“Il Tempo Non (D) Esiste” (Smr/Universal) è il titolo del quinto album de La Differenza. La band è composta da Fabio (voce, chitarra e piano), Jakka (tastiere e sequenze), Mattia (chitarre), Davide (batteria) e Francesco (basso). Fabio e Mattia dal 2009 sono componenti della Nazionale Italiana Cantanti. Il nuovo lavoro discografico punta i riflettori su undici brani meno noti di alcuni tra i più grandi artisti del panorama musicale italiano. Il disco si apre con “Tira a Campare” (1974) di Edoardo Bennato, un testo duro ed emozionale, molto attuale, che ci porta al fenomeno della neo-emigrazione del mondo giovanile, ai suoi dubbi e al conflitto senza pace tra l’andare e il restare. Una storia cruda e bellissima di eroina e devastazione fisica è “Trappole” (1981) di e con Eugenio Finardi, scritta insieme a Valerio Negrini. Segue “Sole Spento” (2001) di Omar Pedrini. La quarta traccia è “Molecolare”, l’unico inedito dell’album preso in prestito da uno dei più interessanti autori della scena italiana, Davide Di Maggio (tra le altre cose ben noto per Cleptomania). “Io Ti Cercherò” (1980) insieme a Ron segna un momento di grande emozione per tutti. La sesta canzone scelta è “Fortuna che non era niente” (2000) di Alex Britti, un pezzo in cui emerge da un lato la chitarra in primo piano di Alex e la sua voce che domina la prima strofa, dall’altro La Differenza che non stravolge l’arrangiamento base ma ne offre punti di vista differenti. “Non farò mai quello che vuoi” (1979) degli Skiantos è la settima traccia, mentre alla numero otto troviamo “Se mi vuoi”, un pezzo arrangiato dal leggendario maestro Ormi e con il testo della splendida Carla Vistarini, Tony Cicco alias Cico. A seguire “Oh Oh Oh” di Faust’o, al secolo Fausto Armando Rossi. In questo brano il gruppo si è lasciata trascinare dalla bellezza e dall’estraniamento consapevole del protagonista della sua canzone e ne ha fatto una versione quasi dance, fatta di elettronica aggressiva e di giochi di sostituzione armonica, chiedendo allo straordinario Alberto Fortis di stare al gioco. Gli ultimi due brani del progetto discografico sono “È Tardi (ormai)” e “Le Louvre”, mega hit dance degli inizi degli ottanta portata al successo da Diana Est. La canzone scritta per la parte testuale da Enrico Ruggeri era un inno modernista, con citazioni che andavano dal dada zurighese all’eleganza passée di musei dalle penombre molto affini all’epoca in cui uscì il disco.
“Il tempo non (d) esiste” è il titolo del vostro nuovo album in cui reinterpretate cover di grandi cantautori secondo il vostro stile. Un affascinante viaggio musicale tra il genere pop, il rock, l’elettronica, il dark, il blues, il reggae. La scelta dei brani è avvenuta in collaborazione con gli autori?
«No, abbiamo scelto i brani in completa autonomia, sono arrivate prima le canzoni, quelle che ci piacevano, quelle dove ci rivedevamo, quelle che sentivamo addosso, solo in un secondo momento abbiamo contattato gli autori originali dei brani. Unica eccezione “Trappole” con Eugenio Finardi. Eugenio ci ha visto sul palco del 1 maggio di Bologna dove lui era direttore artistico, sapeva che stavamo realizzando questo album e ci ha detto che “Trappole” sarebbe stata perfetta».
Quanto vi ha entusiasmato artisticamente questo confronto tra musicisti?
«Abbiamo dovuto lavorare tantissimo, sono stati necessari due anni per completare l’opera, abbiamo dovuto alzare l’asticella, confrontarci con grandi professionisti, scalare la montagna ma arrivati lassù il panorama è stato bellissimo e la fatica è svanita all’improvviso, come se niente fosse. Questo album è un progetto che ci ha coinvolto e assorbito in modo totale. Ne siamo fieri».
Molecolare è l’unico inedito del disco, il cui testo narra di un rapporto complicato e sofferto tra un uomo e una donna. Il pezzo è reso ancora più intenso dalle sfumature elettroniche. E’ l’inizio di un nuovo cammino musicale per la band?
«È di sicuro il collegamento tra il passato ed il futuro del suono e della capacità compositiva della band. Avevamo voglia e bisogno di inserire un brano in edito all’interno di un disco come questo. Siamo sempre stati una band prevalentemente proiettata verso la scritta di brani in editi e pertanto era necessario inserirne uno anche all’interno de “il tempo non (D) desiste”. In questo caso “Molecolare” nasce dalla collaborazione tra Fabio Falcone e Davide Di Maggio, una delle più importanti penne della musica emergente italiana».
“Tira a campare” di Edoardo Bennato apre il disco. Il brano, attualissimo, affronta il problema della disoccupazione ed esprime il desiderio di restare nella propria terra. Il legame con le proprie radici accomuna tutti coloro che vivono di arte?
«In realtà chi come noi vive di musica non ha una dimora ben fissa. Siamo nomadi in cerca di emozioni, giriamo in lungo e in largo con un furgone e in cerca di ispirazione ma quando poi torni alla tua terra d’origine ti rendi conto che c’è qualcosa di forte che ti attrae, qualcosa che inspiegabilmente ti lega ai tuoi tempi migliori, alla tua infanzia, alla tua adolescenza, alla tua famiglia, agli affetti veri. E forse anche questo è arte».
La differenza si è classificata al secondo posto a Sanremo Giovani nel 2005. Cosa ricordate di quell’esperienza?
«È stata una piacevolissima esperienza, eravamo all’inizio della nostra carriera, dei ragazzi in cerca di fortuna nel mondo della musica in Italia. Poi la musica è cambiata tanto negli ultimi 10 anni e noi abbiamo continuato a produrre la nostra infischiandocene del mondo che ci cambiava intorno. Oggi siamo contenti delle nostre scelte perché ci rendiamo conto che tutto passa, le mode sono veloci e passeggere e quel che resta alla fine è solo la musica, l’arte, la bellezza. Ci siamo sempre concentrati per realizzare dischi dignitosi sai, di cui andare fieri anche dopo il passaggio delle mode del momento. Questo siamo noi».
Avete mai pensato di partecipare nella categoria campioni?
«Sarebbe bello e ci divertirebbe un sacco ma Sanremo è un’arma a doppio taglio e se decideremo di tornarci sarà con qualcosa di davvero forte, unico, per fare la differenza».
Durante i tour vi siete esibiti non solo in Italia ma anche all’estero. Questi viaggi quanto hanno influito nel vostro modo di fare musica?
«Il viaggio è tutto nella vita, chi non viaggia vive a metà. Le emozioni che un viaggio ti regala sono paragonabili a quelle di un concerto. Se dovessimo stilare la nostra personale classifica emozionale della vita, al primo posto ci sarebbe l’amore, al secondo viaggiare e al terzo un bel concerto. Siamo quindi fortunati quando facciamo musica, perché riusciamo ad unire tutte e tre queste cose».