Ancora un riconoscimento importante per La grande bellezza il film del 2013, diretto e sceneggiato da Paolo Sorrentino: la pellicola è stata designato come film rappresentante il cinema italiano alla selezione del Premio Oscar 2014 al miglior film in lingua non inglese.All’interno di una perfetta sceneggiatura giganteggia Toni Servillo, strepitoso protagonista del film, contornato da un ottimo cast composto da Carlo Verdone, Sabrina Ferilli, Carlo Buccirosso, Isabella Ferrari, Giorgio Pasotti, Luca Marinelli, Giorgia Ferrero, Pamela Villoresi Iaia Forte, Galatea Ranzi, Roberto Herlitzka, Massimo De Francovich. Tutti gli interpreti si muovono con maestria all’interno della bella storia confezionata da Sorrentino. Sullo sfondo una Roma straordinaria resa ancora più bella dalla fotografia di Luca Bigazzi. Un film perfetto, da non perdere, che va giustamente a rappresentare l’Italia nella corsa agli Oscar.
Jep Gambardella è un giornalista di costume e critico teatrale navigato, dal fascino innegabile, impegnato a districarsi tra gli eventi mondani di una Roma così immersa nella bellezza del passato, quanto distrutta dallo squallore del presente. Cimentatosi in gioventù anche nella scrittura, ha scritto un solo libro, L’apparato umano. Non ha più scritto altri libri – nonostante questa sua prima opera fosse stata apprezzata – per la sua pigrizia e per una tremenda, inconfessata crisi della pagina bianca da cui non riesce ad uscire. Frequenta ogni notte un siparietto confuso e statico di amici intimi e compagni di sventure, tra cui Romano, scrittore teatrale mai realizzato e perennemente al guinzaglio di una giovane donna che lo sfrutta, Lello, venditore di giocattoli dalla parlantina sciolta e marito infedele di Trumeau, Viola, ricca borghese con un figlio pazzo, Stefania, egocentrica scrittrice radical chic, e Dadina, la caporedattrice nana del giornale in cui Jep scrive. Una mattina, tornando da uno di quegli insipidi salotti, incontra il marito di Elisa, il suo primo (e probabilmente unico) amore, che lo attende davanti alla porta di casa. Sua moglie è morta, lasciandosi dietro solo un diario dove narra dell’amore, mai perduto, verso Jep, di cui il marito è stato semplice surrogato per 35 anni, nient’altro che “un buon compagno”. Quest’episodio, unito al compimento del suo sessantacinquesimo compleanno, spingono Jep ad una profonda e laconica rivisitazione della sua vita, a una lunga meditazione su sé stesso e sul mondo che lo circonda. E, soprattutto, innescano in lui un pensiero che, probabilmente, albergava nascosto in lui da molto tempo: «Ho una mezza idea di riprendere a scrivere». Roma diventa così teatro onirico di siparietti, vignette, presagi e incontri casuali, da cardinali che si intendono di cucina a spogliarelliste dai segreti dolorosi; ma, soprattutto, diventa il vero palcoscenico di Jep, sempre più convinto della futilità e dell’inutilità della sua esistenza. Il sogno di recuperare la sua identità di scrittore e letterato, di ritornare a quell’innocente bellezza del primo amore adolescenziale, sembrano infrangersi di fronte allo spettacolo aberrante e miserabile con cui Jep ogni sera si trova a confrontarsi. La povertà di contenuti che scorge in queste feste trash e volgari lo induce, in un momento di ebrezza, a un’amara confessione a cuore aperto: «Mi chiedono perché non ho più scritto un libro. Ma guarda qua attorno. Queste facce. Questa città, questa gente. Questa è la mia vita: il nulla. Flaubert voleva scrivere un romanzo sul nulla è non ci è riuscito: dovrei riuscirci io?». Sembra il segno di un fallimento durato un’intera vita. Ma proprio nel momento in cui le speranze sembrano abbandonarlo definitivamente, ecco che l’illuminazione arriva. Questa serie di episodi, l’incontro con nuovi personaggi, il ritorno alla memoria di Elisa e dell’innocenza del primo amore hanno fatto riaffiorare in Jep una scintilla, una speranza. Il suo prossimo romanzo è finalmente pronto per venire alla luce. Sullo sguardo, finalmente sereno, di Jep che osserva con rinnovata speranza l’alba romana, si chiude il film sulle note di The beatitudes dei Kronos Quartet.