Oggi, 1 ottobre 2014, in occasione del Napoli Film Festival, alle 17.30 sarà proiettato il documentario “Ogni singolo giorno” al Palazzo delle Arti di Napoli. Personalmente ho avuto l’opportunità di assistere alla presentazione di questo lavoro lo scorso 19 settembre presso la Distilleria – Feltrinelli Point di Pomigliano D’Arco. Adesso, a distanza di un paio di settimane, ho avuto l’opportunità di intervistare la giornalista Esposito. Il tema “Terra dei fuochi” è oramai all’ordine del giorno, eppure questo documentario riesce ad ampliare e a contribuire a fare chiarezza. Nessuna pretesa di verità da parte del filmaker e della giornalista, solo sete di conoscenza e soprattutto di precisa divulgazione sociale. Un lavoro che merita di essere visto e, soprattutto, divulgato.
Quando è nata l’idea di “Ogni singolo giorno”?
«L’idea è nata poco più di un anno fa da un casuale incontro tra me e il regista friulano Thomas Wild Turolo, con alle spalle lavori filmici di interesse sociale. Dopo una settimana avevamo già scritto il soggetto. Presentai l’idea a Rosario Bianco della napoletana Rogiosi Editore, nemmeno il tempo di illustrarglielo che già aveva aderito al progetto. Credo che a convincerlo sia stato il fatto di non voler mostrare solo il negativo di questo problema (la terra dei fuochi), ma anche la lotta e la speranza rappresentata dai protagonisti del documentario e dalle centinaia di attivisti coinvolti nel combattere il biocidio».
Oramai si parla quotidianamente della “Terra dei Fuochi”, resta molto spesso però un discorso generale. Quante le cose di cui non era a conoscenza che sono emerse durante il lavoro?
«Rispondo con le parole del regista Thomas Wild Turolo: “Dall’esterno, soprattutto per chi non vive in Campania, la “terra dei fuochi” così come presentata dai mass-media, sembra un fenomeno in bianco e in nero. Invece ha tante sfumature”.
Durante il lavoro è emerso in maniera ancora più chiara per esempio che il grave problema della “terra dei fuochi” è la produzione in regime di evasione fiscale e la camorra dal “colletto bianco” del nord Italia. Ancora la distruzione dell’economia agricola campana a causa dello sciacallaggio mediatico che ha colpito molti contadini i cui prodotti sono sani».
Nonostante tutta la professionalità, credo sia stato impossibile non creare legami con le persone intervistate. Com’è stato interagire con loro, quanto anche difficile emotivamente ascoltare le loro storie?
«Noi abbiamo cercato di fare proprio l’opposto, cioè creare un legame con le persone intervistate. Non si può chiedere a qualcuno di raccontare la propria dolorosa storia, per esempio Tina che ha perso sua figlia, senza esserci entrato in relazione. Questa è stata una precisa scelta.
È stato difficile per la troupe (composta da Vincenzo Sbrizzi, Marta Accardo e Davide Mastropaolo), e per gli stessi intervistati per i quali è sempre faticoso raccontarsi, soprattutto davanti a una telecamera. Ma è stata una delle esperienze più formative della mia vita: ho imparato il coraggio, la generosità, soprattutto che il problema della “terra dei fuochi” riguarda ciascuno di noi».
Anche Don Patriciello è un nome oramai scomodo e conosciuto. Com’è stato intervistarlo e toccare con mano quello che fa?
«Con Don Patriciello c’è stato un primo incontro molto emozionante. Insieme con il regista eravamo seduti in Parrocchia, chiusa ad ora di pranzo, e mentre parlavano del documentario ad un certo punto ci confidò della malattia del fratello, purtroppo deceduto la scorsa settimana. In quel momento, al di là del prete-icona, c’era l’uomo in tutta la sua stupefacente fragilità.
Ho anche a tratti percepito la stanchezza, ma la ferma volontà di andare avanti prevale su ogni cosa. Va detto che, accanto a Don Patriciello, ci sono decine di persone quotidianamente impegnate nella lotta contro il biocidio, la cui vita è stata trasformata da questo impegno».
Cosa avete intenzione di fare adesso con questo documentario? Dove lo presenterete?
«Il documentario è stato già proiettato presso alcune associazioni culturali campane ed è in concorso al Napoli Film Festival e a quello internazionale di “Cinema cibo e videodiversità” di Trento. È stato tradotto in lingua inglese e parteciperà a gare internazionali, nella convinzione che questo problema debba essere portato fuori dai confini nazionali. A breve saranno disponibili i dvd della cui vendita il 10 % verrà devoluto al Coordinamento Comitato Fuochi. Al momento non abbiamo ancora un distributore».
Ci sono altri progetti in cantiere?
«Con la Rogiosi Editore no, al momento. Ma con il direttore della fotografia, Vincenzo Sbrizzi e la fotografa Marta Accardo stiamo già pensando ad un nuovo progetto, avendo il “vizio” di occuparci del sociale. Siamo agli albori, quindi, aspettiamo prima di sbilanciarci».