Duecentoventiquattro motivi per leggere “La bambina senza il sorriso” di Antonio Menna (Marsilio Farfalle), tanti quanto le pagine che compongono il libro del giornalista napoletano. Un viaggio nella città di Napoli così accurato da rendere le strade, i personaggi, perfino gli odori tipici di Partenope così reali da sembrare di camminare in città e scoprirne un aspetto in ogni angolo.
Un giallo pieno di suspense e ironia che si apre al lettore che presto si trova stordito da un insieme di personaggi, così ben tratteggiati, da evocare un dipinto di Raffaello: tutti sono perfetti nelle loro caratterizzazioni che, appieno può capire solo un napoletano, ma che risultano attraenti e vincenti per tutti. Don Nicola, Amalia, Maria Francesca, Federica, Carmine, Marinella e poi i protagonisti Tony Perduto (mai nome fu così giusto) e Chiaretta. Che poesia nel pensare ad una bambina di nove anni che sorride ma senza che gli altri possano vedere il suo sorriso, per una malattia, o per chi sa bene cosa; è lei il motore della storia, la giovanissima bimba che in un giorno qualsiasi, in un vicolo napoletano chiede aiuto al giornalista precario, Tony Perduto, perché il padre, durante una passeggiata con lei, si è perso.
Un incipit intrigante, ambientato in vicolo di Napoli, dove tutto è dinamismo e colore, dove ogni personaggio fa la sua comparsa sulla scena come in una commedia di Eduardo.
Menna trova spazio per parlare del precariato del giornalismo , della corruzione che si nasconde tra le famiglie della ˈNapoli beneˈ, del carico di storia e di storie che conserva Bagnoli con la sua Italsider, e lo fa come sa fare lui, abile narratore di cronache cittadine, arricchendo il racconto di informazioni utili per la fruizione del libro che diventa uno scrigno importante anche per questo.
Facilmente potrebbe diventare una sceneggiatura di un film per la sua struttura e per i suoi punti forti: i personaggi, le storie, le ambientazioni.
Certo esiste una storia principale ma ad essa fanno da corona tutta una serie di piccoli microcosmi che si fondono tra di loro e restituiscono al lettore un macrocosmo ricco, variegato e dinamico. Del resto, così è Napoli nelle cui viscere scorre il mitico fiume Sebeto. Un luogo dove, al di sotto delle vite ufficiali, nelle ombre, nelle pieghe più nascoste, esiste la verità che, come il sorriso della bambina, in fondo c’è. Anche se la vede solo chi sa guarda.
Un libro da leggere e rileggere ed anche se nelle letture successive si perde il mistero resta la capacità dell’autore di fare viaggiare il lettore tra le mille pieghe di una delle città più stupefacente che esiste al mondo.
Speriamo solo che qualche regista o produttore si innamori di questo piccolo gioiellino per farne una riduzione cinematografica e regalargli un’ulteriore pelle.