Sguardo indispettito, ghigno ipnotico e nobile, Leo Sanfelice si presenta sotto forma di un essere fuori dal tempo e dal mondo. Inverosimile personaggio della scena artistica, vive nel suo mondo e mostra di starci a meraviglia. Leo Sanfelice ha da sempre portato avanti il sogno di fondere musica e comicità nella insolita soluzione del «piano-cabaret». Ancora giovanissimo, parte per Roma alla ricerca del successo, tuttavia la capitale non è ancora pronta per questo genere di performance, cosicché armato di grinta e coraggio comincia il suo variopinto tour europeo che durerà più di vent’anni. Leo Sanfelice è dotato di un estro imprevedibile ed esplosivo. Complimenti maestro!
A proposito della sua infanzia?
«Mi chiamo Leopoldo Paolo Carmelo Libero Francesco Ferdinando. Da bambino piangevo a scuola perché non mi facevano fare la fata, né la principessa. Mia madre mi prendeva in giro, pur essendo molto moderna, mentre mio padre no. Mia madre diceva: “siamo duchi o marchesi, principi no, ma tu non devi fare la principessa, semmai il principe ed io urlavo un secco no!” Riuscivo a fare casini in tutte le recite, infatti poi mi hanno cacciato.»
Oggi, sembra che se non sei al passo coi tempi, con la tecnologia, sei costretto a restare fuori dal mondo. Che idea ha lei a tal proposito?
«Queste sono delle stupidaggini. Fuori dalla tecnologia ne siamo tanti, io ad esempio non so guidare la macchina, ma non è colpa mia, mi hanno bocciato all’ esame. È un po’ quando hai un esame all’ università e trovi il professore più cattivo della facoltà. Secondo mia madre questo era un segno della Madonna, infatti mi disse: “Tu non devi guidare l’ automobile perché un giorno avrai l’autista”.»
È vero che hai iniziato col Café Chantant?
«Ecco, finalmente ho l’occasione di poter dire che non mi sono formato col Café Chantant, ma ho avuto la fortuna di suonare a soli 22 anni nel locale più importante del mondo, a Montecarlo, lo Sporting Club, dove quasi ogni venerdì sera venivanoil principe Ranieri, i principi di Monaco e i presidenti del club. Avevo la fissazione di fare un repertorio da Café Chantant anni 30’, ma solo per essere provocatorio infatti, in Italia, non lavoravo mai, perché nel nostro paese sono sempre stati retrogradi.»
Come musicista è stato scoperto e lanciato da Renzo Arbore all’interno degli show della sua Swing Maniacs, sia in teatro che in spettacoli televisivi. In che modo siete entrati in contatto?
«In realtà Renzo Arbore già mi conosceva da quando suonavo in un altro prestigiosissimo albergo, in Costa Smeralda, dove incontrai nuovamente le Sorelle Bandiera che cantarono poi una mia canzone, Picchiami senza farmi male.
Con Arbore non ci siamo più visti siccome io come al solito emigravo tra Londra e Portofino, oppure Costa Smeralda. Un giorno mi cacciarono da un albergo a Londra, perché cambiarono la direzione, e fu allora che mi recai da Padre Pio a chiedergli un miglioramento di salute e per avere più fede.
Torno a Roma e mi chiama Renzo Arbore e io dico tra me e me: “Padre Pio, ti ho chiamato non per Renzo Arbore ma per la salute”. Entrai a far parte di un orchestrina che faceva jazz anni 20’, e suonavo tutte le domeniche a casa sua, finché un musicista, oggi architetto, Carlo Ficini, mi suggerì di cantare le mie canzoni.
Arbore, meravigliato, anche se un po’ con rabbia da parte mia siccome, lui sapeva dell’ altra mia canzone, Picchiami, scritta 30 anni prima. Così mi fece suonare da star, da vero e proprio cantante ad una serata di Canale 5 a Piazza di Spagna per Donna sotto le stelle. Cantai Voglio fare la modella. Nonostante ciò, capii che se non hai un impresario, non vai avanti, soprattutto in tv.»
Oltre alla musica, lei ha fatto anche teatro.
«Beh, ho scritto tante canzoni. Ho fatto anche teatro, e un giornalista, parlando di me ha detto che sono rimasto un bambino che fa divertire i grandi. È proprio un gran bel complimento!»
Ha partecipato come responsabile del commento musicale alla trasmissione televisiva di Pino Strabioli Cominciamo bene.
«Pino Strabioli mi vide a Meno siamo peggio stiamo, in tv. Io non lo conoscevo. È stata un’ accoppiata vincente ma siccome eravamo bravi, Rai tre ci ha cacciati.»
Cosa ne pensi del mondo dello spettacolo in Italia e soprattutto in una città come Roma?
«Roma è da sempre una città senza cultura, o per lo più confusa. Infatti lo dicono anche degli intellettuali romani che la cultura negli anni 50/60 l’ ha fatta Milano. Ti assicuro che non sto inventando niente. Gli abitanti, sono sempre molto carini, e disponibili. I datori di lavoro sono semplicemente dei cretini. Per fare il pianista comico te ne devi solo andare in America. I dirigenti Rai sono chiusi, piccoli e non sanno nemmeno parlare italiano. Se c’è qualcuno che si salva viene eliminato dagli altri dirigenti. Non c’è protezione da parte dello stato. Io a 25 anni lessi un articolo in cui se non erro, in Svezia, c’era una legge per cui tu dichiaravi di voler fare l’ attore o il musicista, loro ti davano un mensile minimo con cui potevi un po’ tirare a campare, senza rompere le bip, volendo fare l’impiegato statale e anche il pittore o altre forme artistiche.»
Hai idee particolari per il futuro?
«Come ha detto Paolo Poli, il mio futuro è il cimitero. In generale, il futuro in Italia, non esiste se non con i Grillini che vanno ad invadere la Rai e cacciano tutti con la spada. Sto scrivendo un libro da dieci anni, Il pianista viaggiatore incontrava vip e pip a tutte l’ ore.»