Con le canzoni che inondano il web non ci si fa un’idea chiara di chi è Kwabs, artista londinese di 25 anni arrivato alla ribalta con Walk, la hit a metà tra reggae, electro e tanto soul. Last Stand, prodotta con Sohn, è una ballata sintetica gospel, Pray for Love è una struggente richiesta di attenzione, nel testo e nella musica. Insomma, Kwabs non ha davvero paura di osare e durante il tour con la stella nascente Sam Smith lo abbiamo incontrato per conoscerlo meglio.
Sei sorpreso del successo di Walk?
«Stavo ancora facendo l’album quando il singolo è esploso. Ci sto lavorando dal 2012, si chiama Love+War ed esce a maggio, sono sotto una grossa label ma fin quando non metti fuori qualcosa che la gente impara a riconoscere non ti fai un’idea di cosa è il successo. Quando mi è arrivata la notizia che ero numero uno in Germania ho iniziato a capire.»
È questo quello che volevi?
«Ovviamente ogni artista pop vuole che le sue canzoni siano cantate da tante persone, e il ricordo più bello è stato nel primo concerto europeo che ho fatto a Bruxelles quando centinaia di persone hanno acceso i telefonini per accompagnare una mia canzone lenta che non conoscevano. Non dico che la mia vita sta cambiando, ma facendo tour internazionali mi rendo conto di come potrebbe diventare in futuro.»
Sei un artista molto legato alla sperimentazione in studio, come nascono i tuoi pezzi?
«Sto sempre in sala di registrazione, mi piace contaminare le mie influenze soul con il jazz e i suoni più contemporanei. Per questo lavoro con produttori essenzialmente electro. Sono convinto che fare musica che il pubblico non si aspetta è la cosa vincente, anche perché non faccio canzoni per essere cool. Il fatto che alcuni si accorgono che un artista black come me faccia qualcosa di diverso dall’hip hop mi inorgoglisce. Bisogna pensare alternativo, a uscire dagli schemi. La mia ambizione è di fare canzoni senza tempo, che restino classiche e memorabili.»
E di ambizioni più glamour ne hai?
«Certo, mi piacerebbe suonare ai Grammy o agli Oscar, fatemi sognare…significherebbe che ci vado da invitato perché mi premiano, no? Oppure di duettare con qualunque artista di cui rispetto le scelte musicali. Il fatto che esca musica che ci colpisce emotivamente è già una cosa bellissima.»
Come ti senti a far da spalla a Sam Smith?
«Lui è giovane ma è già una superstar nota in tutto il mondo, il suo pubblico però è molto rispettoso. Mi danno la possibilità di farmi conoscere ed è un bene. E poi lui mi incita, è stato sempre incoraggiante sentirlo farmi i complimenti dietro le quinte.»
Hai già suonato davanti ai reali a Londra, ci dici come è andata?
«Facevo parte di un documentario inglese sui nuovi musicisti e il plot prevedeva poi un’esibizione finale. Che si è rivelata una sorpresa enorme, con noi emergenti che cantavano a Buckingham Palace. Ho incontrato il principe Herry, che è molto alto, tra l’altro. È stata un’esperienza appassionante.»
Chi sono i tuoi eroi musicali?
«Ti dispiace se ti dico che non ne ho? Voglio dire, quando cresci è bellissimo averli, ma ora che faccio musica non mi ispiro a un artista in particolare, prendo quello che mi piace che ho ascoltato. Che ne so, Aretha Franklin, Stevie Wonder, il jazz, il soul, la guitar music che mi piaceva da teen, come gli Strokes e gli Scientists.»
Che ne pensi dei social media?
«Sono la ragione per cui sto parlando ora con te, qui in Italia, e sto girando il mondo. Mi sono espresso attraverso il web fin quando col passaparola non mi hanno notato. Arrivo anche da un posto come Londra in cui ci sono tante energie creative di persone diverse che fanno le cose migliori nei loro campi. Quindi sono il prodotto di un paesaggio creativo che poi è stato scoperto sul web.»
Come sono i tuoi stati d’animo oggi? La tua musica non sembra sempre “up”.
«Non sono pronto a cantare del sole e dei fiori, mi interessa più trasmettere della profondità con le canzoni. Walk è una canzone che intende dire: vai avanti, spingi l’obiettivo in avanti. E mi ricordo una canzone di Whitney Houston che diceva: It’s not right, but it’s ok, che è fondamentale per questo mio momento. La vita non è perfetta, ma è una cosa umana e bisogna viverla e andare avanti senza fissarsi con le piccole cose.»