La catena dei Masterchef e le sue declinazioni è proprio una questione di famiglia. Ora su Sky Uno HD parte Junior Masterchef Italia (ogni giovedì per 5 settimane due puntate dalle 21,10) che promette di unire due generazioni di talenti ai fornelli.
La versione junior è andata in onda per la prima volta sulla BBC 1 negli anni 90. Garanzia di qualità? A giudicare da quello che è stato diffuso alla stampa, il programma è molto ben fatto, con ritmo tipico dei talent da cucina (o cooking show) e i paragoni tra grandi e piccoli sono soppiantati dalle molte trovate divertenti che proprio i junior mettono a segno, il più delle volte inconsapevolmente.
È anche una questione di famiglia perché Alessandro Borghese (già forte della sua simpatia nel classico Masterchef) cita più volte i suoi genitori come ispirazione per le sue prodezze culinarie.
In realtà cita più il padre, napoletano (“il ragù deve pensare” cioè cuocere lento) che la madre, la cecoslovacca Barbara Bouchet. Ma anche Lidia Bastianich, nuova arrivata in Italia, ma premiatissima in Usa dove ha vinto un Emmy awards col suo L’Italia di Lidia) ha una liason famigliare: è madre del temutissimo Joe, quello che lancia i piatti a Masterchef. Bruno Barbieri fa stesso, in versione edulcorata ma promette sempre di essere giudice reale, anche coi piccoli.
Che si sfideranno (ma le puntate sono state già tutte registrate a Milano a settembre, prima che i piccoli iniziassero le scuole) con le Mistery Box, l’Invention Test e il Pressure ove si deve dimostrare velocità e inventiva. Forse un po’ troppo per concorrenti tra i 9 e 13 anni, ma il risultato sorprende per la maestria con cui i piccoli si avvicinano alle prove. Grandi espressioni liberatorie quando si apre il sipario sul capitolo “spesa”: un banco degno della migliore food hall di Harrods, che molti degli spettatori presumibilmente sognano di vedere, non solo di comprare.
Lidia Bastianich dice: «I bambini cucinano a tutte le latitudini, sono nonna e so quanto significa insegnar loro la preparazione e farli appassionare. Ma c’è anche cameratismo nel programma, il che è un bene per me, che mi sono immersa nell’italianità che adoro, attraverso la loro esperienza. E anche per loro, perché la vivono molto serenamente, sanno che è un gioco e fanno squadra assieme. Abbiamo cercato sempre di spiegare, di essere utili, di dare ricette che fanno bene e che significhino qualcosa. i bambini americani sono lontani dalla cultura culinaria italiana. Qui è diverso, non si sta perdendo l’amore per la tradizione».
Bruno Barbieri, che al momento risulta essere l’idolo di piccini appassionati, al pari dei famosi piloti o calciatori, è entusiasta: «Mi sono rivisto molto in loro, quando iniziavo da ragazzino e mi divertivo. Ho visto che sono anche appassionati a tutto tondo, mangiano frutta e verdura, sono di famiglie normali ma sono educati alla buona tavola, magari perché sono portati nei posti giusti o guardano papà e mamma che cucinano la domenica. Però non sono meno duro, se il piatto non c’è non c’è per me. I ragazzi poi non hanno malizia non aspettano le telecamere per fare la battuta ad effetto. Ho imparato molto da loro».
Alessandro Borghese, che continua a lottare contro l’educazione da cibi precotti, dice di essere ancora sorpreso da quello che ha visto: «Sono preparatissimi, conosco ricette a memoria perché dei 3mila richiedenti, abbiamo scelto quelli che davvero avevano una motivazione. Sono cresciuti nel boom gastronomico italiano e ne prendono coscienza. Sanno anche attribuire il cibo alle varie culture, infatti abbiamo concorrenti italiani ma di genitori di altre nazionalità ed è divertente vedere come se la cavano con i piatti etnici. Se i genitori la smettono di aprire il freezer, anche i bambini imparano ad amare quello che vedono in tavola».