo limpido splendore.
Anche questa volta il T.I.N. come location per il vostro spettacolo, come mai continua ad essere la vostra prima scelta?
«Il teatro Instabile è un posto veramente magico, non esiste a Napoli un altro spazio scenico come questo.
Ho imparato io per primo insegnando poi ai miei allievi che bisogna recitare con ogni parte del corpo, sicuramente al TIN ci si mette in fioco: anche nella performance che arriva alla fine di un lungo percorso di prove bisogna andare in scena e continuare a formarsi. Il TIN è sicuramente un ottimo posto per mettersi in discussione spettacolo dopo spettacolo.»
Anche sul palco quindi durante spettacoli di questo livello c’è sempre da imparare?
«Esatto. Vedi io non amo fare saggi di fine anno, nonostante diriga un’Accademia. Io organizzo dei Festival Teatrali per i miei allievi in modo che possano sempre fare esperienze professionali. Anche in “Razzullo e Sarchiapone sott’ ‘o tendone” ci sono allievi ed ex allievi dell’Accademia.»
Allievi ed ex allievi che in questo caso, ad esempio, sono diretti da Michele Del Grosso…
«Hai centrato il punto: Michele Del Grosso ed io siamo legati da una profonda stima e rispetto reciproco, in ambito lavorativo Michele è un regista molto severo ma questo aiuta i ragazzi a poter poi essere pronti ad affrontare qualsiasi cosa. Alla base di tutto, almeno per quanto riguarda sia me che Del Grosso c’è la qualità e quella viene sempre ripagata.»
Nel corso degli anni, continuando proprio la tua frase, direi che di riconoscimenti il tuo lavoro di qualità ne ha avuti tanti. Io stessa sono rimasta folgorata la prima volta che ho visto “Mater Camorra” che nel tempo poi ne ha fatta di strada.
«Con Mater Camorra abbiamo avuto riconoscimenti della Federico II, siamo entrati nella Biblioteca Digitale Contro le Mafie e siamo anche stati candidati al Premio Ubu, non lo abbiamo vinto ma arrivarci senza avere nessuno alle spalle è stata ugualmente una vittoria.
Con questo spettacolo invece, grazie anche all’aiuto di persone che apprezzano il nostro lavoro e lo sostengono, siamo stati inseriti nel Natale a Napoli. Detto francamente, potrei anche risparmiare di fare tutte queste produzioni, ma se uno si rimbocca le maniche, produce e fa poi un discorso dove due sono i capisaldi: qualità e creatività.»
Hai lavorato in mezzo mondo e sei tornato poi ad Ottaviano, come mai?
«Lo dico con molta umiltà e semplicità: anche se ho insegnato in molte scuole prestigiose, non mi è mai piaciuta la politica di fare soldi a tutti i costi in primis, io ho sempre puntata innanzitutto alla recitazione e stando in altre scuole mi mancava sempre qualcosa.
Sono tornato al mio paese natio e ho creato qualcosa in un posto dove non c’era niente. La cosa che più mi gratifica è che dopo l’Accademia Vesuviana sono nate in loco moltissime scuole di recitazione.»
In che senso trovi gratificante questo fermento teatrale a cui tu hai dato inizio?
«È stimolante la competizione: le tante scuole mi stimolano a fare sempre meglio, magari se fossi l’unico ad avere una scuola mi adagerei invece questo mi porta a fare sempre di più.»
Hai una forma mentis che si mette continuamente in discussione direi…
«Pensa che con l’Accademia abbiamo fatto una serata contro la violenza sulle donne in cui abbiamo letto tutti monologhi di Eduardo. Compagnie anche più prestigiose della nostra ci hanno copiato l’idea, ma non importa: ciò che veramente conta è avere idee, voglia di fare e portare avanti i propri discorsi.»
Questo spettacolo si preannuncia pregno di Commedia dell’arte, cosa dobbiamo aspettarci?
«Un’improvvisazione organizzata! Io sono maestro internazionale di Commedia dell’arte e in pochi ricordano che gli attori improvvisavano ma comunque fissando un canovaccio.
In questa cantata c’è una commedia dell’arte evoluta, tra l’altro è un lavoro molto eretico: ci aspettiamo molteplici reazioni dal pubblico in quanto tutto sarà conseguenziale alla sensibilità del singolo.»
Cos’è che cerchi maggiormente di lasciare ai tuoi allievi e di insegnargli durante la formazione in accademia?
«Io spero loro capiscano che è fondamentale nella vita avere degli obiettivi. Io me li do sempre: mi piace sognare e poter poi concretizzare ciò a cui ambivo. E, soprattutto, amo darmi dei limiti per poi superarlo. Anche in questo spettacolo sarà facile evincere qual è la mia visione della vita, ma per il resto vi aspetto al TIN!»
Razzullo e Sarchiapone sott’ ‘o tendone ci aspetta dal 18 dicembre fino al 10 Gennaio 2016 al Teatro Instabile Napoli, vico Fico Purgatorio ad Arco 38.