È un percorso intenso che si inoltra in un ginepraio di sentimenti, sofferenze personali, ed esperienze di vita, Sei chi non sei, il nuovo album della cantautrice torinese Vea (nome d’arte di Valeria Angelotti), il cui titolo trae ispirazione dal celebre dilemma dell’Amleto “Essere o non essere?”. Anticipato dai singoli “Le quattro mura di turno” ed “Esplosa”, il disco pubblicato dall’etichetta Metatron, contiene nove brani trascinanti, dal sapore rock, che Vea ha scritto ed arrangiato insieme al giovane producer Lillo Dadone. L’album Sei chi non sei rappresenta la prima tappa dell’avventura artistica di Vea, che ha già ricevuto il primo riconoscimento, classificandosi lo scorso anno, al secondo posto nella categoria “Testo Canzone” del premio InediTO – colline di Torino, per il testo del brano Sei chi non sei.
Il tuo nuovo album intitolato “Sei chi non sei” racchiude dei viaggi introspettivi che ti hanno accompagnata alla scoperta di te stessa. Cosa hai provato nel trasporre le tue emozioni in canzoni?
«Molto semplicemente, mi sento fortunata. Avere la possibilità di scrivere di un’emozione, di una situazione, di un trauma è uno strumento di cura molto profondo. Non lo so se sia realmente capace di scrivere canzoni, ma so per certo che ogni parola, ogni suono è esattamente come doveva essere: quando realizzo una canzone, avverto un moto emotivo che in me diventa una calma carica di significato e che allo stesso tempo può accenderne una scintilla in chi ascolta le canzoni. Per questo sono molto grata alla musica».
Il brano che dà il titolo al disco Sei chi non sei è una riflessione sull’esistenza. Spesso si è quasi costretti a vivere indossando maschere, recitando una vita diversa da quella che vorremmo vivere. È un brano nato d’istinto?
«Si, l’ho scritta in poco tempo infatti! Anche se poi dal punto di vista della struttura ci ho messo molto tempo a capire come doveva essere realizzata. Ci ho messo anche molto tempo a capire che in realtà questa canzone stava smascherando me stessa, più che la persona a cui mi sono rivolta cogliendo l’ispirazione. Non è facile fare i conti con uno specchio che ci mostra una verità diversa da quella che ci si racconta…».
Nel 2020 ti sei classificata al secondo posto nella categoria “Testo canzone” del Premio InediTO- Colline di Torino, premiata da Teresa De Sio, per il testo di Sei chi non sei. È il primo traguardo importante per il tuo percorso come cantautrice.
«Ogni traguardo è importante, ma vincere un premio letterario per il testo di una canzone è sicuramente una grande soddisfazione e un ottimo incentivo ad andare avanti. Non a caso ho chiamato il disco come la canzone vincitrice».
L’esatta combinazione è il brano che svela il tuo forte legame con la Basilicata. Torino è una città che infonde nostalgia delle proprie origini?
«Sono nata e cresciuta ( e anche già morta – vedi video della canzone -) a Torino, ma è come se un senso di nostalgia mi fosse stato trasmesso geneticamente. A undici anni ho conosciuto per la prima volta i paesi dei miei genitori (entrambi lucani) e da quel momento in poi ho sviluppato un forte senso di appartenenza e non-appartenenza, difficile da spiegare…ma, come esplicita il titolo della canzone, più che pensare di essere o non essere torinese/lucana, ho compreso e accettato di essere un mix esatto delle due parti».
Il cielo di Cola Pesce nasce lasciandoti ispirare da Cola Pesce, una figura leggendaria nascosta nei fondali del Mar Mediterraneo, che oggi diventa spettatore di storie drammatiche e vite spezzate. È un brano davvero intenso!
«Anche in questo caso, il mito è venuto in aiuto ad una povera donna senza gli strumenti adatti a raccontare una vicenda umana così drammatica. Ho cercato di immergermi in quelle acque e in quei panni, per trovare la delicatezza e la profondità necessarie a descrivere qualcosa di estremamente violento e triste. La vicenda dondola tra la calma e la tempesta, tra il mito e la realtà sia nei suoni, che nelle frasi. Non so in quanti possano aver capito il suo messaggio ascoltandola da disco…ma il bello è anche questo, lanciare qualcosa che interroghi per poi addentrarsi in una scoperta».
Il brano Esplosa incoraggia le donne vittime di sofferenze a ricomporre i propri pezzi e rinascere. Da quale storia hai tratto ispirazione?
«Dalla confidenza di un’amica, anche se poi il contesto personale si è immediatamente sciolto, cercando di mettere al centro della narrazione la persona che subisce violenza. Una volta, dopo aver concepito Esplosa, ho ascoltato un monologo recitato da un’avvocatessa che invitava a non utilizzare la parola “vittima”, perché si toglie alle persone il loro ruolo attivo nella possibilità di sottrarsi alla violenza in qualsiasi modo e in qualsiasi momento. È proprio questo il senso della canzone per me!».
Nel 2018 hai autoprodotto un Ep intitolato “Posto fisso” dopo esserti licenziata. È stata una decisione scaturita dall’esigenza di intraprendere finalmente il tragitto che volevi?
«Ho capito che la mia vita doveva andare in un’altra direzione rispetto a quella che avevo intrapreso. Non so se la musica sarà la mia strada, non si capisce ancora. Ma so che ho davvero iniziato a scrivere canzoni adesso, con questo nuovo disco, e non smetterò molto facilmente. Confesso, però, di essere ancora chi non sono e quindi credo che a breve farò un altro salto nel buio per riaccendere la luce».